In Cina e Asia – Pechino pronta ad aprire le frontiere?

In Notizie Brevi by Redazione

La Cina dovrebbe allentare le restrizioni ai viaggi internazionali e aprire le frontiere solo quando l’85% della popolazione sarà vaccinata. A raccomandarlo è il principale esperto di patologie respiratorie in Cina, Zhong Nanshan, che in un’intervista per il Southern People Weekly ha espresso il suo parere in merito alla corrente situazione pandemica nella Repubblica Popolare. Secondo Zhong, gli 1.4 miliardi di cittadini cinesi saranno al sicuro solo nel momento in cui la maggioranza della popolazione sarà vaccinata e i casi di Coronavirus saranno a livelli minimi nel resto del mondo. In base alle previsioni di Zhong, questo potrebbe avvenire a inizio 2022. Le ultime stime della task force per la lotta al Covid del Consiglio di Stato riportano infatti che 1.1 miliardi di cinesi ha già ricevuto almeno la prima dose di vaccino anti Covid e che per la fine del 2021 oltre l’80% dei cittadini sarà vaccinato.

Zhong ha ammesso che le stringenti misure di contenimento del virus attualmente in vigore nella Repubblica Popolare Cinese non siano sostenibili sul lungo termine, ma ritiene che l’altra condizione imprescindibile per aprire i confini sia una situazione epidemiologica favorevole a livello globale. L’epidemiologo ha poi sottolineato che la strategia cinese è focalizzata sulla prevenzione invece che sulla cura, e sul promuovere uno “stile di vita sano”. Ha dunque elogiato la linea cinese che conta su “tempestivo rilevamento, tempestiva diagnosi e tempestivo trattamento”.

Zhong si è infine espresso sulla scorretta politicizzazione dell’origine del virus da parte degli Stati Uniti, dichiarando che la Cina ha “adottato la strada giusta sin dallo scoppio della pandemia” e che con un tale atteggiamento da parte della comunità internazionale “la cooperazione rimane impossibile”. Nel frattempo le autorità hanno riportato un caso di contagio da Covid nella città di Harbin (Dongbei), e due casi asintomatici ad Ili Kazakh (Xinjiang). [Fonte: SCMP]

La politica commerciale di Biden apre alla Cina, ma ricorda quella di Trump

Lunedì 4 ottobre la rappresentante per il commercio degli Stati Uniti Katherine Tai ha confermato che Washington toglierà alcuni dazi imposti alla Cina durante l’amministrazione Trump. La promessa sembra quella di un graduale ritorno alla normalità, anche se per ora vince la prudenza. “Prima di ogni cosa dobbiamo difendere i nostri interessi economici”, ha dichiarato Tai. “Questo significa prendere innanzitutto le misure necessarie per proteggerci da anni di concorrenza sleale“.

In senso pratico le prossime iniziative in campo commerciale non sembrano molto diverse da quelle avviate dal predecessore del presidente Usa Joe Biden, soprattutto dopo che Tai ha confermato che, nonostante la volontà di cooperare, alcuni settori strategici continueranno a essere off-limits per le compagnie cinesi. Tra le tante motivazioni c’è la volontà di riportare alcuni processi produttivi negli States, una scelta coerente con le promesse elettorali di Biden per offrire opportunità lavorative agli americani. E, infine, “la Cina potrebbe non cambiare mai”, come afferma un alto funzionario dell’amministrazione Biden. “Dobbiamo quindi pensare a una strategia per affrontarla così com’è, anziché come vorremmo che fosse.” Parole che cambiano radicalmente la prospettiva di Washington nei confronti della Repubblica Popolare, che a 20 anni dal suo ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc) oggi sembra aver annullato qualsiasi aspettativa di apertura sui mercati internazionali. [Fonti: Reuters]

Incursione record a Taiwan, ministro chiede sostegno all’Australia

Non si ferma l’ondata record di incursioni di Pechino nello spazio aereo taiwanese. Ammonta a 145 il conto totale degli aerei militari cinesi che hanno attraversato la zona di identificazione di difesa aerea (ADIZ) a partire dallo scorso venerdì 1 ottobre. L’ultimo ingresso illecito risale a lunedì 4 ottobre, quando 52 aerei dell’Esercito Popolare di Liberazione (Pla) hanno attraversato, senza rispettare alcuna procedura, la ADIZ sudorientale dell’isola, importante punto strategico per accedere alla parte orientale del Paese. Il ministro degli Esteri taiwanese Joseph Wu ha parlato di possibile guerra con la Cina, invitando il governo australiano a intensificare la cooperazione tra organismi di intelligence. “La difesa di Taiwan è nelle nostre mani e siamo assolutamente determinati nel portarla avanti. Sono sicuro che se la Cina lancerà un attacco contro Taiwan, anche loro soffriranno tremendamente”, ha detto durante il programma tv australiano ‘China Tonight’.

Nel frattempo, Stati Uniti e Cina potrebbero presto tornare a parlare di sicurezza. Secondo fonti citate dal South China Morning Post, il diplomatico cinese Yang Jiechi sarebbe pronto a incontrare il consigliere per la Sicurezza Usa Jake Sullivan. Il tutto avviene in un clima di tensioni diplomatiche e tentativi di conciliazione, ben segnalati dall’ultima telefonata tra il presidente cinese Xi Jinping e Joe Biden, oltre che dal neonato patto per la sicurezza dell’Indopacifico Aukus. [Fonte: SCMP, SCMP]

Il parlamento di Singapore approva la legge contro le interferenze straniere

Il Parlamento di Singapore ha approvato ieri la Foreign Interference (Countermeasures), o Fica, un controverso disegno di legge per contrastare le interferenze straniere. Passata alla terza lettura, con 75 deputati a favore, 11 contro – tutti appartenenti all’opposizione – e 2 astenuti, su un totale di 104 parlamentari, la legge verrà promulgata dopo l’approvazione da parte della presidente Halimah Yacob.

Durante un dibattito di quasi undici ore che ha occupato la seconda lettura, il ministro degli Affari Interni e della Giustizia K. Shanmugam ha evitato di menzionare direttamente le nazioni che possono generare potenziali minacce, ma ha ricordato quanto successo nel 2017, con l’espulsione dell’accademico sino-americano Huang Jing, accusato di “interferenza straniera”. Il ministro ha invece citato apertamente lo storico e attivista Thum Ping Tjin, che nei giorni scorsi aveva denunciato la proposta di legge per essere un celato “colpo di stato” da parte delle autorità, che potrebbe permettere al ministro stesso di abusarne “per benefici politici e personali”. Altre critiche sono giunte dal leader dell’opposizione Pritam Singh, a capo del Partito dei Lavoratori, che durante il dibattito ha commentato come “sconcertante” la mancanza di consultazioni pubbliche sulla legislazione.

Il disegno di legge fornirà al governo “una serie di strumenti utili”, ha precisato Shanmugam, malgrado non offra “una completa difesa contro le interferenze straniere”. Le implicazioni della Fica sono considerevoli: il governo potrà forzare le società di social media a rimuovere le applicazioni dagli app store e divulgare le informazioni degli utenti. Verrà reso pubblico lo status di individuo “sospetto”, il quale sarà obbligato a rendere esplicito qualsiasi legame con entità straniere. Nell’eventualità di contestare le misure imposte, i soggetti potranno appellarsi solo a meccanismi che non rientrano nelle competenze della magistratura. [Fonte: SCMP]

Guerra alla droga: un’indagine del governo filippino potrebbe incriminare 154 agenti di polizia

Sono 154 gli agenti di polizia che potrebbero essere penalmente responsabili per la loro condotta nella sanguinosa guerra alla droga del presidente Rodrigo Duterte. Lo ha comunicato domenica il segretario alla Giustizia Menardo Guevarra, a seguito di una prima indagine governativa che ha preso in esame 52 casi di omicidi durante le cosiddette “operazioni antinarcotici”. Si tratta di una rara ammissione da parte delle autorità, che giunge poche settimane dopo che la Corte penale internazionale (CPI) ha avviato una inchiesta sulle migliaia di esecuzioni extragiudiziali di consumatori e spacciatori commesse dalla polizia sin dal 2016. Sono 6.200 quelle dichiarate dal governo filippino, ma le organizzazioni di diritti umani denunciano da anni insabbiamenti sistematici, e un numero di morti che potrebbe corrispondere al triplo di quello ufficiale.

Il governo, che ha negato da sempre negato di aver commesso atti illeciti, si è rifiutato di cooperare con il CPI, da cui le Filippine si sono ritirare nel 2019. Ma, spiegano le autorità, la recente indagine rientra nell’impegno del presidente delle Filippine davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Prossimamente verrà esaminato un altro centinaio di casi di uccisioni e si provvederà a prendere misure concrete contro gli agenti ritenuti responsabili. [Fonte: Reuters]

 

Il Laos verso la valuta digitale

La Banca centrale della Repubblica Democratica del Laos ha firmato un memorandum d’intesa con la giapponese Japan International Cooperation Agency per lo sviluppo di una valuta digitale nazionale. Soramitsu, questo il nome della startup arruolata da Vientiane, inizierà ora uno studio approfondito dell’ecosistema finanziario laotiano con l’obbiettivo di strutturare una proposta di e-Kip. La richiesta nasce anche con l’esigenza di controllare meglio gli spostamenti di capitale nel Paese, mentre la Cina già propone progetti di collaborazione transnazionali in vista del lancio del suo e-Yuan nel 2022.

Il Laos non è l’unica nazione asiatica a trarre ispirazione dall’iniziativa cinese. I governi dell’area non solo sono preoccupati dal ripetersi di crisi finanziarie che ne hanno destabilizzato i mercati mercati emergenti. La dirigenza inizia a perdere fiducia nei confronti della volatilità del dollaro, oggi alla base della stragrande maggioranza delle operazioni internazionali. Secondo alcuni analisti questa sarebbe quindi una naturale inclinazione verso la stabilità della valuta cinese. Ma non tutti propendono per la stessa ipotesi: con l’aumento dei controlli sui capitali in fuga dalla Repubblica Popolare, anche le nazioni del Sudest asiatico sono interessate a tutelare i propri interessi per evitare l’eccessivo afflusso di valuta straniera. Il Laos di recente è finito in primo piano tra i paesi che, come racconta un report pubblicato da AidData, avrebbe contratto un debito ben maggiore di quanto calcolato per i progetti della Belt and Road Initiative. [Fonte: Nikkei]

A cura di Vittoria Mazzieri, Lucrezia Goldin e Sabrina Moles