In Cina e Asia – Obama non chiederà scusa per Hiroshima

In by Simone

I titoli della rassegna di oggi:

– Obama non chiederà scusa per Hiroshima
– Gli Stati Uniti sollevano l’embargo di armi col Vietnam
– È fuga di accademici dalla Cina
– Dopo il Pm 2,5, ora a Pechino è allarme ozono nell’aria
– India e Iran firmano accordo «storico» per lo sviluppo del porto di ChabaharObama non chiederà scusa per Hiroshima

In vista della storica visita del presidente statunitense Barack Obama ad Hiroshima, prevista per la giornata di venerdì, lo stesso Obama ha dichiarato all’emittente televisiva giapponese Nhk di non essere intenzionato a chiedere scusa per il passato.

Nella trascrizione dell’intervista si legge: «Credo sia importante riconoscere che nel bel mezzo della guerra i leader prendono ogni tipo di decisione. È compito degli storici porre domande ed esaminarle, ma so, avendo occupato questa posizione per gli ultimi sette anni e mezzo, che ogni leader ha il compito di prendere decisioni molto difficili, specie in periodo di guerra».

Gli Stati Uniti sollevano l’embargo di armi col Vietnam

La decisione, ampiamente anticipata dalle indiscrezioni diplomatiche, è arrivata ufficialmente nella giornata di lunedì, annunciata dal presidente Barack Obama nel corso di una conferenza stampa congiunta in Vietnam col presidente Tran Dai Quang.

«Questo cambiamento – ha dichiarato Obama – aprirà al Vietnam l’accesso agli armamenti di cui necessità per difendersi e rimuove una traccia persistente della Guerra fredda». La novità viene interpretata dagli analisti all’interno della politica statunitense di contenimento cinese nell’area, anche se Obama ha chiarito che la caduta dell’embargo «non ha a che fare con la Cina, ma è parte del processo di normalizzazione dei rapporti con il Vietnam».

È fuga di accademici dalla Cina

La stretta alla libertà d’espressione e accademica impressa negli ultimi anni dal presidente Xi Jinping sta portando un numero crescente di accademici cinesi all’espatrio, in cerca di ambienti universitari più liberi. Intervistato dal Guardian, Jerry Cohen – sinologo americano che in passato ha aiutato molti accademici cinesi ad emigrare in seguito alle proteste di piazza Tiananmen – ha spiegato: «Fino ad un anno fa gli atenei cinesi erano delle isole di relativa libertà, ma ora credo si stia facendo più attenzione a cosa si insegna, a che materiali si utilizzano, a cosa si può scrivere e cosa si può pubblicare, chi puoi contattare, da chi puoi ricevere supporto per la ricerca. Credo che molti accademici siano disillusi e vogliano scappare dalla stretta di Xi Jinping».

Nel febbraio del 2015 un discorso del presidente Xi aveva mostrato l’esacerbarsi della situazione, con lo stesso presidente a scagliarsi contro i «valori occidentali» che dovevano essere «lasciati fuori» dalle università cinesi.

Dopo il Pm 2,5, ora a Pechino è allarme ozono nell’aria

L’inquinamento atmosferico della capitale cinese negli ultimi giorni ha visto il sorpasso in termini di nocività dell’ozono nei confronti del Pm 2,5, le microparticelle inquinanti presenti in dose massicce nell’aria di Pechino. Il China Daily spiega che nonostante le giornate limpide e di sole – che lasciano intendere un livello più contenuto di Pm 2,5 nell’aria – l’aumento delle temperature coincide con l’aumento dell’ozono nell’aria, con effetti deleteri diretti al sistema respiratorio. Per questo, consigliano gli esperti, è meglio evitare l’esposizione all’aria aperta nelle ore più calde per evitare di respirare il gas dal quale, a differenza del Pm 2,5, non ci si può proteggere con le mascherine.

India e Iran firmano accordo «storico» per lo sviluppo del porto di Chabahar

Durante la visita del primo ministro indiano Narendra Modi a Teheran, India e Iran hanno firmato un accordo «storico» che impegna New Delhi nello sviluppo del complesso portuale di Chabahar, nella parte meridionale dell’Iran e a pochi chilometri dal confine pakistano. È previsto un investimento di 500 milioni di dollari, in una mossa che dovrebbe assicurare all’India uno sbocco dei propri prodotti in Afghanistan e nell’Asia centrale evitando il transito attraverso il Pakistan.

Il porto di Chabhar viene considerato come la risposta indiana allo sviluppo cinese del porto pakistan di Gwadar, in linea con lo scontro commerciale tra i due giganti d’Asia nell’Oceano indiano.