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In Cina e Asia – NYT: “Trump vuole firmare un nuovo accordo con Xi”

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • NYT: “Trump vuole firmare un nuovo accordo con Xi”
  • Il Dipartimento di Stato cambia linguaggio sulla Cina
  • La Cina detiene il livello più basso di titoli di stato americani dal 2009
  • Pechino lancia piano d’azione per gli investimenti stranieri
  • Cina, città e province puntano a una crescita del 5%
  • Cina, presentata bozza di legge per vietare alle imprese private l’estrazione di terre rare
  • Cina, dopo i dazi americani le società di e-commerce puntano ai mercati europei
  • Australia, due navi da guerra cinesi arrivate a 150 miglia nautiche da Sydney
  • Corea del Sud: cominciato il processo penale di Yoon
  • La Corea del Sud concederà la cittadinanza ai soldati nordcoreani in Ucraina
Donald Trump ha espresso interesse a siglare un nuovo accordo con la Cina, questa volta non solo commerciale, bensì comprensivo di richieste di investimenti e disposizioni sulla sicurezza delle armi nucleari. Lo riporta il New York Times, citando diversi funzionari americani. Secondo le fonti, sebbene l’esito positivo non sia scontato, Pechino potrebbe accettare di investire negli Stati Uniti per creare posti di lavoro nel settore della transizione energetica. “Le aziende cinesi sono disposte a discutere di acquisire quote di minoranza in joint venture o di concedere in licenza la loro tecnologia a partner americani”, ha dichiarato al quotidiano un ex diplomatico cinese. La proposta potrebbe anche includere un acquisto consistente di prodotti americani, nonché la disponibilità a cooperare per il mantenimento della pace con la Corea del Nord e la ricostruzione dell’Ucraina. I negoziati potrebbero riguardare anche il ruolo del dollaro, come principale valuta globale. Interrogato sulla fattibilità di un nuovo “deal”, Trump ha risposto che “è possibile, è possibile”. “C’è un po’ di competitività, ma il rapporto che ho con il presidente Xi è, direi, ottimo”, ha aggiunto.

Intanto, gli Stati Uniti sarebbero pronti a ridurre le dimensioni della loro missione diplomatica in Cina fino al 10%. Lo riporta in esclusiva il South China Morning Post, citando persone a conoscenza della situazione. I diplomatici americani che lavorano nella Cina continentale e a Hong Kong, così come i dipendenti locali, potrebbero ricevere una disdetta già dal 21 febbraio. I tagli – secondo le fonti- riguardano l’ambasciata a Pechino e i consolati di Guangzhou, Shanghai, Shenyang e Wuhan, così come la sede di Hong Kong. Un ridimensionamenti dell’organico statunitense nel paese che il quotidiano del gruppo Alibaba definisce “senza precedenti”.
Il Dipartimento di Stato cambia linguaggio sulla Cina
Segnalando un cambio di postura, il Dipartimento di Stato americano ha aggiornato la sua scheda informativa sulla Cina, che ora non viene più definita “Repubblica popolare”. Tra i vari cambiamenti più sostanziali va segnalato il passaggio in cui gli Stati Uniti si impegnano ad affrontare le relazioni con la Cina “secondo i principi di reciprocità ed equità”, anziché “da una posizione di forza”, come recitava il fact sheet durante l’amministrazione Biden. Mentre è triplicata la sezione sui rapporti economici bilaterali, dal sito del Dipartimento è scomparso l’impegno a preservare la cultura tibetana, sostenere l’ambiente e promuovere lo stato di diritto. La modifica sulla Cina segue un analogo aggiornamento apportato nei giorni scorsi alla scheda su Taiwan, da cui è stato rimosso il riferimento all’indipendenza dell’isola.
La Cina detiene il livello più basso di titoli di stato americani dal 2009

Nel 2024 il valore del debito sovrano degli Stati Uniti detenuto da investitori cinesi è sceso di 57 miliardi di dollari rispetto al 2023, un calo che porta la Cina a detenere il livello più basso di titoli di stato americani dal 2009 (per un valore di 759 miliardi di dollari). Come riportato dal Financial Times, ciò non significa obbligatoriamente che la Cina stia vendendo i propri asset in dollari. Questo tipo di dati non tiene conto dei titoli di stato americani detenuti dagli investitori cinesi presso conti bancari di altri paesi (come Belgio e Lussemburgo), né degli altri asset statunitensi acquistati in questi anni, considerati più sicuri, come le obbligazioni emesse dalle imprese. Recentemente la Banca centrale cinese ha poi diversificato le proprie riserve di valuta estera puntando molto sull’oro. Secondo gli esperti, il calo registrato nella partecipazione al debito sovrano di Washington riflette sia la volontà cinese di diversificare le riserve estere, sia quella di nascondere la reale entità della propria disponibilità di titoli di stato americani.

Pechino lancia piano d’azione per gli investimenti stranieri

Il Ministero del Commercio cinese e la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Riforma hanno pubblicato un piano d’azione per garantire investimenti esteri stabili nel 2025. “Gli investimenti esteri sono un aspetto chiave per promuovere nuove forze produttive di qualità e far progredire la modernizzazione cinese”, si legge nel testo, secondo il quale, la Cina sosterrà le regioni pilota nell’implementazione efficace di politiche di apertura relative a settori quali telecomunicazioni a valore aggiunto, biotecnologia e ospedali interamente di proprietà straniera. Tra gli altri settori citati figurano anche istruzione e cultura.

Cina, città e province puntano a una crescita del 5%

Secondo un articolo pubblicato a inizio anno su Qiushi, la principale rivista teorica del Pcc, i governi provinciali più ricchi sono stati chiamati a “guidare” la crescita economica cinese nel 2025, in particolare attraverso il “rafforzamento vigoroso dei consumi” interni. Una richiesta che le autorità locali avrebbero recepito “in modo rapido e inequivocabile”, scrive Caixin. Analizzando i rapporti di lavoro dei 31 governi cinesi di livello provinciale, pubblicati come consuetudine a gennaio, tutti tranne la provincia di Qinghai (+4,5%) si pongono un obiettivo di crescita del PIL attorno 5%, sintomo di una volontà comune di stabilizzare e supportare le economie locali nonostante le difficoltà dello scorso anno (nel 2024 la provincia cinese più ricca, il Guangdong, è cresciuta solamente del 3,5%).

Tra le iniziative proposte per aumentare i consumi ci sono vari riferimenti al turismo culturale e al potenziamento dell’economia notturna, mentre tutti sembrano aver risposto alla richiesta di Xi Jinping di occuparsi del benessere quotidiano della popolazione per “promuovere la soddisfazione” delle persone. Più timide le proiezioni sui target di investimenti, non pubblicati da varie province, anche se ci si aspettano comunque importanti spese sul piano infrastrutturale. Contenute invece le previsioni sulla crescita dell’inflazione nel 2025.

Intanto, scrive sempre Caixin, nel 2024 tra le grandi città più in difficoltà del paese è probabile che sia rientrata anche Shenzhen. Nonostante il governo locale non abbia ancora pubblicato il rapporto sulla performance economica del 2024, i dati rilasciati a gennaio (e poi cancellati) dal distretto di Yantian hanno mostrato un calo delle entrate fiscali del distretto pari al 4,8%. Se il dato venisse confermato anche al resto della città, sarebbe la prima contrazione di questo tipo per Shenzhen dal 1990.

Cina, presentata bozza di legge per vietare alle imprese private l’estrazione di terre rare

Mercoledì 19 febbraio il ministero dell’Industria, della Tecnologia e dell’Informazione cinese ha presentato una bozza di legge che prevede, tra le varie disposizioni, di vietare alle aziende private le attività di estrazione delle terre rare. L’estrazione sarebbe permessa solo ai grandi gruppi statali, con l’obiettivo di rafforzare il controllo governativo su uno dei principali settori strategici a livello globale. La Cina estrae circa il 70% di tutte le terre rare nel mondo e domina anche la filiera della trasformazione dei minerali, fondamentali per la produzione di tutte le nuove tecnologie. La proposta di legge sarà aperta ai commenti dell’opinione pubblica fino al 21 marzo.

Cina, dopo i dazi americani le società di e-commerce puntano ai mercati europei

A seguito dei dazi imposti dagli Stati Uniti ai prodotti provenienti dalla Cina, in vigore dal 1° febbraio, le piattaforme cinesi di e-commerce hanno accelerato il proprio processo di espansione al di fuori del continente americano. Come riportato da Caixin, l’alternativa più ovvia al mercato statunitense risiede nei mercati europei, gli unici in cui esistono consumatori con un potere d’acquisto paragonabile a quello dei cittadini americani. Negli ultimi mesi quindi varie società cinesi – come Temu, Shein e Alibaba – hanno rafforzato la propria presenza nel vecchio continente, aprendo centri logistici e magazzini nei paesi membri dell’Unione Europea e non solo. Anche quello dell’Unione è però un mercato difficile per le aziende cinesi. Bruxelles impone standard rigorosi (e più alti di quelli americani) in termini di tassazione, sicurezza dei dati, privacy, certificazioni dei prodotti e normative ambientali, senza contare che ogni paese possiede inoltre delle proprie normative specifiche da rispettare. Preoccupata dall’afflusso di merci extracomunitarie a basso costo, la Commissione Europea starebbe inoltre pensando di tassare le spedizioni dei pacchi più piccoli, penalizzando così piattaforme di e-commerce come quelle cinesi.

Australia, due navi da guerra cinesi arrivate a 150 miglia nautiche da Sydney

Due navi da guerra cinesi, giunte a largo della costa orientale australiana la scorsa settimana, sono arrivate mercoledì a 150 miglia nautiche da Sydney. Non era mai successo che la marina cinese si spingesse così lontano lungo la costa est dell’Australia, che ha mandato alcune imbarcazioni militari a seguire la flotta inviata da Pechino (composta dalla fregata Hengyang, dall’incrociatore Zunyi e da una nave di rifornimento). Secondo vari analisti, contattati dal Financial Times, con queste operazioni di navigazione la Cina starebbe cercando di normalizzare l’allargamento della propria proiezione di potenza oltre la “prima” e la “seconda catena di isole” del Pacifico, termine con cui ci si riferisce ai territori parte della strategia americana di contenimento dell’espansione marittima prima sovietica e ora cinese.

Corea del Sud: cominciato il processo penale di Yoon

Il presidente destituito della Corea del Sud, Yoon Suk Yeol, si è presentato oggi in un tribunale per l’udienza preliminare del processo penale che lo vede imputato per insurrezione. Lo riporta l’agenzia di stampa Yonhap, ricordando che Yoon è stato sospeso dall’incarico dopo aver proclamato lo stato d’emergenza, imposto brevemente la legge marziale e tentato d’impedire la riunione del parlamento il 3 dicembre scorso. L’udienza si è tenuta presso il tribunale distrettuale centrale di Seul, che Yoon ha raggiunto dal centro di detenzione della capitale, scortato da veicoli del ministero della Giustizia. La prossima udienza sul caso penale è prevista per il 24 marzo. Il presidente sta contemporaneamente affrontando un processo per impeachment, condotto dalla Corte costituzionale e che è entrato nella sua fase finale.

La Corea del Sud concederà la cittadinanza ai soldati nordcoreani in Ucraina
Il governo di Seoul ha affermato il 19 febbraio che, secondo la costituzione del paese, i soldati nordcoreani – qualora lo vogliano – hanno diritto alla cittadinanza sudcoreana. La dichiarazione segue un’intervista rilasciata al Chosun Ilbo da un mercenario nordcoreane catturato in Ucraina, che ha affermato di voler chiedere asilo al Sud. L’uomo ha descritto la brutalità della guerra e confermato che molti commilitoni preferiscono il suicidio al disonore della cattura.