In Cina e Asia — La guerra all’inquinamento di Pechino continua

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La nostra rassegna quotidiana


La guerra all’inquinamento di Pechino continua

Pechino vuole accelerare sul piano per ridurre l’inquinamento nel Nord e Nordest del paese. Entro il 2021, la dirigenza del Partito comunista cinese vuole convertire vecchi impianti di riscaldamento a carbone inefficienti e inquinanti in impianti a energia pulita che utilizzino, in particolare, gas naturale e energia elettrica. Questo nonostante il recente fallimento di una prima implementazione del piano che ha lasciato centinaia di famiglie al freddo in alcune zone e ha costretto famiglie e imprese ad affrontare rincari inaspettati in bolletta. La direzione sembra però ormai segnata: esiste un piano quinquennale sull’argomento e a Pechino tutti sperano di avere imparato dagli errori. A dimostrazione della serietà delle intenzioni della leadership del paese di mezzo, la proposta di istituire entro il 2020 un sistema di indennizzi per i danni ambientali pagati dai soggetti responsabili di atti inquinanti. La guerra all’inquinamento che ad oggi ha portato alla chiusura di stabilimenti e all’incarcerazione di alcuni funzionari pubblici rei di aver coperto aziende responsabili di danni ambientali continua.

La Cina sospende ancora una volta i viaggi di gruppo verso la Corea del Sud

Alcuni viaggiatori cinesi sono stati sorpresi andando nella loro agenzia di viaggio di fiducia al sentire il loro agente rifiutar loro un biglietto di gruppo per la Corea del Sud. Niente da fare, viaggi bloccati. La rappresaglia nei confronti della decisione del governo di Seul di installare il sistema antimissile americano Thaad continua anche con la nuova amministrazione democratica del paese a sud del 38esimo parallelo una delle destinazioni più amate in Asia dai sempre più numerosi turisti “outbound” cinesi. Il blocco rimane nonostante i due paesi si siano riavvicinati. L’attuale presidente sudcoreano Moon Jae-in nei giorni scorsi ha incontrato il suo omologo cinese Xi Jinping e lanciato diversi segnali di distensione. L’ultimo proprio nelle ultime ore: Moon ha dichiarato di star valutando la sospensione delle esercitazioni militari congiunte annuali con gli Stati Uniti. Una mossa che cerca di allentare le tensioni nella penisola — Pyongyang è tradizionalmente irritata da queste operazioni — ma anche con l’ingombrante vicino cinese.

Cina e Giappone uniti dalla pena di morte

Migliaia di persone in uno stadio per assistere all’esecuzione in diretta di dieci condannati a morte. E’ successo a Lufeng, sud della Cina, dove la pratica del processo pubblico è ancora diffusa e apparentemente popolare. Anche se i processi pubblici sono aboliti de autorità locali cercano infatti di dare un segnale contro il traffico di droga. Le immagini hanno fatto in questi giorni il giro del web e suscitato violenti critiche online, tanto che alcuni osservatori credono che Pechino potrebbe dare un giro di vite sulla pratica. Tenore diverso a poche centinaia di chilometri da Pechino, dove Tokyo altre due persone incarcerate da decenni per omicidi commessi quando erano teenager, sono state giustiziate. Da quando l’amministrazione conservatrice guidata da Shinzo Abe è tornata al potere nel 2012 21 persone sono state giustiziate. La pratica è da anni al centro delle critiche delle organizzazioni umanitarie internazionali: dopo anni di carcere, i condannati ricevono la notifica dell’esecuzione subito prima che questa avvenga.

Il Giappone acquista un sistema antimissile

Il governo giapponese ha dato il via libera all’acquisto di un nuovo sistema antimissile per intercettare missili provenienti dalla Corea del Nord. Tokyo comprerà due Aegis Ashore, due piattaforme antimissile di terra equipaggiate con missili patriot, di produzione americana. 
La notizia arriva a poche settimane di distanza dall’ultimo lancio balistico di Pyongyang e a qualche mese di distanza dal passaggio di un missile intercontinentale nordcoreano sopra lo Hokkaido, l’isola più a nord del Giappone. Da mesi nel paese arcipelago sono in corso esercitazioni, anche nelle grandi città, antimissile.

Confuciani ortodossi contro il Natale

Troppo “occidentale”, consumistica e amorale. I Confuciani bocciano la festività cristiana, introdotta in Cina con le riforme e l’apertura anni ’80. Negli ultimi anni, il Natale è diventato oltre la Muraglia una ricorrenza quasi del tutto priva di valore religioso. Già nel 2006, alcuni accademici di diversi prestigiosi atenei pubblicarono un articolo congiunto in cui incitavano a combattere il Natale e a difendere la cultura e le tradizioni cinesi dalle influenze straniere. Di solito è a dicembre che si mette in moto la macchina del fango. Quest’anno tuttavia è cominciato tutto con largo anticipo. In occasione del compleanno di Confucio, il 28 settembre, una campagna su WeChat già invitava i netizen a boicottare la festa. Addirittura si chiedeva di ribattezzare la ricorrenza del 25 dicembre, che in cinese è chiamata Shengdanjie, perché sheng — oggi tradotto come “santo” — originariamente stava per “saggio” e veniva associata al filosofo simbolo della Cina. Si tratterebbe di una specie di eresia, insomma. Ma c’è anche chi, d’altrocanto, fa notare che la popolarità del Natale è direttamente proporzionale allo scarso appeal esercitato sui giovani dai festival locali, spesso legati alle ferree gerarchie famigliari e alla tradizione patriarcale sponsorizzata dalla scuola confuciana.

Il ministro degli Esteri giapponese vuole un jet privato

Dura la vita di un ministro degli Esteri in business class. Taro Kono, ministro degli Esteri giapponese, vuole darci un taglio e ha formalizzato al governo una richiesta di acquisto di un jet dedicato alle missioni diplomatiche per “contrastare l’attivismo diplomatico cinese”. Da quando è in carica, da agosto di quest’anno, come d’altronde tutti i suoi predecessori, Kono si è sempre spostato con aerei di linea, un problema per chi come lui vuole dare una scossa alla politica estera giapponese e dimostrare quell’atteggiamento proattivo sugli scenari internazionali sponsorizzato dallo stesso Abe dal 2012. Al momento, solo til primo ministro e la famiglia imperiale hanno diritto a voli di stato quando viaggiano all’estero.