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In Cina e Asia – La Cina richiama sei diplomatici coinvolti nell’aggressione di Manchester

In Notizie Brevi by Serena Console

  • La Cina richiama i sei diplomatici coinvolti nell’aggressione di Manchester
  • Hong Kong: tribunale contesta il divieto a ricordare Tienanmen
  • Arm blocca la vendita di chip avanzati alla Cina
  • La Cina esorta i cittadini cinesi a lasciare l’Afghanistan
  • Nuovi investimenti dell’Ue all’ASEAN per allontanare la Cina

Sei diplomatici cinesi con sede a Manchester, tra cui il console generale Zheng Xiyuan, sono tornati in Cina nella giornata di ieri. E questo nonostante il Regno Unito avesse chiesto ai funzionari cinesi di rinunciare al diritto all’immunità diplomatica per consentire agli investigatori di interrogarli sul pestaggio di un manifestante democratico di Hong Kong, avvenuto davanti al consolato cinese della città britannica lo scorso 16 ottobre. Il ministro degli Esteri britannico, James Cleverly, ha espresso il suo disappunto per il fatto che nessuno dei sei diplomatici sarà presente all’interrogatorio della polizia e ha condannato la Cina per aver provveduto al rimpatrio dei funzionari entro il termine di scadenza di ieri. A seguito dell’aggressione al manifestante pro-democrazia, si erano alzati i toni tra Pechino e Londra: la Gran Bretagna aveva difeso con forza il diritto di manifestare sul suolo britannico, mentre la Cina aveva condannato i manifestanti per essere entrati illegalmente nel consolato.

Stamani è arrivata la risposta del ministero degli Esteri cinese che ha chiesto a Londra di “adempiere ai propri obblighi ai sensi del diritto internazionale pertinente e degli accordi consolari bilaterali” per “garantire seriamente il normale svolgimento delle missioni diplomatiche e consolari cinesi”. “Altrimenti”, ha aggiunto il portavoce Wang Wenbin, la Cina reagirà inevitabilmente con fermezza, forza e in egual misura”,

Hong Kong: tribunale contesta il divieto a ricordare Tienanmen

Chow Hang-tung è stata assolta. L’attivista di Hong Kong, leader dell’organizzazione delle veglie annuali nell’ex colonia britannica in ricordo delle vittime di Piazza Tienanmen, ha vinto in appello contro una condanna a 15 mesi di reclusione per aver promosso la commemorazione in occasione dell’anniversario del 4 giugno 2021, formalmente vietata dall’amministrazione per via del Covid-19. Chow era stata arrestata la mattina del 4 giugno 2021, a seguito della pubblicazione di alcuni suoi post apparsi sui social media in cui invitava gli hongkonghesi a commemorare le vittime di Tiananmen. Quell’anno, le autorità avevano vietato ogni raduno a causa della pandemia, minacciando di dispiegare migliaia di agenti di polizia per fermare eventuali “assembramenti illegali”. Ma il giudice dell’Alta Corte, Judianna Barnes, ha riconosciuto le responsabilità della polizia per non aver adottato misure e provvedimenti che facilitassero le manifestazioni, come l’imposizione di condizioni sul distanziamento sociale. La sentenza si presenta come un raro ammonimento nei confronti delle autorità in una città in cui la commemorazione pubblica della repressione di Pechino del 1989 è stata praticamente cancellata negli tre ultimi anni. Chow resta tuttavia in custodia dovendo rispondere a ulteriori accuse ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale.

Arm blocca la vendita di chip avanzati alla Cina

La Cina si prepara a ricevere l’ennesima battuta d’arresto nella sua corsa al primato nell’industria dei semiconduttori. I chip ARM della serie Neoverse V non potranno essere venduti al gigante tecnologico cinese Alibaba, dopo che si è appreso che Stati Uniti e Regno Unito non approverebbero le licenze per esportarli. ARM ha già messo in guardia il colosso cinese. Stando a quanto riferisce il Financial Times, ARM, di proprietà di Softbank, ritiene che Neoverse V rientrerebbe nella categoria dei processori ad alte prestazioni interessati dalle nuove regole del governo Usa sull’export di tecnologia avanzata verso la Cina, vietando la vendita al gigante asiatico di semiconduttori realizzati con tecnologia americana ovunque nel mondo, oltre a impedire ai cittadini statunitensi di lavorare con i produttori di chip cinesi senza autorizzazione esplicita. Sempre il Financial Times riferisce che l’amministrazione Biden è pronta a inserire il produttore cinese di chip YMTC nella lista di entità bannate. La società avrebbe violato i controlli sulle esportazioni statunitensi fornendo al produttore cinese di smartphone Huawei chip di memoria NAND.

La Cina esorta i cittadini cinesi a lasciare l’Afghanistan

Dopo l’attacco terroristico al Longan Hotel di Kabul del 12 dicembre, dove tre persone sono morte e 21 sono rimaste ferite, Pechino ha esortato i cittadini cinesi residenti in Afghanistan a lasciare “il prima possibile” il paese. L’hotel è finito nel mirino dell’Isis, che ha rivendicato l’attacco per la presenza di personale cinese nella struttura: qui c’era anche l’ambasciatore cinese che aveva incontrato il giorno prima il viceministro degli esteri afghano, per discutere di questioni relative alla sicurezza dei diplomatici cinesi nel paese. Pechino, attraverso il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin, ha chiesto “un’indagine approfondita” sul caso e ha esortato il governo talebano “a prendere misure risolute per garantire la sicurezza dei cittadini, delle istituzioni e dei progetti cinesi in Afghanistan”.

La raccomandazione cinese spaventa i talebani, che vogliono attrarre investimenti stranieri nella speranza di fermare la spirale discendente dell’economia del paese iniziata con il loro ritorno al potere nell’agosto del 2021. La Cina non ha riconosciuto ufficialmente il governo talebano, nonostante sia uno dei pochi paesi ad aver mantenuto una presenza diplomatica in Afghanistan. Gli interessi per Pechino sono infatti molteplici e sono tutti legati a doppio filo alla sicurezza (in particolare per il corridoio del Wakhan, una sottile lingua di terra che collega l’Afghanistan  alla regione dello Xinjiang, dove vivono gli uiguri) e all’economia. Le risorse naturali fanno gola alla Cina: l’Afghanistan è infatti il più grande bacino di rame della regione, oltre a essere ricco di carbone, ferro, gas, cobalto, mercurio, oro, litio e torio.

Nuovi investimenti dell’Ue all’ASEAN per allontanare la Cina

Nella giornata di ieri si è tenuto il primo vertice di sempre tra i 27 capi di stato e di governo dell’Ue e i loro omologhi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN). Durante il vertice – a cui non hanno partecipato nove dei dieci paesi asiatici, escluso il Myanmar che non è stato invitato – l’Unione europea ha annunciato la mobilitazione per i prossimi cinque anni di 10 miliardi di euro nell’ambito del Global Gateway, per accelerare gli investimenti infrastrutturali nei Paesi del sud-est asiatico. Gli investimenti si concentreranno su energia, trasporti, digitalizzazione, istruzione e promuoveranno le catene del valore sostenibili e il commercio. Quest’ultimo punto rafforza un rapporto bilaterale già florido: con 215 miliardi di euro di interscambio di beni, l’ASEAN è il terzo partner commerciale per l’Ue, dopo USA e Cina. La Cina è stato l’elefante nella stanza. Durante il summit sono emerse le preoccupazioni, condivise da più di un membro ASEAN, per le rivendicazioni cinesi nel Mar Cinese Meridionale. La Cina però è quel partner commerciale importante per l’economia della regione, tanto che le pressioni di alcuni paesi della regione hanno portato a rimuovere dal documento finale del summit qualsiasi riferimento a Taiwan.

A cura di Serena Console