In Cina e Asia – La CIA crea la prima sezione dedicata alla Cina

In Notizie Brevi by Redazione

La CIA annuncia la creazione di una nuova sezione nell’agenzia di intelligence statunitense focalizzata sulla Cina. L’iniziativa è stata annunciata giovedì dal direttore della CIA William Burns, che ha affermato che il nuovo China Mission Center “rafforzerà ulteriormente il lavoro collettivo sulla più importante minaccia geopolitica che ci troviamo ad affrontare nel 21° secolo: un governo cinese sempre più ostile”. Burns ci ha tenuto a precisare che “la minaccia proviene dal governo, non dalla sua gente”. In effetti, il passaggio dall’amministrazione Trump a quella Biden ha lasciato sostanzialmente invariata la postura statunitense nei confronti di Pechino. Le divergenze relative ai diritti umani, alle proteste a Hong Kong e al Mar Cinese Meridionale hanno ulteriormente inasprito le relazioni diplomatiche tra le due superpotenze. A questo proposito, il China Mission Center è un cambiamento strutturale di portata storica, che segna una revisione delle priorità nell’agenda politica di Washington e in quella securitaria dell’agenzia di intelligence nazionale. Un funzionario della CIA ha paragonato la creazione dell’unità cinese all’attenzione sulla Russia durante la Guerra Fredda e quella sull’antiterrorismo dopo gli attacchi dell’11 settembre nel 2001. Il China Mission Center ha lo scopo di segnalare “la singolare priorità” che la Cina rappresenta per il personale in tutta l’agenzia. [fonte WSJ, SCMP]

Golden week: viaggi sotto i livelli pre-epidemici

Durante la “golden week” cinese, quest’anno, i viaggi sono diminuiti drasticamente rispetto ai livelli pre-pandemia. Il numero di spostamenti effettuati durante questa festa nazionale è solitamente molto alto, mentre mercoledì è stato stimato intorno al 34,1% in meno rispetto ai livelli del 2019, secondo il ministero dei Trasporti, e del 2,2% in meno rispetto allo scorso anno. Inoltre, un rapporto sull’andamento dei consumi, pubblicato mercoledì dall’azienda di food delivery Meituan, ha mostrato che quasi l’80% delle persone ha consumato pasti nel proprio luogo di residenza durante le vacanze. “Anche le recenti epidemie di Covid-19 stanno ancora pesando sulla spesa interna”, ha scritto in una nota Louis Kuijs, capo dell’economia asiatica di Oxford Economics, “e questa pressione probabilmente durerà a lungo”. Le restrizioni dovute alle esigenze di contenimento della pandemia, e le conseguenze economiche e logistiche che ne sono scaturite, hanno avuto un effetto evidente anche sulle abitudini delle persone e sui costumi più tradizionali della cultura nazionale. [fonte SCMP]

Prima azienda statunitense coinvolta nel trasferimento di lavoratori uiguri

Un’azienda statunitense di base in Cina ha stretto un accordo con le autorità dello Xinjiang, per il trasferimento di centinaia di lavoratori uiguri nel suo stabilimento a Qinzhou, nella provincia meridionale del Guangxi. Si tratta del primo caso accertato di una società di origine statunitense che partecipa ad uno di questi programmi. Secondo Amnesty International, migliaia di lavoratori uiguri sarebbero stati sottoposti a quelli che gli attivisti definiscono veri e propri lavori forzati, in fabbriche sparse per il paese. Tali organizzazioni per i diritti umani affermano che i programmi sono coercitivi e fanno parte di una più generale strategia politica promossa dalla Cina per tenere sotto controllo la popolazione a maggioranza uigura che abita in Xinjiang. Un portavoce della società in questione, intervistato da Reuters, ha affermato che l’azienda impiega attualmente 365 lavoratori uiguri nello stabilimento di Qinzhou, e che li tratta al pari di tutti gli altri lavoratori cinesi. Anche il ministero degli Esteri è intervenuto sulla questione: “Questo cosiddetto ‘lavoro forzato’ è una bugia completamente inventata”, ha affermato in una nota. “I lavoratori migranti dello Xinjiang in altre parti della Cina, come tutti i lavoratori, godono del diritto al lavoro in conformità con la legge”, ha aggiunto, “il diritto di firmare un contratto di lavoro, il diritto alla retribuzione del lavoro, il diritto al riposo e alle ferie, il diritto al lavoro sicurezza e protezione della salute, il diritto di ottenere diritti assicurativi e previdenziali e altri diritti legali”. In realtà i programmi di trasferimento di lavoratori sono monitorati da diversi esperti. Ad esempio, l’Australian Strategic Policy Institute (Aspi) l’anno scorso ha pubblicato un rapporto che identifica 83 marchi legati ai programmi di trasferimento del lavoro uiguro, citando documenti in lingua cinese, analisi di immagini satellitari e resoconti pubblicati sui media. [fonte Reuters]

L’Oms manda aiuti anti-Covid alla Corea del Nord

L’Organizzazione Mondiale della sanità ha annunciato una spedizione di materiale medico anti-Covid in Corea del Nord. La consegna avverrà attraverso il porto cinese di Dalian, crocevia di buona parte del commercio internazionale diretto in Asia. Un funzionario pubblico sudcoreano ha confermato la parziale riapertura degli scambi tra Pyongyang e Pechino, commentando: “i dati doganali della Cina mostrano che le rotte marittime sembrano essere tornate attive. Non abbiamo tuttavia rilevato segnali che indichino la ripresa degli scambi anche via terra”. Dall’inizio della pandemia da Covid-19, la Corea del Nord aveva affermato di essere libera dal coronavirus, e aveva rifiutato categoricamente le forniture di vaccini offerte dall’estero, compresa la Cina. La campagna anti-virus è stata promossa come una questione di “sopravvivenza nazionale”, per questo il leader nordcoreano Kim Jong-Un aveva interrotto gli scambi del commercio transfrontaliero, nonostante il rischio di collasso della già precaria economia nazionale. Secondo gli esperti, in effetti, un’epidemia da coronavirus in Corea del Nord potrebbe risultare devastante, considerando il suo sistema sanitario scadente, la mancanza di forniture mediche e il cronico stato di emergenza alimentare in cui versa la popolazione locale. [fonte USNEWS]

Corea del Sud: tribunale dà ragione al sergente transgender 

Un tribunale ha ordinato all’esercito della Corea del Sud di riconoscere il cambio di sesso di una militare transgender e di annullare il congedo forzoso con cui era stata allontanata. La notizia rappresenta una magra consolazione per la famiglia della donna, che in attesa del verdetto da parte del tribunale si è tolta la vita. Secondo AFP, si tratta di una sentenza storica, perché la Corea del Sud rimane profondamente conservatrice sulle questioni legate all’identità di genere. Per questo, quando Byun Hee-soo, ex sergente maggiore di circa venti anni, si è sottoposta all’intervento chirurgico per la riassegnazione del genere nel 2019, il ministero della Difesa di Seoul ha definito la rimozione dei suoi genitali maschili come un “handicap mentale o fisico” e l’ha costretta alle dimissioni. I gruppi per i diritti umani hanno protestato chiedendo ai parlamentari sudcoreani di promulgare al più presto una legge contro le discriminazioni verso le persone LGBTQ+, esprimendo particolare preoccupazione per il modo in cui il paese tratta le persone omosessuali che prestano servizio militare, alle quali è severamente vietato avere relazioni con persone dello stesso sesso o compiere atti di esplicita manifestazione del proprio orientamento sessuale. [fonte AFP]

A cura di Agnese Ranaldi