In Cina e Asia – Kazakistan: La SCO pronta a supportare le forze governative

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

I titoli di oggi:

  • Kazakistan: La SCO pronta a supportare le forze governative
  • Omicron minaccia la Cina
  • Pechino raggiunge per la prima volta gli obiettivi nazionali di qualità dell’aria
  • La Cina punta a diventare leader nella robotica
  • Cina: l’intelligenza artificiale entra nei tribunali
  • Nuova condanna per Aung San Suu Kyi

Continuano la crisi politica in Kazakistan, dove il presidente Kassym-Jomart Tokayev, impegnato a placare le proteste scoppiate in tutto il paese la scorsa settimana, ha proceduto ad arrestare l’ex capo dei servizi di sicurezza kazaki, Karim Masimov. Dopo aver ricevuto l’aiuto dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO) – organizzazione di sei stati post sovietici presieduta dalla Russia, che ha inviato ad Almaty nove aerei carichi di equipaggiamento militare e truppe paracadutiste – anche la Shanghai Cooperation Organization si è detta pronta a supportare le forze governative kazake. In una dichiarazione, Zhang Ming, nominato di recente segretario generale del gruppo, i cui membri includono Russia e Kazakistan, ha affermato di sperare che la situazione si stabilizzi presto, poichè « il mantenimento della stabilità interna e dell’armonia sociale nella repubblica del Kazakistan come stato membro della SCO è uno dei fattori chiave per la pace e la sicurezza nella regione ».Il Kazakistan è infatti il luogo in cui il presidente cinese Xi Jinping ha annunciato la Belt and Road Initiative nel 2013 e condivide ben 1.700 km  di confine con la Cina: Pechino teme che i disordini non risolti in Kazakistan potrebbero riversarsi nell’irrequieta regione cinese dello Xinjiang. Sebbene il ministero degli esteri cinese si sia apertamente schierato con le forze di Tokayev, numerosi esperti considerano improbabile un intervento militare cinese in Kazakistan,  date le relazioni tra Pechino e Mosca e le possibili preoccupazioni che altri stati della CSTO potrebbero avere sull’intervento militare cinese nella regione. Così anzichè intervenire direttamente, la Cina si attrezza ad affrontare il peggiore degli scenari. È in quest’ottica che gli analisti interpretano l’invito diretto da Pechino al segretario generale del Consiglio per la cooperazione nel Golfo (GGC), Nayef Falah al-Hajraf, e ai ministri degli Esteri di quattro dei sei paesi membri – Arabia Saudita, Kuwait, Oman e Bahrain. La visita, su invito della Cina, si terrà dal 10 al 14 gennaio e, oltre a includere i negoziati per un FTA, probabilmente servirà a rassicurare il gigante asiatico sulla stabilità delle importazioni di petrolio, di cui il Kazakistan e l’Asia centrale sono tra i massimi fornitori cinesi.

Omicron minaccia la Cina

La città di Tianjin ha avviato una campagna di test di massa per i suoi 14 milioni di abitanti dopo che oltre 20 persone sono risultate positive al Covid-19, di cui due alla variante Omicron. Tra le persone infette compaiono 15 studenti tra gli otto ei 13 anni, quattro genitori e un dipendente di un centro doposcuola. Secondo gli esperti cinesi, i giovani sono più facilmente contagiabili dalla nuova variante. I test a tappeto, iniziati ieri mattina, dovrebbero concludersi nel giro di un paio di giorni. Ai residenti è stato ordinato di restare in casa o nei pressi della propria abitazione. Precauzioni che però non sembrano essere bastate a prevenire la propagazione del virus. Altri due casi di Omicron, collegati al focolaio di Tianjin, sono stati registrati stamani nello Henan. Prima dei casi di Tianjin e dello Henan la pericolosa variante era stata rilevata soltanto tra i viaggiatori in arrivo dallestero. Per prevenire una diffusione nella capitale a pochi giorni dall’inizio delle Olimpiadi, le autorità hanno sospeso il servizio ferroviario tra la città portuale e Pechino.

Pechino raggiunge per la prima volta gli obiettivi nazionali di qualità dell’aria

Nel 2021 Pechino ha soddisfatto per la prima volta gli standard statali di qualità dell’aria, fissati dal governo centrale a 35 microgrammi di particelle PM2.5 per metro cubo. Nel 2021 si sarebbe infatti registrata una diminuzione del 13% delle particelle PM2.5 rispetto all’anno prima, permettendo ai residenti della capitale cinese di godere di quasi quattro mesi in più di cieli sereni rispetto al 2013.Come misura dei progressi compiuti, basti pensare che nel 2016 le concentrazioni medie di PM2,5 si sono attestate a 71 microgrammi, avvicinandosi a quasi 500 microgrammi durante i mesi invernali, in concomitanza con l’accensione dei sistemi di riscaldamento a carbone della regione. La transizione verde di Pechino è cominciata nel 2016, in occasioni delle Olimpiadi invernali, quando la capitale cinese e la provincia circostante dell’Hebei hanno imposto severi standard sui carburanti delle automobili e hanno costretto le acciaierie e altri impianti industriali a installare apparecchiature volte al controllo delle emissioni.

La Cina punta a diventare leader nella robotica

Diventare il leader globale nella robotica entro il 2025: questa è l’ambizione di Pechino, espressa nel suo piano quinquennale annunciato alla fine di dicembre.
Per far fronte alla rivalità prolungata con gli Stati Uniti, il piano ambisce a potenziare la competitività della robotica cinese sulla scena globale, mirando ad una crescita dei ricavi di oltre il 20% all’anno attraverso assistenza finanziaria ed una rafforzata cooperazione tra industria,  entità statali ed istituti di ricerca. Tra gli obiettivi a corto termine quello di recuperare il ritardo della Cina vis à vis le altre potenze mondiali:  con 246 robot per 10.000 dipendenti, la Cina è ancora indietro rispetto alla Corea del Sud, che ha una densità attuale di 932 e si è classificata prima dal 2010. Tuttavia, la Cina è ben al di sopra della media globale di 126 e vicino agli Stati Uniti, con 255.Il piano consentirà alla Cina di continuare a promuovere i progressi della robotica in campi come la produzione elettronica, la logistica e l’istruzione, esplorando nuove opportunità nel settore minerario, nella costruzione navale, e nell’energia nucleare.

Cina: l’intelligenza artificiale entra nei tribunali

Un gruppo di ricercatori cinesi ha affermato di aver sviluppato un « procuratore artificiale » in grado di presentare un’accusa con un’accuratezza superiore al 97% . La macchina è stata costruita e testata dalla Procura distrettuale di Shanghai Pudong – la più grande e trafficata del paese – ed è in grado di valutare un sospetto basandosi su 1.000 “tratti” ottenuti dal testo di descrizione del caso, redatto dall’uomo.   La macchina è stata “addestrata” utilizzando più di 17.000 casi dal 2015 al 2020. Finora, è in grado di identificare e sporgere denuncia per gli otto crimini più comuni a Shanghai: frode con carta di credito, gestione di un’operazione di gioco d’azzardo, guida pericolosa, lesioni intenzionali, ostruzione a pubblico ufficiale, furto, frode e «  provocare problemi » – un’accusa generica spesso usata per soffocare i dissidenti.L’applicazione della tecnologia AI nelle forze dell’ordine è in aumento in tutto il mondo: in Germania,  l’intelligenza artificiale aiuta i processi di riconoscimento delle immagini e l’analisi forense digitale per aumentare la velocità e la precisione di elaborazione dei casi, ma in nessun paese finora l’IA ha mai attribuito capi d’accusa. Mentre l’opinione pubblica cinese resta scettica sull’uso di tale tecnologia nei tribunali, il team di scienziati cinesi ha dichiarato che le ricerche sono in corso per migliorare l’algoritmo per permettergli di individuare crimini meno comuni e attribuire più capi d’accusa per un solo sospetto.

 Nuova condanna per Aung San Suu Kyi

Altri quattro anni di reclusione per Aung San Suu Kyi. Secondo fonti di Ap, la leader birmana, agli arresti dal golpe dello scorso anno, è stata condannata per  importazione e possesso illegale di walkie-talkie nonché per violazioni delle disposizioni anti-Covid. Lo scorso dicembre era già stata condannata a quattro anni di detenzione per aver violato le restrizioni sul coronavirus, pena poi ridotta a due anni dalla giunta. La premio Nobel,sotto processo in una decina di casi, rischia una condanna cumulativa per oltre 100 anni di carcere.

A cura di Sharon De Cet; ha collaborato Alessandra Colarizi