In Cina e Asia – Il partito comunista più grande del mondo

In by Gabriele Battaglia

Quasi novanta milioni di iscritti: sono questi i numeri del Partito comunista cinese, le cui adesioni superano la popolazione della Germania. Nuova legge sulla sicurezza nazionale. La Cina si impegna a ridurre con un nuovo piano le emissioni di Co2 entro il 2030. Un milione di firme in Giappone contro le modifiche alla costituzione pacifista. In India meno 30 per cento di defecazioni all’aperto grazie al programma Modi. CINA – Il Partito comunista più grande del mondo
88 milioni. Sono questi i numeri del Partito comunista più grande del mondo, quello cinese. Li rilascia l’agenzia di stampa Xinhua il primo luglio, novantaquattresimo anniversario del Pcc. Gli iscritti sono cresciuti dell’1,3 per cento rispetto all’anno scorso. Meno che negli anni precedenti. Secondo Xinhua questo è da attribuire comunque alla nuova leadership di Xi Jinping che impone un “controllo di qualità” sui membri del Partito. In ogni caso sono numeri enormi (più della popolazione della Germania), si tratta dell’8 per cento della popolazione adulta cinese. È da qualche anno che all’interno del Partito è condivisa la preoccupazione che gli iscritti on debbano crescere troppo. Il collasso dell’Unione sovietica avvenne quando gli iscritti raggiunsero il 10 per cento della popolazione.

CINA – Sicurezza nazionale
Il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo ha varato una nuova legge sulla sicurezza nazionale. Secondo la norma, il Partito comunista cinese promuoverà un “sistema di gestione della sicurezza nazionale centralizzato, efficiente e autorevole”, in ambiti che vanno dalla finanza alla politica, dalle strategie militari alla libertà di culto, fino alla sicurezza informatica. La varietà degli aspetti che saranno regolati dalla giurisdizione della nuova Commissione per la sicurezza nazionale fa temere un’ulteriore stretta su diritti e libertà all’interno della Repubblica popolare cinese.

CINA – Nuovo piano per le riduzioni di Co2

Foto credit: brisbanetimes.com.au

L’ufficio del premier cinese Li Keqiang ha anticipato i contenuti del nuovo piano cinese per la riduzione delle emissioni. L’annuncio è arrivato a seguito di un colloquio a Parigi tra Li Keqiang e il primo ministro francese Hollande. Secondo il comunicato, la Repubblica popolare si impegnerà a ridurre le emissioni di Co2 del 60-65 per cento per unità di Pil entro il 2030, basandosi sui dati raccolti nel 2005. Il nuovo impegno modifica le stime precedenti di riduzione del 40-45 per cento per unità di Pil entro il 2020. La Cina è il primo paese al mondo per emissioni di Co2.

GIAPPONE – un milione di firme contro la legge di cooperazione difensiva con Usa
Gruppi pacifisti e attivisti hanno presentato una petizione al Parlamento giapponese con oltre 1 milione di firme contro la proposta di legge del governo Abe che, in nome della cooperazione difensiva con gli USA, prevederebbe un’espansione delle prerogative (in senso di possibile ricorso alle armi in funzione di attacco) delle forze militari giapponesi. Il governo vuole a tutti i costi raggiungere l’obiettivo entro l’anno e perciò ha deciso di prolungare l’attuale sessione parlamentare di tre mesi. Ma migliaia di cittadini sono preoccupati dal progetto che porterebbe i soldati giapponesi in guerra dopo 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale.

INDIA – Meno 31 per cento nelle defecazioni all’aperto, secondo l’Onu

Foto credit: thehindu.com

Un rapporto delle Nazioni Unite indica che l’India, rispetto ai dati del 1990, è riuscita a diminuire del 31 per cento il numero di cittadini che defecano all’aperto, una delle piaghe del paese fonte di diffusione di malattie e causa di malnutrizione cronica. La riduzione, in numeri assoluti, è pari a 394 milioni di indiani che utilizzano ora sanitari e hanno accesso ad acqua corrente, in seguito a diverse campagne ad hoc messe in campo sia dal governo federale indiano che dalle Nazioni Unite, attraverso l’Organizzazione mondiale della sanità. L’Oms ha descritto i progressi fatti dall’India come "moderati". Nonostante i buoni risultati, il rapporto indica però come la strada sia ancora molto lunga, specie nell’assicurare acqua potabile alle fasce più povere della popolazione indiana.