In Cina e Asia – Hong Kong torna a protestare, oltre 200 gli arresti

In Notizie Brevi by Sharon De Cet

Ammontano a oltre 200 gli arresti effettuati dalla polizia di Hong Kong dopo che nella giornata di domenica nuove proteste non autorizzate hanno coinvolto varie zone della città. Nel pomeriggio una decina di shopping mall hanno fatto da sfondo a flash mob spingendo le forze dell’ordine a sgomberare gli edifici ufficialmente per far rispettare le norme anti-covid. Il clima si è fatto più teso in serata, quando nel quartiere di Mong Kok la polizia è intervenuta con la forza per disperdere i manifestanti che stavano tentando di ostruire le strade alzando barricate e provando a dar fuoco ad alcuni bidoni della spazzatura. Nelle operazioni sono stati presi di mira anche giornalisti ed esponenti del partito democratico. Nonostante nel fine settimana le misure sul distanziamento sociale siano state rilassate, permane il sospetto che l’epidemia venga strumentalizzata per ostacolare il rinfocolare del dissenso contro il governo di Carrie Lam.  [fonte: SCMP]

Coronavirus: 6 nuovi casi confermati a Wuhan

14 nuovi casi confermati di COVID-19 sono stati riportati in Cina continentale sabato scorso, dopo più di un mese senza notizie di nuovi contagi. Tra questi, 11 sono stati rilevati nella provincia di Jilin, nel nordest. Intanto questa mattina a Wuhan si è registrato un nuovo cluster con 6 infezioni asintomatiche, tutte collegate al distretto di Dongxihu. Secondo quanto riportato dal Global Times, le autorità sanitarie locali hanno condotto un’indagine epidemiologica nella comunità interessata, estendendo inoltre i test su più di 60.000 residenti per trovare potenziali casi asintomatici. Gli altri casi domestici sono stati segnalati a Shulan, al confine con la Corea del Nord, dove domenica le autorità hanno aumentato il livello di rischio COVID-19 della città dopo la conferma di 11 nuovi casi collegati ad una donna di 45 anni risultata positiva a Covid-19. Secondo i dati di tracciamento rilasciati dalle autorità sanitarie, la donna non avrebbe lasciato la provincia o avuto alcun contatto con cittadini rientrati dall’estero o in arrivo da altre parti della Cina dove c’erano stati casi recenti di Covid-19, suggerendo quindi una possibile origine interna del nuovo focolaio di Shulan. In attesa di nuovi sviluppi riguardo all’evolversi del contagio, il governo provinciale ha ordinato un nuovo lockdown: tutti i servizi, tranne quelli essenziali saranno sospesi e alle famiglie sarà imposto di rimanere nelle loro case. Fatta eccezione dei medici e degli altri lavoratori essenziali, a tutti i residenti sarà vietato lasciare le proprie proprietà e tutti i servizi di trasporto, inclusi i taxi, saranno sospesi fino al 1° giugno. [fonte:  GT;GT]

Gli USA inaspriscono le norme per i visti ai giornalisti cinesi

Il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale americano ha annunciato venerdì scorso un nuovo regolamento che limiterà la durata dei visti per i giornalisti cinesi a 90 giorni, con l’obiettivo di combattere la “soppressione del giornalismo indipendente” da parte della Cina. Le nuove norme entreranno in vigore questo lunedì e si applicheranno esclusivamente ai giornalisti della Cina continentale, i cui visti scadranno dopo 90 giorni con opzione di proroga.  Finora, i visti avevano generalmente una durata indeterminata e non dovevano essere estesi a meno che il dipendente non si fosse trasferito in una società diversa: le nuove regole consentirebbero quindi al Dipartimento di revisionare più frequentemente le domande di visto per giornalisti cinesi, permettendo agevolmente alle autorità americane di ridurre il numero complessivo di giornalisti cinesi negli Stati Uniti. La riforma dell’immigrazione sembrerebbe l’ennesima rappresaglia dell’amministrazione Trump nei confronti di Pechino.  A marzo scorso, infatti, il governo cinese aveva espulso i giornalisti americani di tre testate dal suolo cinese dopo che Washington aveva annunciato che solo 100 cittadini cinesi sarebbero stati autorizzati a lavorare per media cinesi negli Stati Uniti, di modo da ridurre il rischio di spionaggio.Intanto, la risposta cinese alle neonate restrizioni americane non si è fatta attendere: in un articolo, il Global Times ha etichettato gli Stati Uniti come “ipocriti” accusando l’amministrazione Trump di danneggiare la libertà di stampa, nonché di aggravare nuovamente gli alterchi tra i due paesi.Le relazioni tra Cina e Stati Uniti si erano infatti già incrinate all’inizio del 2018, con l’inizio della lunga guerra commerciale, per poi ufficialmente inasprirsi con l’inizio della pandemia, complici i tentativi cinesi di controllare la narrativa sul virus ed i commenti al vetriolo degli Stati Uniti, paese più toccato da Covid-19. [fonte: Reuters;NYT]

Truppe indiane e cinesi si scontrano nel Sikkim settentrionale

Circa 150 soldati indiani e cinesi si sarebbero scontrati nel nord del Sikkim, provincia al confine tra India e Cina. Sebbene non siano state riportate vittime, 4 soldati indiani e 7 cinesi sono rimasti feriti in un confronto che non è altro che l’ennesima dimostrazione della crescente tensione tra i due paesi.Questi conflitti armati sono infatti relativamente comuni lungo il confine sino-indiano, ed in particolare nell’altipiano del Sikkim, oggetto di disputa territoriale tra Cina e India per le sue preziose risorse idriche. Tre anni fa, entrambi i paesi avevano già affrontato un importante scontro a fuoco a Doklam, una regione parte del massiccio dell’Himalaya che Cina e India rivendicano come propria, dove già nel 1962 i due paesi asiatici avevano combattuto una guerra conclusasi con una vittoria schiacciante per Pechino. Questo scontro ha coinciso anche con l’ennesima disputa tra il Pakistan, alleato cinese e l’India dovuta, questa volta, alla recente inclusione del Kashmir nelle previsioni meteorologiche ufficiali dell’India. [fonte: HindustanTimes ]

L’Indonesia chiede spiegazioni sulle sepolture dei pescatori impiegati sui pescherecci cinesi  

Il Ministro degli Affari Esteri indonesiano ha formalmente richiesto al governo cinese di indagare sulle sepolture in mare di alcuni pescatori indonesiani in servizio su navi cinesi, dopo che martedì scorso la stazione televisiva sudcoreana MBC aveva trasmesso il video del cadavere di un giovane uomo gettato in mare da un peschereccio successivamente identificato come Long Xin 629. Secondo quanto è emerso finora dalle indagini, la sepoltura del giovane uomo sarebbe avvenuta prima di approdare poiché soffriva di una malattia infettiva, ed i famigliari avrebbero ricevuto un compenso per il mancato rimpatrio della salma. Questo episodio è simile ad altri due casi attualmente esaminati dall’ambasciata indonesiana a Seoul riguardo a due lavoratori indonesiani morti sulle navi cinesi Long Xin 605 e Tian Yu 8, poi attraccate a Busan per ulteriori controlli sul personale.  I controlli hanno permesso l’identificazione di ben 35 lavoratori indonesiani impiegati illegalmente sui pescherecci cinesi, molti dei quali hanno riferito di aver subito casi di violenza da parte dell’equipaggio cinese.Mentre Jakarta è in trattative con i proprietari dei pescherecci e le autorità portuali per rimpatriare i propri cittadini, la Environmental Justice Foundation e gli Advocates for Public Interest Law (APIL) stanno tentando di aprire un’indagine sui casi di sfruttamento del personale straniero da parte dei proprietari dei pescherecci cinesi, accusati di traffico di esseri umani e lavoro forzato. L’Indonesia ha inoltre dichiarato che obbligherà il governo cinese a garantire che gli equipaggi dei pescherecci cinesi siano adeguatamente pagato+i e beneficino delle ore di riposo stabilite dai regolamenti dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. [fonte: JakartaGlobe]

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