I titoli di oggi della nostra rassegna:
– Duterte ferma le esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti
– Aziende cinesi nel mirino per violazioni alle sanzioni contro la Corea del Nord
– Attivisti per i diritti dei lavoratori condannati in Guangdong
– Cina, in arrivo nuove zone di mercato libero (quasi)
– Giappone, arriva Spotify
Duterte ferma le esercitazioni congiunte con gli Stati Uniti
Dopo aver chiamato il presidente Usa Barack Obama «un figlio di puttana», il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte fa un altro sgambetto a Washington. Parlando alla comunità filippina a Hanoi, Vietnam, il leader filippino ha dichiarato di aver comunicato ai vertici Usa la cancellazione delle esercitazioni militari congiunte previste per la prossima settimana.
Duterte, che da quando si è insediato sta cercando di portare avanti una politica estera meno dipendente dagli Usa, e più aperta verso Cina e Russia, va incontro alle richieste proprio di Pechino, insofferente a «giochi di guerra» nei pressi di tratti di mare contesi nel mar cinese meridionale. Nessuna modifica, invece, sarà apportata per il momento al trattato di sicurezza tra Manila e Washington del 1951 che pose il paese-arcipelago del Pacifico sotto l’ombrello militare statunitense.
Aziende cinesi nel mirino per violazioni alle sanzioni contro la Corea del Nord
Avere a che fare con la Corea del Nord è «rischioso». Questo devono capire le aziende cinesi finite nel mirino dei funzionari americani per sospette violazioni delle sanzioni contro il Regno eremita, secondo quanto spiegato al Congresso dal coordinatore delle sanzioni anti-Pyongyang Daniel Fried. Questa settimana Washington ha esteso le sanzioni a un’azienda di vendita all’ingrosso di macchinari industriali, la Dandong Hongxiang Industrial Development e quattro suoi dirigenti con l’accusa di favorire la proliferazione di armi di distruzione di massa. Il vero rischio è infatti che la tensione tra Cina e Stati Uniti, già alta sul Mar cinese meridionale, aumenti sulla Corea del Nord: Pechino infatti non gradisce interferenze estere nei propri affari interni.
Ma a Washington la vedono diversamente. «Cambiare l’atteggiamento della Cina è un prerequisito per cambiare quello della Corea del Nord», ha spiegato il diplomatico americano Daniel Russell a Reuters.
Attivisti per i diritti dei lavoratori condannati in Guangdong
Tre attivisti per i diritti dei lavoratori della provincia meridionale del Guangdong sono stati condannati al carcere, con sospensione condizionale della pena, per «coinvolgimento in attività di organizzazioni straniere ostili alla Cina».
Zeng Feyang, Tang Huanxing e Zhu Xiaomei — questi i nomi dei tre — fanno tutti parte del Panyu Workers’ Centre una delle più importanti organizzazioni indipendenti per la difesa dei diritti sul lavoro. Secondo l’accusa avrebbero aiutato gruppi di lavoratori in tutta la provincia a ottenere il pagamento di arretrati e bonus da parte dei datori di lavoro. I tre avrebbero finanziato le loro attività con l’appropriazione indebita di fondi provenienti da ambasciate e organizzazioni straniere dal 2010.
Gli imputati hanno tutti confessato i loro capi d’accusa. In Cina esiste un solo sindacato legale, la All-China Federation of Trade Unions, ma i lavoratori lo definiscono inefficace. La condanna dei tre attivisti rientra nell’ampio quadro della lotta al dissenso avviata dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013.
Cina, in arrivo nuove zone di mercato libero (quasi)
Pechino punta a introdurre nei prossimi anni sette nuove free-trade zones (Ftz) nel nordest della Cina, in Liaoning, nell’est, Zhejiang, nelle province occidentali di Shaanxi, Sichuan, nella città di Chongqing e nel centrale Henan. Secondo i funzionari del ministero del commercio cinese, le regioni selezionate hanno dalla loro vaste economie di scala una posizione geografica vantaggiosa nell’ambito della strategia nazionale «one belt – one road» che punta a unire la Cina alla macro-regione euroasiatica. Ma secondo un rapporto della Camera di commercio europea, le Ftz esistenti al momento (Shanghai, Guangdong, Fujian e Tianjin) starebbero funzionando ben al di sotto di tutte le aspettative: troppi settori di investimento bloccati (come ad esempio i servizi finanziari, medici o il settore della cultura e dell’intrattenimento) e troppi controlli da parte delle autorità.
Bruxelles punta il dito contro una misura in particolare: la revisione dei piani di investimento da parte delle autorità cinesi in nome della «sicurezza nazionale», introdotta ad aprile di quest’anno. Per l’Europa i parametri dei controlli sono troppo vaghi e arbitrari e, sul lungo termine, rischiano di scoraggiare gli investitori internazionali.
Giappone, arriva Spotify
Dopo anni di attesa, Spotify ha lanciato il suo servizio di streaming musicale anche in Giappone. Ci è voluto più di un anno per l’azienda svedese per portare a termine le trattative con le case discografiche del Sol Levante e tentare di concorrere con colossi internazionali come Apple e locali come Rakuten e Line. Il fatto è che in Giappone il mercato musicale è attraente per tutti: si stima che le vendite di prodotti musicali si attestino a 3 miliardi di dollari l’anno meno solo degli Stati Uniti. Spotify ha oggi 40 milioni di clienti paganti e mira al mercato giapponese per aumentare il numero di abbonati entro il 2017.