Cina Covid

In Cina e Asia – Boom di casi di Covid: Shenzhen in lokdown

In Notizie Brevi by Sabrina Moles

I titoli di oggi:

  • Covid: Shenzhen in lokdown, Foxconn sospende la produzione
  • Ucraina, torna il fantasma delle promesse di difesa cinese del 2013
  • Il missile indiano in Pakistan solleva dubbi sulla crisi ai confini con la Cina
  • Ricerca scientifica, la Cina supera gli Stati Uniti
Cina, il Covid torna ai numeri di inizio pandemia

La Cina sta vivendo l’ondata di casi Covid più grave degli ultimi due anni, tornando ai dati che hanno caratterizzato il primo lockdown a Wuhan. Questa volta l’epicentro dei contagi è localizzato nella provincia nordorientale dello Jilin, ma anche nella metropoli meridionale di Shenzhen il numero dei casi ha spinto il governo locale a imporre i test di massa e il fermo dei servizi pubblici per tutta la durata dei controlli. Stamani Unimicron technology e Foxconn, importante contractor di Apple, hanno annunciato di aver sospeso la produzione a causa delle misure anti-Covid.

Com’è accaduto in altre circostanze, il governo centrale non ha tardato a punire alcune figure della dirigenza locale, accusandoli di negligenza nella gestione dei focolai.

Nella Repubblica Popolare sono stati registrati oltre 1000 casi per tre giorni consecutivi, e – per ora – nessun decesso. Rilevati alcuni casi anche in altre città importanti (Pechino, Shanghai, Chongqing, Tianjin) e in sedici provincie. In alcuni casi è giunto il fermo agli spostamenti in altre città. La situazione sta mettendo alla prova le autorità sanitarie, che avvertono un possibile boom di casi al sud, fino a 75 mila al giorno, se non venissero messe in atto le misure più restrittive. Per tenere il ritmo del contagio, ora è possibile ricorrere anche al tracciamento tramite test fai-da-te. La decisione ha generato diversi dubbi nella comunità scientifica cinese, che teme il silenzio dei cittadini che vogliono evitare la quarantena. Comunque vada, commentano gli esperti, questo non è un segnale dell’abbandono della strategia “casi-zero” nel breve termina ma, anzi, il contrario.

Ucraina, torna il fantasma delle promesse di difesa cinese del 2013

I giorni passano, e la posizione della Cina riguardo la crisi ucraina si fa sempre più scomoda. Il Wall Street Journal ha fatto riaffiorare l’accordo tra Cina e Ucraina, un patto in cui il presidente Xi Jinping si impegnava a difendere la nazione dell’Est Europa in caso di attacco nucleare. La promessa fa fede a un accordo più ampio, che comprende la difesa degli stati dell’ex Unione sovietica che rinunciano a possedere un arsenale nucleare e impegnano i paesi che lo possiedono a tutelarne gli interessi.

Ciò complicherebbe la posizione di Pechino nel complesso quadro della crisi ucraina, soprattutto alla luce del fatto che la narrazione cinese rifiuta “l’ombrello nucleare” (come viene definito negativamente l’appoggio Usa agli alleati in questo ambito). Secondo gli esperti, almeno sulla carta l’accordo dimostrerebbe la lungimiranza di Kyev nel trovare una terza via tra Russia e Unione Europea. Oggi, però, alcuni funzionari ucraini non sembrano altrettanto soddisfatti dei legami con Pechino. Durante la conferenza del 10 marzo il consigliere per l’economia Oleg Ustenko avrebbe affermato che “l’unico paese che beneficia davvero di questo conflitto armato è la Cina”. Pechino ha parlato di un possibile intervento come mediatore, ma nel frattempo non sono ancora emersi risultati concreti.

Il missile indiano in Pakistan solleva dubbi sulla crisi ai confini con la Cina

È stata una settimana intensa per la politica estera indiana, e non solo per le pressioni della comunità internazionale in merito alla crisi ucraina. Lo scorso venerdì 11 marzo un missile supersonico indiano è caduto in Pakistan, in un’area al confine con l’India. L’incidente, che New Delhi ha descritto come “un malfunzionamento tecnico”, è ora motivo di forte preoccupazione per Islamabad, che chiede chiarezza su quanto accaduto.

Secondo quanto dichiarato dal cinese Global Tiimes, l’evento rappresenta una possibile minaccia anche per la Cina, che si trova impegnata in una disputa territoriale lungo il confine sino-indiano nella regione del Ladakh. Domenica 13 marzo i funzionari dei due paesi si sono incontrati per il quindicesimo round di colloqui per trovare un accordo che, secondo gli analisti, potrebbe finalmente calmare le acque. Gli scontri, che hanno origine nel conflitto del 1962, sono ricominciati nell’estate del 2020 e da allora nessuna delle due parti sembrava disposta a scendere a compromessi. Ora la maggior parte delle truppe è stata allontanata dalla zona degli scontri. Inoltre, i rappresentanti hanno promesso “di mantenere la sicurezza e la stabilità sul terreno e di mantenere il dialogo attraverso i canali militari e diplomatici per raggiungere al più presto una risoluzione reciprocamente accettabile delle questioni rimanenti”: un messaggio di distensione, ma ancora senza basi definitive per la risoluzione della crisi.

Ricerca scientifica, la Cina supera gli Stati Uniti per numero di pubblicazioni

A inizio marzo è stato pubblicato uno studio sullo stato della ricerca scientifica nel mondo. Il risultato del lavoro, pubblicato sulla rivista Scientometrics, dimostrerebbe una rapida ascesa della Cina nel campo della ricerca. Tra gli indicatori utilizzati, i ricercatori hanno guardato sia agli elementi quantitativi (numero di pubblicazioni) che qualitativi (quante volte tali pubblicazioni vengono citate in altre ricerche). Si è scoperto quindi che l’1,67% degli articoli scientifici di autori cinesi rientrava nell’1% degli articoli “più importanti e citati”, rispetto all’1,62% delle pubblicazioni di autori statunitensi.

I dati non dimostrerebbero ancora un sorpasso della Repubblica Popolare nella ricerca accademica in termini qualitativi assoluti, ma pongono le basi per dimostrare che l’intervento del Governo sta avendo i suoi effetti. Tuttavia, ribattono alcuni degli esperti coinvolti nella ricerca, le pressioni politiche e la riduzione degli scambi con realtà internazionali potrebbero invertire questa tendenza.