I titoli della rassegna di oggi:
– Hong Kong: La Corte d’Appello conferma la squalifica dei due deputati localisti
– Chiusi i gruppi WeChat pro-Castro -Cina: aumento verticale di attacchi hacker
– Pechino sfida Tokyo con una linea maglev in grado di collegare Pechino e Shanghai in 2 ore
– Il governatore di Jakarta in tribunale con l’accusa di blasfemia
– Dall’Onu nuove sanzioni alla Corea del Nord
– Disastro di Fukushima più esoso del previsto Hong Kong: La Corte d’Appello conferma la squalifica dei due deputati localisti
I due deputati filo-indipendenza eletti a settembre, Yau Wai-ching e Baggio Leung Chung-hang, hanno perso in appello nel tentativo di ribaltare la decisione dell’Alta Corte che nelle scorse settimane ne aveva richiesto la squalifica a causa del comportamento oltraggioso mantenuto durante il giuramento necessario a formalizzare il loro ingresso in parlamento. Il responso del tribunale di Hong Kong era stato anticipato da un’interpretazione delle leggi locali da parte di Pechino, preoccupato per l’ascesa in politica di nuove figure ostili. Secondo quanto affermato dalla Corte d’Appello, l’interpretazione del governo cinese ha valore retroattivo. Il che potrebbe mettere a rischio il futuro di tutti quei parlamentari colpevoli di avere pronunciato la formula di insediamento in maniera non conforma a quanto stabilito dall’interpretazione di Pechino. Nel rispondere alle contestazioni dell’avvocato difensore di Leung i giudici hanno dichiarato che sarebbe «arrogante e ignorante» decidere come deve funzionare il diritto cinese sotto «un paese due sistemi».
Chiusi i gruppi WeChat pro-Castro
La censura cinese ha chiuso dei gruppi online che parlavano troppo positivamente di Fidel Castro. Erano gruppi nati sul servizio di messaggistica istantanea WeChat, cioè praticamente il Wahtsapp cinese, ma molto più evoluto di Whatsapp. I gruppi di discussione politica che sono stati chiusi su WeChat si chiamano «Salone dell’Ideologia», «La via Costituzionale», «Il Vento e la Pioggia», «L’Oriente sta sorgendo», «Consenso» e «Verso una Repubblica». E allo stesso tempo, i moderatori di questi gruppi, che si chiamano Tang Zhe e Ha Zehong, hanno perso i privilegi per fare i moderatori dei gruppi online. In pratica le chiusure sono avvenute dopo una vera e propria ondata di elogi on-line per la Cuba di Castro, che ha probabilmente irritato le autorità cinesi. Sapete che Castro si è sempre opposto al modello cinese di capitalismo di mercato, che ora è più o meno quello che ci si attende da Cuba dopo la sua morte. Evidentemente gli elogi del leader cubano sono stati visti come una critica indiretta alle scelte della Cina da Deng Xiaoping in poi.
Aumento verticale di attacchi hacker contro aziende cinesi
Negli ultimi due anni le aziende di Cina continentale e Hong Kong hanno assistito ad un aumento verticale di attacchi hacker: un più 969 per cento nel periodo 2014-2016, ovvero una media di più di 7 incursioni al giorno. Una trend che va in senso opposto rispetto al calo del 3 per cento registrato nello stesso arco di tempo a livello mondiale. Secondo PwC la ragione è da ricercarsi nella rapida espansione dell’industria IoT (internet of things) i cui dispositivi sono più facile preda di cyberattacchi.
Pechino sfida Tokyo con una linea maglev in grado di collegare Pechino a Shanghai in 2 ore
E’ testa a testa tra Cina e Giappone nella costruzione di progetti ferroviari avveniristici. Ad appena otto mesi dal test giapponese di un treno a levitazione magnetica in grado di superare i 600km/h, Pechino ha annunciato di avere in cantiere un progetto molto simile. Secondo quanto riportato pochi giorni fa dal People’s Daily, una linea maglev permetterà di tagliare i tempi di percorrenza tra Pechino e Shanghai a 2 ore e mezza. Il treno superveloce attualmente funzionante ne impiega circa 5. Negli ultimi tempi la competizione tra i due paesi asiatici si è spostata oltre i confini nazionali: mentre la Cina ha battuto il Giappone aggiudicandosi la costruzione della linea Jakarta-Bandung, a Tokyo è andato l’appalto per la ferrovia Bangkok-Chang Mai.
Il governatore di Jakarta in tribunale con l’accusa di blasfemia
Il governatore di Jakarta Basuki Tjahaja Purnama dovrà rispondere in tribunale dell’accusa di blasfemia. Lo ha annunciato quest’oggi l’authority incaricata di consigliare il governo indonesiano sulle questioni relative alla legge. Secondo quanto affermato dal vice procuratore Noor Rachmad, Basuki avrebbe violato le clausole 156 e 156 (a), del codice penale relative ai reati di blasfemia. Sebbene non sia stata annunciata una data precisa, l’Attorney- General’s Office si starebbe adoperando affinché «le accuse per il caso vengano preparate e completate al più presto». Se ritenuto colpevole, Basuki rischi fino a 5 anni di detenzione. Governatore di Jakarta dal 2014 e fino a poco tempo fa favorito per un secondo mandato alle elezioni di febbraio, il politico è finito nell’occhio del ciclone a settembre per aver criticato la strumentalizzazione di un passo del Corano per osteggiare la sua nomina in quanto non-musulmano. Parte delle critiche nei suoi confronti sono infatti dovute al fatto che il politico non solo è cristiano ma è anche di etnia cinese; un mix che ha riacceso le frange radicali della popolazione. Il 4 novembre 100mila persone sono scese in strada in segno di protesta. Nuove e più consistenti manifestazioni di piazza sono attese per venerdì.
Dall’Onu nuove sanzioni alla Corea del Nord
Quest’oggi il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dovrebbe pronunciarsi su una nuova tornata di sanzioni contro la Corea del Nord, colpevole di aver sfidato la comunità internazionale con un quinto test nucleare lo scorso settembre. Pyongyang è sotto sanzioni dal 2006, nonostante ciò ha continuato ha sbizzarrirsi con test missilistici e atomici, mentre la Cina è rimasta l’unico Paese ad acquistare ancora carbone nordcoreano, una delle principali fonti di valuta forte per il regime di Kim Jong-un. Le nuove sanzioni dovrebbero mantenere le esportazioni di carbone nordcoreano a 400,9 milioni di dollari, ovvero 7,5 milioni di tonnellate metriche l’anno, a partire dal 1 gennaio. Nel corso dei primi 10 mesi di quest’anno, la Cina ha importato 18,6 milioni di tonnellate di carbone dalla Corea del Nord, quasi il 13 per cento in più rispetto al 2015. Il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato di sperare che le nuove sanzioni riescano a mandare un messaggio «chiaro» al Regno Eremita.
Disastro di Fukushima più esoso del previsto
I costi del disastro nucleare di Fukushima, del 2011, rischiano di arrivare a 22,6 trilioni di yen (cioè oltre 200 miliardi di dollari), e cioè più del doppio di una stima precedente. Lo dice una fonte dello stesso governo giapponese. Nel 2013, il ministero dell’industria del Giappone aveva stimato che il disastro sarebbe costato circa 11 trilioni di yen (un po’ meno di 100 miliardi di dollari), comprendendo le compensazioni per chi era stato costretto a lasciare la sua casa o aveva perso i mezzi di sussistenza, la decontaminazione dalle radiazioni e la disattivazione della centrale nucleare di Fukushima. Tre reattori andarono in fusione dopo il terremoto di magnitudo 9 che nel marzo 2011, provocò uno tsunami che devastò gran parte della costa nord-orientale del Giappone. I morti sono stati 19mila.