I titoli della rassegna di oggi:
– Concessa amnistia agli evasori: Delhi accumula 10 miliardi di dollari
– Le frizioni tra Pakistan e India contagiano l’industria cinematografica
– Galaxy Note 7 ritirato dal mercato ma non in Cina: Pechino accusa la Samsung di discriminazione
– La diminuzione dei lavoratori migranti influenza l’industria degli spaghetti istantanei
– Cresce il mercato nero dei domestici filippini: oltre 200mila lavorano illegalmente in Cina
Concessa amnistia agli evasori: Delhi accumula 10 miliardi di dollari
Un’amnistia di quattro mesi ha permesso agli evasori di dichiarare le somme occulte senza rischiare di essere perseguiti legalmente. 10 miliardi di dollari è la somma accumulata dalle autorità di Delhi dal lancio dell’Income Declaration Scheme lo scorso giugno, che permette al governo indiano di tassare del 45 per cento gli asset dichiarati nei quattro mesi. Il che implica entrate pari a 294 miliardi di rupie. L’iniziativa è dichiaratamente ispirata a un piano varato nel 1997, grazie al quale furono riscossi 97,6 miliardi. Secondo gli ultimi dati, soltanto il 4 per cento della popolazione indiana in età adulta paga regolarmente le tasse. Proprio la lotta all’evasione era comparsa tra i capisaldi del manifesto elettorale di Narendra Modi nel 2014.
Le frizioni tra Pakistane India contagiano l’industria cinematografica
Il Pakistan ha bandito il cinema indiano dalle principali sale del paese. La campagna di boicottaggio, annunciata a Lahore, Karachi e Islamabad, arriva a pochi giorni dall’annuncio con cui giovedì la Indian Motion Picture Producers Association, consorzio di filmmaker del subcontinente, ha bandito gli attori pakistani da Bollywood. I distributori pakistani hanno dichiarato che il divieto deriva da un’iniziativa «spontanea» e che rimarrà in vigore per almeno 2 settimana, o sino a quando le relazioni tra i due vicini asiatici non saranno tornate alla normalità. La situazione nel Kashmir è degenerata in seguito all’attacco sferrato il 18 settembre contro la base militare indiana di Uri da miliziani che Delhi ritiene vicini al governo di Islamabad.
Galaxy Note 7 ritirato dal mercato ma non in Cina: Pechino accusa la Samsung di discriminazione
Tempi duri per la Samsung, finita nell’occhio del ciclone dopo alcuni casi di esplosione della batteria del Galaxy Note 7. Il prodotto difettoso è stato richiamato in diversi paesi ma non in Cina, dove anzi precedentemente si era detto che il phablet sarebbe stato dotato di 6GB di RAM -anziché 4GB come altrove- per invogliare gli acquisti. La Samsung ha dichiarato di utilizzare diversi fornitori e che il problema è stato causato solo da uno dei componenti dei fornitori non incluso negli smartphone spediti in Cina. Eppure anche nel Paese di Mezzo non sono mancati incidenti, un fatto che ha suscitato indignazione sul web e persino sui media statali, che hanno accusato la compagnia sudcoreana di «discriminazione». Nella città di Chengdu un ufficio governativo ha persino vietato ai propri dipendenti di acquistare lo smartphone. L’azienda ha chiesto scusa, ma un ritiro del prodotto è un’eventualità che avrebbe costi troppo alti. Risentendo della competizione con la Appple, la Samsung ha perso una notevole fetta del mercato cinese, passando dal 12,8 dello scorso anno all’attuale 7,7 %.
La diminuzione dei lavoratori migranti influenza l’industria degli spaghetti istantanei
Tra il 2003 e il 2008 l’industria degli spaghetti istantanei (fangbianmian) è passata da 4,2 miliardi di dollari a 7,1 miliardi, ma negli ultimi tempi il rallentamento dell’economia non ha risparmiato neanche il settore alimentare. All’inizio di settembre Tingyi, principale produttore di noodles in scatola, è stato rimosso dall’Hang Seng Index di Hong Kong, dopo un calo dei profitti del 60%, mentre le vendite dei fangbianmian sono scese per il quarto anno di fila. Un trend che rispecchia il cambiamento della società cinese. Gli spaghetti istantanei sono stati per anni appannaggio dei lavoratori migranti in continuo spostamento. Ma ora, con la chiusura delle fabbriche e il ritorno verso i villaggi d’origine, stanno cambiando le abitudini alimentari non più così frugali. Inoltre, grazie all’aumento dei salari ora gli operai cinesi sono diventati più esigenti e se devono spendere preferiscono rivolgersi alle consegne a domicilio o ai marchi sudcoreani di più alta qualità.
Cresce il mercato nero dei domestici filippini: oltre 200mila lavorano illegalmente in Cina
I ricchi cinesi cominciano a preferire le colf filippine alle ayi, le domestiche locali un po’ ruspanti e agé. Le filippine sono preferibili per la loro professionalità nonché per il loro doppio ruolo di donne di servizio e insegnanti di inglese per i rampolli delle famiglie agiate. Mentre l’assunzione di domestici stranieri è vietata dalla legge cinese, in realtà sono oltre cento le agenzie registrate sul sito della China Filipino DH Association incaricate di reclutare lavoratori dal paese del Sudest asiatico. Risultato: oltre 200mila filippini – molti provenienti da Hong Kong – lavorano illegalmente nella mainland, con visti business o turistici. Questo li espone a possibili detenzioni, multe e all’impossibilità di chiedere l’aiuto della giustizia in caso di maltrattamenti, come invece avviene a Hong Kong.