In Cina e Asia — Cina-Usa: Trump pianifica un “attacco multiplo”

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Le promesse con cui Xi Jinping ha preannunciato una graduale apertura del mercato cinese e una riduzione delle tariffe sull’import, non bastano a placare Trump. Il presidente americano ha infatti al vaglio un attacco multiplo che smentisce le rassicurazioni delle scorse ore: secondo fonti della Casa Bianca, la minaccia dei dazi da 100 miliardi sul Made in China è reale e una lista dettagliata dei prodotti potrebbe essere resa nota già all’inizio della prossima settimana. Stavolta le tariffe potrebbe colpire beni di consumo come cellulari e vestiti arrivando a interessare il 30% dell’export cinese negli States. Al contempo, il Dipartimento del Tesoro sta lavorando a una serie di restrizioni da applicare agli investimenti cinesi (acquisizioni, joint venture e quant’altro) nel settore della tecnologia come contromisura alla politica dei sussidi con cui Pechino sta potenziando i propri “campioni nazionali” nei segmenti industriali compesi nel piano Made in China 2025. Stando al Wall Street Journal, il piano dovrebbe essere pronto per giugno. E’ in questo contesto che si inserisce un possibile ritorno di Washington nella Trans-Pacific Partnership. Il presidente ha già dato istruzioni a Larry Kudlow, direttore del National Economic Council, e Robert Lighthizer, Trade Representative, “di negoziare un rientro”. Cosa centra con i dazi contro Pechino? “Se gli agricoltori americani dovessero perdere un po’ di accesso alla Cina, avremmo bisogno di aumentare l’ingresso in qualche altro posto: attraverso la TPP, il Giappone e i paesi dell’area Asia-Pacifico offrirebbero nuovi mercati”, spiega Eric Farnsworth, vicepresidente del Council of the Americas.

Pechino avverte Taiwan con le esercitazioni navali più estese di sempre

Nella giornata di ieri, il presidente Xi Jinping in persona ha presieduto le esercitazioni navali più massicce mai realizzate dalla Cina. Secondo le immagini trasmesse dalla China Central Television, Xi si è imbarcato sul cacciatorpediniere Changsha prima di dirigersi verso una località non specificata nel Mar Cinese Meridionale per assistere alla operazioni, che hanno coinvolto — oltre alla portaerei Liaoning — più di 10.000 soldati, 76 aerei da combattimento e una flottiglia di 48 navi da guerra e sottomarini. Le esercitazioni arrivano a pochi giorni da un altro sfoggio di muscoli della marina sempre in prossimità dell’isola di Hainan dove Pechino tiene parcheggiati i propri sottomarini. Un avvertimento diretto agli Strati Uniti, presenti a inizio settimana nelle acque contese con la portaerei Theodore Roosevelt, ma soprattutto a Taiwan. Come annunciato ieri, il 18 aprile la Cina terrà esercitazioni navali nello Stretto di Formosa per la prima volta in due anni. Ulteriore segno dell’inesorabile declino dei rapporti con il governo filoindipendentista di Tsai Ing-wen. Tra agosto 2016 e dicembre, Pechino ha condotto 25 operazioni aerei intorno a Taiwan. In tutta risposta, venerdì Tsai si è imbarcata sul cacciatorpediniere Kee Lung per supervisionare le operazioni di difesa contro un ipotetico attacco al porto nord-orientale dell’isola di Suao.

Primo rapporto sulle confessioni forzate

Le confessioni forzate non sono soltanto — come dice la parola stessa — estratte con la forza, ma anche con l’inganno. E’ quanto emerso da un rapporto della Ong Safeguard Defenders che ha preso in esame 45 confessioni trasmesse pubblicamente sulla televisione di stato cinese dal 2013 a oggi. Secondo le testimonianze, di Peter Humphrey, dell’ex investigatore britannico arrestato in Cina nel 2013, e dell’attivista svedese Peter Dahlin, la prassi prevedeva l’apprendimento mnemonico del testo consegnati dalle autorità per ore. A volte le autocritiche venivano filmate più volte se la performance non era considerata soddisfacente, mentre il setting poteva variare dalla prigione a situazioni più naturali. In diversi casi agli arrestati era stato assicurato che le registrazioni sarebbero state consegnate soltanto ai giudici e mai rese pubbliche. “Mi hanno imbrogliato molto chiaramente”, spiega Humphrey. A indignare la comunità internazionale è sopratutto il fatto che le confessioni vengano quasi sempre trasmesse prima di una condanna formale, in violazione della legge cinese che — in teoria — riconosce la presunzione di innocenza. Safeguard Defenders ha chiesto l’imposizione di sanzioni contro i dirigenti della CCTV, incluso il congelamento dei beni e il divieto di espatrio.

Boom del mattone a Pyongyang

Sembra incredibile ma anche a Pyongyang il mercato immobiliare è in via di sviluppo. Secondo alcuni esperti la dirigenza politica del regno eremita starebbe infatti puntando sull’edilizia e la proprietà privata per aumentare il gettito nelle casse di uno stato sottoposto a sanzioni economiche pesanti dopo le provocazioni balistiche degli ultimi anni. C’è una classe sociale emergente che ha liquidità da spendere e può favorire il consolidamento di una economia di mercato, per ora solamente informale, destinata forse a cambiare il volto della Corea del Nord.