300 milioni di fumatori. Più del doppio subiscono il fumo passivo. Oltre un milione di persone muoiono ogni anno per patologie legate al fumo. Così a Pechino scatta oggi il divieto di fumo in luoghi chiusi e aperti. La Cina potrebbe istituire una ADIZ (Air Defense Identification Zone) nel Mar Cinese Meridionale. Sempre più giudici si licenziano e scelgono la carriera da avvocato nel settore privato. L’“insulto alla pechinese”: un coro da stadio che, nato tra i tifosi del Guo’an di Pechino. L’India sta strapazzando la Cina per il secondo trimestre assestandosi a una crescita del 7,5 per cento. CINA – Divieto di fumo a Pechino
In Cina ci sono 300 milioni di fumatori, più di tutta la popolazione degli Stati Uniti. Altre 740 milioni di persone, si stima, subiscono il fumo passivo. Oltre un milione di persone muoiono ogni anno per patologie legate al fumo.
Da oggi scatta proprio a Pechino il divieto di fumare non solo al chiuso di locali pubblici, uffici e mezzi di trasporto, ma anche all’aperto, nei pressi di scuole e ospedali. Ma non è la prima volta che ci provano, con il divieto, senza ottenere grandi risultati. L’ultimo precedente nel 2008, ai tempi delle Olimpiadi. L’agenzia Nuova Cina riporta un sondaggio secondo cui solo il 17 per cento degli intervistati crede che il divieto funzionerà. Si sa che in Cina le leggi sono tante, il problema è farle rispettare.
Mar Cinese Meridionale: parla la Cina
L’ammiraglio Sun Jianguo ha parlato al meeting sulla sicurezza di Singapore, annunciando che la Cina potrebbe istituire una ADIZ (Air Defense Identification Zone) nel Mar Cinese Meridionale, “se ritenesse di dover fronteggiare un pericolo abbastanza grande”. Pechino ha creato un’altra ADIZ nel Mar Cinese Orientale nel 2013 che, in teoria, prescrive a ogni aereo che la sorvoli di identificarsi con le autorità cinesi. I voli militari Usa non hanno mai rispettato l’ingiunzione, mentre le compagnie aeree private si sono adeguate. Nel frattempo, il ministero della Difesa cinese ha emesso un suo comunicato che rintuzza le critiche espresse dagli Usa sulla politica cinese nell’area. Pechino ritiene che le proprie costruzioni negli atolli contesi siano legittime, afferma che non esiste e non esisterà nessun problema per la libertà di navigazione e insiste sulla risoluzione bilaterale di ogni disputa con gli altri Paesi dell’area, specificando che gli Usa non c’entrano niente con il Mar Cinese Meridionale. Nel frattempo, il segretario alla Difesa Usa, Carter, era in Vietnam cercando di stringere più saldi rapporti militari con l’ex nemico. L’impressione è che la contesa nell’area sia sempre più un affare sino-americano.
CINA – I giudici si licenziano
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Mentre la Cina cerca di riformare il proprio sistema giudiziario, sempre più giudici si licenziano e scelgono la carriera da avvocato nel settore privato. All’origine del malcontento, le pessime paghe e le eccessive pressioni che subiscono nel sistema controllato dal Partito (detta altrimenti, la poca indipendenza di cui godono). Le autorità stanno cercando di correre ai ripari, aumentando le paghe (+10 per cento a Shenzhen) e scoraggiando le intrusione della burocrazia di Stato e di Partito nel lavoro dei giudici. La Cina sta vivendo un passaggio difficile, presa tra la necessità di rendere più giusto ed efficiente il sistema legale e la volontà di riaffermare il controllo del Partito. Le malelingue dicono che i giudici se ne vanno perché, con la riforma del sistema, ci sono meno occasioni di incassare mazzette.
CINA – Ultras alla cinese
Si chiama “insulto alla pechinese” ed è un coro da stadio che, nato tra i tifosi del Guo’an di Pechino, si sta diffondendo anche nel resto della Cina. La parola chiave è “shabi”, che in italiano tradurremmo come “cazzone” o “coglione”, ma che di fatto è la versione letterale cinese dell’inglese “stupid cunt”. Allo stadio, a Pechino, è tutto un fiorire di “sha bi”: contro i giocatori avversari e perfino contro i propri, quando sbagliano. Se la squadra ospite effettua una sostituzione, tutto lo stadio grida “se un sha bi sostituisce un sha bi, sarete sempre più sha bi”. E così via.
A Shanghai, l’insulto in puthonghua (il dialetto del nord che è divenuto lingua nazionale) sta ormai sostituendo il tradizionale “maiale” scandito nella lingua locale, chiaro indizio di colonizzazione culturale. E il fenomeno inquieta così tanto le autorità, che il Dipartimento di Civiltà Spirituale (esiste) del Partito, ha deciso di presidiare la partite del Guo’an in mezzo agli ultras, sia in casa, sia in trasferta. A ogni tifoso, viene consegnato un sacchetto dell’immondizia con lo slogan: “Lavati la bocca durante la partita e poi porta via la tua spazzatura”.
INDIA – Crescita irresistibile?
Secondo le cifre divulgate dal governo federale di New Delhi, l’India sta strapazzando la Cina per il secondo trimestre assestandosi a una crescita del 7,5 per cento nel primo trimestre del 2015, terminato lo scorso marzo. I dati alimentano la frenesia collettiva per l’India nuova (di nuovo!) potenza economica alle calcagna del gigante cinese, ma molti analisti notano come il nuovo metodo di conteggio del Pil introdotto dal governo Modi all’inizio di quest’anno – "più in linea con gli standard internazionali" secondo New Delhi – in realtà mistifichi i dati relativi all’effettiva situazione dell’economia indiana. Se la crescita del Pil appare irresistibile, infatti, altri indicatori come la crescita della produzione industriale (sotto il 3 per cento, in rallentamento) e le esportazioni ferme al palo mostrano che il boom, nel subcontinente, si sta facendo ancora attendere.
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