Il futuro delle criptovalute asiatiche

In Asia Orientale, Economia, Politica e Società, Sud Est Asiatico by Redazione

La natura fortemente decentralizzata delle criptovalute costituisce un serio problema nei confronti della stabilità dell’autorità monetaria dello Stato in generale, non solamente per quello cinese, più centralizzato di altre economie asiatiche. Dallo Yuan digitale al Bakong, come si muovono i governi della regione. UN ESTRATTO DAL NOSTRO ULTIMO MINI E-BOOK IN CINA E ASIA 2022

Il 2009 non è stato solo l’anno della Grande Crisi, bensì anche l’anno in cui, usando lo pseudonimo Satoshi Nakamoto, è stato pubblicato l’articolo “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”; in questo white paper veniva spiegato cosa fosse e come funzionasse la prima criptovaluta al mondo, il Bitcoin. Parecchie cose sono cambiate da quel giorno, ma procediamo con ordine. Anzitutto, occorre specificare che il funzionamento delle criptovalute dipende dalla blockchain: una catena crittografica di informazioni che permettere non solamente di tenere traccia degli scambi tra persone, ma anche di garantire l’inviolabilità delle transazioni trascritte al suo interno. In sostanza, di tratta di un libro mastro digitale a prova di manomissione.

Con “Peer-to-Peer” ci si riferisce al particolare sistema crittografico della blockchain, che rende gli utenti parte fondamentale dell’inviolabilità del libro mastro, in quanto nel momento in cui avviene una transizione di criptovaluta, il sistema controlla tra la blockchain distribuita identicamente tra tutti gli utenti per accertarsi che anche a loro risulti che la persona la quale sta trasferendo quel coin ne sia effettivamente il proprietario e raggiungere un “consenso” (si veda il c.d. “Problema dei generali bizantini”). Una volta che il sistema, nella forma di smart contract, ovvero funzioni informatiche che possono assumere la forma di negozi contrattuali, si è assicurato la legittimità dello scambio, quest’ultimo avviene. Legittimità intesa non nel senso di legale, bensì come legittima in base a quella prova del consenso menzionato in precedenza. Le monete virtuali, in effetti, hanno ancora corso legale forse in due o tre Paesi in totale e dunque l’accettazione come mezzo di pagamento è su base volontaria (Consob). Avere corso legale significa che lo Stato ritiene quello strumento come valido strumento legale all’interno del proprio territorio e una persona non può rifiutare un pagamento che avviene attraverso quello strumento.

Uno dei trend che si possono riscontrare in Asia orientale è quello della lotta alle monete virtuali; la Cina, infatti, ha da tempo iniziato una battaglia contro le criptovalute, battaglia culminata nel divieto dell’estate 2021 di qualunque transazione di monete virtuali che non siano lo e-yuan (il renminbi digitale emesso dalla Banca Centrale). PER CONTINUA A LEGGERE L’ARTICOLO RICHIEDI IL NOSTRO MINI E-BOOK 

Di Alessandro Vesprini*

*Università La Sapienza, Geopolitica.info