I fronti di Xi: tè con Macron e fuoco vivo nello Stretto di Taiwan

In Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

Pechino coccola Parigi, ma appena ripartito il presidente francese lanciate esercitazioni militari intorno a Taiwan. 72 ore con manovre di accerchiamento e pattugliamenti speciali. Lunedì test a fuoco vivo dall’isola di Pingtan, da dove lo scorso agosto furono lanciati missili 

Sorseggiando tè con Emmanuel Macron nel Pine Garden di Guangzhou, Xi Jinping non intende lasciarsi disturbare. Nemmeno dall’incontro fra Tsai Ing-wen e Kevin McCarthy. Non c’è apparentemente spazio per Taiwan mentre il presidente cinese prova a riavviare i rapporti con l’Europa. Con successo, quantomeno sul fronte francese. Xi ha riservato a Macron un trattamento da grande leader, immagine in contrasto con quanto accade a Parigi e dintorni, ma anche da amico. Tappeti rossi, accordi economici e disponibilità a “sostenere proposte specifiche francesi per una soluzione politica alla crisi ucraina”. Dall’altra parte, Macron firma una dichiarazione congiunta che conferma tutti gli impegni bilaterali, slegando di fatto il conflitto alle relazioni: il grande desiderio di Xi.

Nella tre giorni di visite europee, Taiwan è stata citata solo durante la conferenza stampa solitaria di Ursula von der Leyen, che giovedì aveva definito “inaccettabile” qualsiasi tentativo di alterare con la forza lo status quo. Ieri è arrivata la risposta del ministero degli Esteri cinese, secondo cui Xi ha risposto alla presidente della Commissione europea che è una “pia illusione aspettarsi che la Cina scenda a compromessi sulla questione di Taiwan”.

Eppure, sino a ieri sera la reazione all’incontro Tsai-McCarthy era stata contenuta sul fronte militare, nonostante i ripetuti avvertimenti. Nella serata di ieri, però, l’agenzia di sicurezza marittima del Fujian ha annunciato esercitazioni a fuoco vivo per lunedì 10 aprile. I test saranno effettuati dall’isola di Pingtan, a circa 30 chilometri dall’arcipelago delle Matsu, amministrato da Taipei. Proprio da Pingtan, lo scorso agosto erano state lanciati alcuni missili in direzione dello Stretto durante le imponenti esercitazioni che avevano fatto seguito alla visita di Nancy Pelosi. L’agenzia fujianese che ha annunciato le esercitazioni è la stessa che sta gestendo in questi giorni le operazioni di pattugliamento speciale che prevedono ispezioni a bordo delle navi in transito in alcune aree dello Stretto. Manovre che reiterano la pretesa di sovranità della Repubblica popolare, ampliando e innovando lo spettro geografico e normativo della cosiddetta “zona grigia”.

Non sembra un caso. L’intenzione di Pechino pare quella di rendere più “interno” il discorso su Taiwan. Dopo aver normalizzato i passaggi oltre la “linea mediana” (non riconosciuta ma ampiamente rispettata fino all’anno scorso), si prova ora a “regionalizzare” anche nelle prassi operative un dossier il cui approdo nel dibattito globale dà molto fastidio al Partito comunista.

Ma sabato mattina si sono aperte le “danze”. Dopo giorni di silenzio, l’Esercito popolare di liberazione ha annunciato tre giorni di esercitazioni militari e pattugliamenti speciali per testare la “prontezza al combattimento”. Il colonnello Shi Yi, portavoce del Comando del Teatro Orientale, ha affermato che le operazioni denominate “United Sharp Sword”, comporterà esercitazioni di pattugliamento della polizia nello Stretto di Taiwan, “a nord e a sud di Taiwan, e nel mare e nello spazio aereo a est di Taiwan”. Non è stato specificato il luogo esatto delle esercitazioni.

Le esercitazioni si concentreranno sulle “capacità di prendere il controllo del mare, dell’aria e delle informazioni”. e serviranno come “avvertimento severo” a Taiwan e Usa. Per il momento la durata e l’estensione prevista è minore rispetto ai 7 giorni e totale accerchiamento dell’isola dello scorso agosto post Pelosi, ma anche allora l’iniziale durata prevista era minore (4 giorni).

Tra le 6 e le 11 di sabato mattina sono stati registrati 29 jet oltre la linea mediana. Se fosse rispettato il termine delle esercitazioni, si incastrerebbe il tutto perfettamente con l’agenda diplomatica di Xi: arriva a Pechino il presidente brasiliano Lula e giovedì prossimo l’alto rappresentante per gli affari esteri dell’Ue Josep Borrell.

Sul fronte politico, il governo centrale ha invece annunciato prevedibili sanzioni nei confronti della Reagan Library e dell’Hudson Institute, cioè gli istituti che hanno ospitato Tsai durante il suo doppio scalo statunitense. Sanzionata anche Hsiao Bi-khim, rappresentante di Taipei a Washington, già inclusa lo scorso anno nella cosiddetta “lista nera dei secessionisti”. Una mossa che può avere un valore simbolico per le figure politiche, ma che mira a recidere i loro rapporti con le entità economiche taiwanesi che fanno affari in Cina continentale. Forse anche per questo non è mai stata inserita Tsai, perché in quel caso si dovrebbero colpire troppe aziende, alcune con un ruolo importante anche per l’economia di Pechino.

A proposito di elezioni, una reazione contenuta di Xi avrebbe aiutato l’ex presidente taiwanese Ma Ying-jeou nel sostenere che la sua storica visita in Cina continentale (conclusa ieri) sia servita a evitare rischi maggiori. Un aiuto dunque per la linea del Guomindang, che descrive le prossime elezioni come una scelta tra guerra e pace. Senza l’eventuale lancio di missili, Ma e il Gmd potrebbero comunque provare a sostenere di aver contenuto i danni e che la responsabilità dei test ricade su Tsai e il Dpp.

Rientrata anche la presidente taiwanese, che sabato incontra il capo della Commissione affari esteri del Congresso americano, Michael McCaul. A proposito di Usa, secondo un sondaggio dell’Academia Sinica di Taipei solo il 39% dei taiwanesi vede con favore un ulteriore rafforzamento dei rapporti bilaterali.

Di Lorenzo Lamperti

[Aggiornamento di un articolo pubblicato su il Manifesto]