I distinguo cinesi sulla questione libica

In by Simone

Immediato per la Russia, urgente per la Cina, rapido per il Brasile. Aggettivi diversi per indicare un unico obiettivo cui puntano le potenze mondiali emergenti: un cessate-il-fuoco che ponga fine ai raid aerei internazionali sulla Libia e l'apertura di un dialogo politico tra il regime di Muammar Gheddafi e gli insorti che dal 17 febbraio cercano di rovesciare il quarantennale potere del colonnello. 

Il fronte libico, aperto dall'intervento franco-anglo-americano contro il raìs, ha compattato i Paesi del BRIC -Brasile, Russia, India e Cina- che, secondo il professor Srinath Raghavan del Center for Policy Research di Nuova Delhi, potrebbero guadagnare consenso dalle difficoltà dell'Occidente. Giovedì scorso nella votazione per l'approvazione della risoluzione 1973 delle Nazioni Unite, che autorizza l'imposizione di una zona di interdizione al volo sul territorio libico per proteggere i civili dai bombardamenti delle truppe del colonnello, i Paesi del Bric hanno tutti scelto la strada dell'astensione, assieme alla Germania. Russia eCina rinunciando a esercitare il proprio diritto di veto in quanto membri permanenti del Consiglio di sicurezza. 

"Siamo molto preoccupati per le notizie in merito alle vittime civili dell'azione militare in Libia”, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, “ci opponiamo all'eccessivo uso della forza militare, causa di ulteriori perdite civili e disastri umanitari”. I distinguo cinesi, e delle altre potenze emergenti, si basano su una diversa interpretazione della risoluzione rispetto a quella fatta da Parigi, Londra, Washington e dai Paesi che si sono uniti alla coalizione. 
 
L'obiettivo originale era proteggere il popolo libico”, ha spiegato Jiang. Da qui la volontà di Pechino di assecondarela richiesta di una no fly zone avanzata da Lega Araba e Unione Africana.

Ancora più esplicito è stato il commento dei media cinesi, più decisi nel criticare l'intervento militare considerato un espediente dell'Occidente -ossia degli Stati Uniti- di espandere la propria influenza nella regione. 

“Nelle recenti rivoluzioni in Medio Oriente, i governi occidentali hanno avventatamente cercato di interloquire con l'opinione pubblica e sono arrivati precipitosamente alla conclusione che Gheddafi sarebbe caduto presto”, ha scritto il quotidiano Global Times, “Ora per mantenere la propria autorità devono correre il rischio di un intervento militare”. Il giornale vicino al Partito comunista si spinge fino a chiedere al governo di “avere il coraggio” di unire tutti i Paesi contrari ai raid perché in questo momento “occupano una posizione morale più alta rispetto a chi ha violato la risoluzione”. 
Sulla stessa linea d'onda è anche Mosca. Lunedì, in quello che è sembrato un assaggio della futura campagna elettorale per le presidenziali del prossimo anno, il capo di Stato, Dmitry Medvedev, aveva offerto la propria mediazione per risolvere la crisi, ma ha dovuto anche smentire il premier Vladimir Putin che aveva parlato di “crociata” riferendosi all'intervento. D'altronde con una soluzione definita “alla cinese”, l'astensione russa ha voluto rimarcare un'apertura alle richieste occidentali e al tempo stesso sottolineare la distanza con l'interventismo nelle vicende interne degli Stati. 

E l'altro ieri, a colloquio con il suo omologo statunitense Robert Gates, il ministro della Difesa russo, Anatoly Serdyukov, ha rimarcato i dubbi di Mosca: "Purtroppo gli ultimi eventi dimostrano che nel Paese c'è stata una vera e propria offensiva che si è tradotta nell'uccisione di civili”. Nessuna interferenza negli affari interni della Libia è quanto ha chiesto anche l'India. “Nessuno, nemmeno un paio di Paesi, può prendere la decisione di cambiare un particolare regime”, ha detto il ministro delle Finanze, Pranab Mukherjee, in un incontro con i deputati a Nuova Delhi e in risposta a un ordine del giorno dei socialisti del Samajwadi Party affinché il Parlamento si esprima in una condanna degli attacchi. 
Una proposta che ha trovato l'appoggio sia dei partiti di sinistra sia dell'opposizione nazionalista del Bharatiya Janata Party. Un cessate-il-fuoco al più presto possibile è anche quanto chiede una nota del ministero degli Esteri brasiliano. Un comunicato diramato poche ore dopo la fine della visita di Barack Obama nel Paese sudamericano che punta a un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Alla fine, ha sottolineato Raghavan: “Se ci sarà una seria proposta di cessate-il-fuoco o di negoziato, i Paesi Bric interverranno a livello diplomatico”.

[Pubblicato su Il Riformista]