Siamo ufficialmente abitanti del villaggio di Bollophur, periferia di Santiniketan, periferia di Bolpur, a tre ore da Calcutta, Bengala Occidentale. Questi sono i nostri diari.
Sei seduto a gambe incrociate in salotto. Da quando vivi in India ti sei abituato agli usi locali ed hai imparato a stare seduto per terra per ore, con l’esterno del piede appoggiato contro il materasso striminzito fatto cucire appositamente dai materassai del paese.
Quando fai la doccia ti guardi i piedi e noti dei calli esterni che non hai mai avuto, gli stessi che vedi sui piedi degli indiani in treno. Le piante dei piedi lasciamo stare: ti ci puoi spegnere contro le sigarette senza sentire niente.
Fuori c’è il sole e fa caldo. Non così caldo come il mese scorso, ma fa caldo. Lo capisci vedendo la bolletta dell’elettricità, il triplo rispetto alla stagione pre-monsonica. Solo allora ti rendi conto che da tre mesi passi dal ventilatore sopra il letto al ventilatore in salotto, avanti indietro, tutti i giorni. L’ultima volta che ti sei messo una maglietta in casa non te la ricordi più.
Fuori c’è il sole e fa caldo. Vivi nella campagna del Bengala occidentale, ma sei comunque schiavo dell’energia elettrica. Fai mente locale, conti gli apparecchi elettronici attaccati alle prese della corrente: televisione, decoder del satellite, computer, caricabatterie del cellulare, frigorifero, modem.
Di mattina di solito non piove, è il momento migliore per sfruttare la rarissima stabilità della rete telefonica e completare tutta la routine giornaliera: cerca notizie, carica il pezzo, rispondi alle email. Verso mezzogiorno arrivano le nuvole, inizia ad oscurarsi tutto. Devi muoverti! Chiudi Facebook, riduci a icona Twitter, concentrati, il tempo stringe, la sigaretta te la giri dopo.
Quando la rete inizia a cadere sai che ti rimane mezzora, un’ora al massimo. E’ l’una, stai cucinando, ed improvvisamente tutto si fa buio, come fossero le sette di sera. Senti il primo tuono, lontano, abbassi il gas per non bruciare le aloo baja (patate saltate con cipolle e cumino, l’unico piatto che sai cucinare a memoria senza sbirciare il ricettario) e corri in salotto: il modem è impazzito, tutte le lucine vanno ad intermittenza. Bestemmi, in silenzio, che magari vale meno.
Alle due di pomeriggio un rombo fortissimo, come un’esplosione, ti fa prendere un colpo. Così forte, da quando è arrivato il monsone, non l’avevi mai sentito.
Assieme al tuono salta anche la luce, speri in tutto il quartiere: se è un problema di tutti magari qualcuno farà qualcosa. Tutti ti hanno messo in guardia dalle fluttuazioni della tensione elettrica, dovresti staccare tutte le prese, ma tu non l’hai mai fatto e non è mai successo niente. Il padrone di casa dice che il sistema elettrico l’ha fatto rifare nuovo all’inizio dell’anno, per questo ti chiede 500 rupie in più di affitto rispetto al precedente inquilino, un pittore iraniano.
Inizia a diluviare, in pochi minuti il giardino diventa una piscina di fango. Esci in veranda e ti sembra di essere su un’isola: attorno a te solo acqua. Sopra di te, solo acqua.
Dopo un’ora la pioggia si ferma, sale l’umidità – la stessa che ti zuppa il materasso del letto da un mese, che ci vuoi fare? – ma la corrente non torna. Strano, pensi, di solito torna sempre.
Il padrone di casa, che solitamente vive a Calcutta, è tornato a Shantiniketan per alcuni giorni. Vive nella casa a fianco la tua, vi divide solo un muro: da un lato la tua camera da letto, dall’altro il suo bagno. Alle sette di mattina (mortacci sua) lo senti sbattere la porta e tirare l’acqua.
Fortunatamente ci pensa lui a chiamare quelli dell’elettricità e pure il suo elettricista di fiducia, che dopo mezzora arriva in bicicletta, controlla l’impianto elettrico centrale e sostituisce un fusibile che si era fritto con lo sbalzo di tensione. Torna la corrente, le pale del ventilatore si rimettono in moto.
Fai un controllo generale degli apparecchi elettronici, pare funzioni tutto. Tranne il modem. Bestemmi, stavolta ad alta voce. Il modem è arrivato ieri da Calcutta, l’avevi appena installato. Fritto, bruciato. La speranza che magari sia solo un problema del cavo della corrente risulta vana. Lo devi rimandare al servizio clienti, ci pensano i tizi di un negozio di pc del paese (che l’ultima volta che hai cambiato modem – questo è, o meglio era, il secondo – lo sconosciuto incaricato di portartelo da Calcutta ci ha messo un mese).
Il giorno dopo uguale. C’è il sole e fa caldo. Alle due iniziano i primi tuoni, ma tu hai imparato la lezione. Abbassi il gas di patate, peperoni, cipolle e miele (la ricetta non è indiana, la sai a memoria, sono i tuoi sapori) e stacchi tutte le prese della corrente.
Tuono, salta la corrente, diluvio. Sei seduto a gambe incrociate in salotto, davanti al pc. Una scintilla illumina una delle prese della corrente, quella del modem.
Sorridi. Stavolta ti ho fottuto io.