Hungry Ghost Festival!

In by Simone

Da Penang (Malaysia)

Quando non c’è più posto all’Inferno, i fantasmi cinesi vengono a battere cassa sulla Terra…Hungry Ghost Festival!

Nessun incipit sembra più azzecato di questa citazione da un classico dell’orrore, il celebrato “Zombi” di George Romero. In questo caso però non si tratta di morti viventi che tornano a calcare le rotte dei vivi invadendo un centro commerciale, quanto di fantasmi, rigorosamente cinesi, che tornano sulla terra durante il Settimo Mese del Calendario Cinese (generalmente, Settembre) quando le Porte dell’Inferno si aprono sulla Terra.

Sembra esattamente la trama di un brutto film di Lucio Fulci, ma questo è il clima che si respira per le strade di una Malaysia settembrina; l’Isola di Penang, forte centro di insediamento cinese nel paese, non solo è avvolta dalla consueta calura tropicale, ma anche dai drappi colorati che ricoprono i vari palchi sotto ai quali, durante le afose serate, si svolgono cene e danze in onore del Dio degli Inferi.  Le strette vie di Georgetown, centro culturale dell’isola, riservano ancora meno spazi per il parcheggio dal momento che innumerevoli cinesi sono intenti a bruciare oggetti ai bordi delle strade: è un segno di rispetto e preocupazione per i propri defunti che potrebbero aver bisogno di attenzioni nell’aldilà.

Si possono quindi vedere bruciate curiose varianti cartacee di vestiti, coperte, addirittura villette a schiera e biciclette e naturalmente le immancabili banconote da 5 Milioni prodotte dalla Zecca Infernale. Nel frattempo, in varie parti della città, gli uomini sonnecchiano sopra e sotto i palchi allestiti per sfuggire alla morsa del caldo ed enormi quantità di cibo, soprattutto vegetariano, vengono servite su tavoli enormi per i fantasmi. Le stesse famiglie organizzano cene e convivii cui partecipano ospiti invisibili, che vengono trattati con ogni forma di rispetto.

Se quindi vi sedete di fianco a un piatto e a un bicchiere di birra pieno, non preoccupatevi: il vostro commensale è già arrivato.
Durante il settimo mese infatti le Porte dell’Inferno si aprono e gli spettri ai quali non è stato offerto il dovuto rispetto tornano sulla terra affamati e in cerca di divertimenti. Hanno colli lunghi e stretti perché non sono stati sfamati dai propri parenti o compianti abbastanza, oppure per semplice dannazione infernale di modo che non possano inghiottire il cibo facilmente.   

Dietro a tutto questo, il Dio dell’Inferno – incarnatosi in varie guise, grazie alla fantasia dei vari clan che ne impastano statue monumentali con la cartapesta – siede su un trono con la sua faccia arrabbiata, inalando il fumo che brucia dai grossi incensi che decorano gli altari, gozzovigliando tra portate di cibo, frutte e verdure ampiamente annaffiate da bottiglie di birra scura e, in casi rari ma fortunati, anche offerte di marijuana.

Per quanto colorata e inverosimile possa sembrare la descrizione di questa festa, l’ Hungry Ghost Festival, o Mese dei Fantasmi (鬼月) , rappresenta solo una delle varie tradizioni cinesi che, arrivate in Malaysia grazie alla migrazione cinese, ancora sopravvivono in tutto il loro magnifico splendore.
Questa festa è celebrata non solo in
Malaysia e Singapore, ma anche a Taiwan, in Vietnam e in Giappone, con le dovute differenze e variazioni.

A differenza della madre Cina la Malaysia, con Singapore la roccaforte Cinese del Sud Est Asiatico coniuga un forte sviluppo economico con una intensa e reverente osservanza delle tradizioni. Che non necessariamente sfociano solamente nello sfruttamento turistico. Provate a spostare uno dei piatti colmi di leccornie da uno di questi altari, e vedrete che cosa può succedere.

La Malaysia è stata colonizzata originariamente dai cinesi del sud durante il periodo dell’Impero di Malacca nel 15esimo secolo. Quando la principessa Hang Li Po sposò il sultano di Malacca, i suoi servi, nobili e amici costituirono la prima ondata migratoria che dal Fujian mise piede nel Sud Est Asiatico.  Ancora oggi è difficile capire se le credenze importate da quei primi migranti siano cambiate, ma sicuramente possiamo assistere a qualche spunto di modernità:  per divertire i defunti, i vivi organizzano spettacoli di cabaret molto rumorosi dove belle ragazze in abiti succinti ballano, cantano e fanno umorismo in onore del Dio dell’Inferno.
Quest’ultimo nella sua guisa di cartapesta, se la ride sotto i baffi dal fondo degli allestimenti.  Le prime file rimangono vuote, ma solo apparentemente. Se chiedete a uno dei tanti avventori che passano le giorante a spolverare il tempio e a portare piatti sempre più colmi in fronte al Dio dell’Inferno, vi risponderà con un tono sorpreso : “Vuoti? Ma che dici! Quelli sono i posti riservati ai fantasmi”. Incredibili vip trasparenti che hanno la possibilità di ammirare le bellezze in costume da bagno e tacchi alti da pochi metri di distanza.

Ma come tutte le feste, anche l’Hungry Ghost Festival deve terminare. D’altronde, i morti devono pur tornare a casa loro e ripopolare l’inferno, lasciando lo spazio ai vivi. E come? Nello stesso anacronistico rito del fuoco, del bruciare per offrire materialmente all’aldilà, le varie statue del Dio dell’Inferno (la più alta, in Bukit Mertajam, sfiora i cinque metri d’altezza) vengono  portate a spalla in folli processioni danzanti e infine rispedite all’inferno esattamente come ce lo immagineremmo: tra le fiamme. E vedere pire di cartapesta, banconote infernali, case di carta e piatti di cibo bruciare tra fiamme che raggiungono altezze metriche nel bel mezzo di un incrocio stradale è decisamente un’esperienza che ha del surreale. Ogni volta, sino al prossimo anno: al ritorno dei fantasmi cinesi.

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