A Itaewon, non lontano dall’ex quartier generale dell’esercito Usa a Seul, sono 154 i giovanissimi morti schiacciati dalla calca di sabato notte. Il paese sprofonda nel dolore, mentre il presidente conservatore Yoon Suk-yeol si prepara alla crisi politica
Yongsan, “collina del drago”. Bisogna partire da qui, fino al 2018 sede dello storico quartier generale dell’esercito degli Stati uniti di stanza in Corea del Sud, per capire perché il distretto di Itaewon è diventato uno dei principali centri dei festeggiamenti di Halloween in Asia orientale. E, sabato scorso, teatro di una strage con 154 giovanissimi e soprattutto giovanissime morti schiacciati dalla calca. Una delle peggiori tragedie della storia recente coreana, che oltre all’immane dolore per tante famiglie che hanno perso i loro figli rischia ora di travolgere il sistema politico del paese.
FINO A POCO più di un decennio fa, Halloween era celebrato soprattutto dagli expat. Soprattutto proprio a Itaewon, il distretto più “americano” di Seul per la vicinanza a quell’immensa base militare che nel 2019 è stata trasferita in una nuova struttura a sud della capitale. Anche se una porzione di terreno è rimasta sotto il controllo degli Usa. Nell’ultimo decennio, come accaduto in altri paesi dell’Asia orientale, sempre più cittadini locali hanno iniziato a travestirsi in occasione della notte resa celebre dagli horror hollywoodiani. Con una particolarità: a Seul, Halloween non si festeggia solo la sera del 31 ottobre, ma per una settimana intera. Già negli ultimi anni pre pandemici, Itaewon era stata presa d’assalto tanto da rendere difficile camminare per i suoi ripidi e stretti vicoli.
MA QUESTA VOLTA c’era qualcosa di più. Dopo i due anni di restrizioni pandemiche, Itaewon si apprestava a festeggiare Halloween come mai prima. Senza mascherine, senza distanziamento sociale, finalmente in totale libertà. Un paese finalmente riaperto ai turisti internazionali, una città che prova a dimenticare le inondazioni di agosto, un quartiere che intravedeva il completo rilancio dopo gli stenti causati dal Covid.
Dopo giorni di passaparola e primi assembramenti già il venerdì sera, sabato sembra davvero che tutta Seul si sia data appuntamento a Itaewon. Tranne la polizia. Quella polizia presente in massa nel 2021, con 4.600 agenti a controllare il rispetto delle restrizioni pandemiche e scannerizzare QR code. Sabato invece sono in meno di 200, impegnati soprattutto in controlli anti droga e di prevenzione di molestie sessuali. Tanti altri sono dispiegati altrove, a monitorare manifestazioni di protesta con poche decine di persone. Pochi, forse nessuno, per gestire l’immenso e continuo afflusso di persone che in meno di 24 ore porta nei vicoli di Itaewon circa 100 mila persone. Per un po’ il fiume umano si muove più o meno ordinatamente su e giù per le stradine. Si entra e si esce dai club e dai locali, si creano tante piccole correnti contrapposte. Poi, all’improvviso, succede qualcosa. Forse una parola sbagliata, forse un gesto incauto. Dall’alto spingono verso il basso, dal basso spingono verso l’alto. Sui social c’è anche chi parlerà di azione deliberata, di qualcuno che ha iniziato a spingere come se fosse una sfida, senza capire le possibili conseguenze. In basso le persone iniziano a cadere come se fossero dei pezzi di un domino. La corrente ora spinge da tutte le parti. Schiaccia e comprime, verso il suolo o le pareti del vicoletto, rivelatosi una trappola da cui qualcuno cerca di uscire arrampicandosi sui palazzi o le insegne dei locali. La corrente soffoca, senza scampo per tanti. Troppi.
IN POCHI MINUTI diventa subito chiaro che si tratta di un massacro. Gli operatori di emergenza registrano decine e decine di «arresti cardiaci», formula rivelatrice di una morte che va certificata dai medici legali. Appaiono i teli blu su file di corpi ai bordi della strada. Centinaia di persone in stato confusionale camminano lì a fianco. In tanti ancora coi travestimenti di Halloween. C’è chi è scalzo, chi cerca gli amici, chi copre gli occhi al vicino per provare a nascondere la tragedia. Le ambulanze fanno fatica ad avvicinarsi, così come ad allontanarsi verso gli ospedali. Ci vogliono ore per completare le operazioni, mentre il drammatico bilancio di vittime e feriti continua ad aumentare.
LA RINASCITA DI ITAEWON è diventata morte. Il presidente Yoon Suk-yeol dichiara una settimana di lutto nazionale. Ma il tempo del dolore è anche il tempo della rabbia. In particolare quella dei genitori che si chiedono se la catastrofe poteva essere evitata. Il ministro degli Interni, Lee Sang-min, dice che no, la tragedia non si sarebbe potuta scongiurare nemmeno con una maggiore presenza della polizia. Yoon però annuncia subito un nuovo sistema di controllo della folla in occasione di eventi non organizzati. E chiede un’indagine approfondita partendo dalle immagini delle telecamere di sicurezza. Il presidente sa che la tragedia umana rischia di confluire in una crisi politica, così come accaduto col precedente grande disastro della storia recente della Corea del Sud. Nel 2014, il naufragio del traghetto Sewol causò 304 vittime, soprattutto liceali. Le accuse di negligenza e le critiche alla risposta del governo posero i semi delle proteste di massa contro l’allora presidente Park Geun-hye, poi costretta all’impeachment nel 2017 per delle accuse di corruzione. Il modo in cui il conservatore Yoon gestirà questi giorni e settimane sarà decisivo per il futuro del suo mandato. Non sono pochi quelli che sui social già puntano il dito verso il governo centrale o quello locale. Il sindaco Oh Se-hoon è rientrato a Seul in tutta fretta interrompendo un viaggio diplomatico in Europa. Le risposte dovranno essere date anche e soprattutto a una generazione di sudcoreani che deve già fare i conti con una perdurante crisi abitativa e disuguaglianze reddituali. Ingredienti che, solo qualche settimana fa, hanno portato qualcuno a morire affogato nei mini appartamenti sotterranei portati al cinema dal film premio Oscar Parasite e ora aboliti.
IERI, INTANTO, l’esercito sudcoreano ha iniziato le manovre congiunte con gli Usa più vaste degli ultimi 5 anni. Dispiegati oltre 240 jet da guerra, previsti oltre 1600 decolli fino al 4 novembre. Obiettivo dichiarato: rafforzare la deterrenza nell’attuale contesto di tensioni con Pyongyang, che sembra pronta al primo test nucleare dal 2017 dopo i vari lanci balistici delle ultime settimane. Chissà se la strage di sabato scorso influirà in qualche modo sul calendario di Kim Jong-un. Di certo ha influito sulle misure di prevenzione del Giappone, che da domenica ha rafforzato il controllo della folla di Halloween nel distretto di Shibuya a Tokyo, mentre gli operatori ferroviari hanno chiesto agli utenti di non indossare costumi «troppo spaventosi». Sotto la “collina del drago”, intanto, si piange e ci si chiede se mai Itaewon potrà rimarginare le sue profonde ferite.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.