Gli ultimi vent’anni del sindacato cinese (seconda parte)

In by Simone

Di seguito la seconda parte del primo report del CLB pubblicato su China-Files.
Qui trovate la prima parte,
Proteggere gli Operai o Servire il Partito: Il futuro dei sindacati cinesi, buona lettura!

Un’analisi delle attività e dei metodi d’azione dell’ACFTU per la protezione dei diritti operai

L’attuale regolamentazione sulla protezione dei diritti operai, che risale al 2005, suddivide le attività dell’ACFTU in sei categorie: partecipazione in affari governativi e legislativi; coordinamento delle relazioni di lavoro; “amministrazione democratica degli operai”; supervisione dell’adempimento della “Legge sul lavoro”; controllo e prevenzione delle dispute sul lavoro; aiuto dei lavoratori in difficoltà.

Il compito di proteggere i diritti operai viene svolto soprattutto da sindacati locali-rurali o cittadini-distrettuali istituiti dal 2000; questi risutano, però, essere sottomessi alla politica dei governi locali e perciò del tutto incapaci di rispondere ai bisogni operai e di favorire l’istituzione di sindacati all’interno delle industrie. Inoltre, poichè la responsabilità di difesa degli interessi operai è stata affidata ai sindacati locali, i pochi sindacati presenti a livello delle imprese sono stati ulteriormente indeboliti e incaricati per lo più con compiti amministrativi, di ricerca o di ordine sociale e politico.

I sindacati cinesi risultano perciò essere totalmente dipendenti dal Partito e dal governo nello svolgimento delle proprie attività. La loro autonomia è stata poi ulteriormente erosa nel 2007, quando l’ACFTU sviluppò un modello di protezione dei diritti operai “dalle cinque sfacettature unificate” che definì in ordine di importanza le istituzioni responsabili delle attività dell’ACFTU: spetta al governo definire le funzioni chiave dei sindacati e amministrarne le attività.

Il Partito domina i meccanismi di salvaguardia degli interessi operai a tal punto che i sindacati locali non hanno neppure più il diritto di decidere chi e con quali metodi proteggere. Non stupisce quindi che, in un contesto come quello appeno descritto, con il pretesto di voler “ristabilire la stabilità sociale” il governo cerchi di coprire il proprio agire illegale bloccando qualsiasi tentativo degli operai di organizzarsi autonomamente a difesa dei propri diritti.

Una volontà più robusta di rispondere alle richieste degli operai è stata mostrata da alcuni sindacalisti di livello provinciale e municipale a partire dalla fine del 2007, che hanno criticato la politicizzazione delle dispute operaie, difficili da risolvere proprio perchè le cause non vengono ricercate nei rapporti interni alla fabbrica.

Al contrario, l’avvento della crisi economica mondiale ha offerto al governo e agli industriali un’ulteriore occasione per dare priorità agli obiettivi economici e politici. I sindacati dovrebbero invece preoccuparsi solo dei concreti interessi operai, sostenendo  all’interno delle fabbriche “consultazioni collettive” e “contrattazioni collettive”, queste ultime citate per la prima volta in Cina in una legislazione locale proprio nel 2008.

I numeri in termini di nuovi sindacati, contratti stipulati e di lavoratori riceventi assistenza vengono sottolineati dall’ACFTU per ribadire la propria missione a difesa dei lavoratori. In realtà però ciò che ha mosso l’ACFTU a portare avanti il processo di sindacalizzazione non è stato il desiderio di organizzare gli operai o di rispondere ai loro bisogni (tra cui soprattutto le richieste di salari più elevati e più giusti da parte dei lavoratori rurali) bensì sole considerazioni politiche. Persino il sistema contrattuale e quello delle contrattazioni collettive sono inseriti in un sistema di quote, risultando in effetti essere cerimonie ben lontane dal poter risolvere il disequilibrio di potere all’interno delle fabbriche che è alla base della violazione dei diritti degli operai.

L’inadeguatezza delle azioni del Sindacato cinese è testimoniata ad esempio dal fatto che dal 1997 al 2007 130 milioni di operai immigrati dalle campagne hanno visto il livello dei loro salari stagnare o perfino diminuire; i ritardi nelle retribuzioni salariali rimangono la norma. Nonostante il livello del salario minimo sia stato progressivamente innalzato da molti governi locali su base annuale invece che ogni due anni come suggerito dalle autorità centrali, questo miglioramento “sulla carta” non ha portato alla riduzione delle differenze nel livello di benessere tra operai immigrati e residenti cittadini.

L’ACFTU ha attivamente provveduto a pagare arreatrati, ma nel complesso esso manca di fondi e di ufficiali qualificati.

Conlusioni e raccomandazioni del CLB
Nonostante nel 2008 siano state promulgate nuove leggi per il rinforzamento della protezione dei diritti degli operai, non emerse un movimento sindacalista forte. Il presente rapporto ha mostrato che le ragioni della presenza in Cina di un sindacato, che è essenzialmente un’organizzazione caritatevole dipendente dal Partito, sono:

L’incomprensione della natura delle dispute sul lavoro e quindi il fallace approccio ad-hoc del governo e dell’ACFTU per la risoluzione di queste;
L’attenzione posta dall’ACFTU sul lavoro dei sindacati di livello locale e provinciale (i cui compiti spesso alleggeriscono le responsabilità dei governi locali) piuttosto che sui sindacati interni alle aziende;
Il dominio dell’amministrazione aziendale nella gestione dei sindacati interni alle aziende, che impedisce a questi ultimi di promuovere contrattazioni collettive in forma bottom-up e mira soltanto a raggiungere quote predefinite;

Il ruolo dell’ACFTU di assistenza del governo nella governance sociale per assicurare la stabilità sociale e rafforzare la legittimità del PCC.

Al fine di promuovere l’istituzione di sindacati d’impresa eletti democraticamente e lo sviluppo di negoziazioni collettive all’interno delle fabbriche, CLB sottolinea la necessità di ristabilire il diritto costituzionale allo sciopero e ribadisce l’appartenenza dei rapporti lavorativi alla sfera della società civile, i quali non devono essere sottoposti nè al controllo delle autorità governative nè a quello delle amministrazioni d’azienda. Le attività di ricerca e provvisione finanziaria dei lavoratori in difficoltà svolte dai sindacati locali dovrebbero quindi essere affidati nuovamente ai governi locali; i sindacati distrettuali e cittadini dovrebbero essere aboliti in quanto inutili nella protezione degli operai.

Infine, l’ACFTU dovrebbe offrire una rappresentazione legale gratuita per gli operai nei processi civili, sul modello del “Labour Rights Litigation Project” portato avanti negli ultimi sei anni da CLB.

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[foto da http://chinastudygroup.net]