Giustizia implacabile. Ma davvero giusta?

In by Gabriele Battaglia

In Cina, è tempo di sentenze: emesse ed eseguite. Il povero come il "principino". Certo, la rete si è accorta di una certa iniquità: iniezione letale per un Xia Junfeng, pena di morte sospesa per il potente di turno. Capito che aria tira, ecco allora un’altra condanna eccellente: per il "principino" Li Tianyi, colpevole di stupro. Mercoledì scorso, è stato giustiziato il 37enne Xia Junfeng, un venditore ambulante di carne alla griglia che nel 2009 aveva ucciso due “chengguan”, i poliziotti municipali odiati da molti cinesi a causa dei loro metodi non convenzionali.

Nel maggio del 2009, nella città nord-orientale di Shenyang, i due sequestrarono merce e carretto a Xia, che non aveva la licenza, lo portarono al commissariato e si chiusero con lui in una stanza per “interrogarlo”. L’ambulante li ammazzò entrambi con un coltello per la carne che teneva nascosto. L’uomo ha sempre sostenuto in seguito che prima di reagire fosse stato picchiato selvaggiamente.

Nonostante appelli e controappelli, una moglie che è diventata nel frattempo attivista per i diritti umani e un figlio 12enne che ha commosso mezza Cina diffondendo disegni che raccontano la storia di suo padre, Xia è stato quindi giustiziato con un’iniezione letale.

La Rete cinese si è immediatamente e spontaneamente riempita di indignazione e rabbia. Sul social network Weibo, il nome di Xia Junfeng è da qualche giorno il più ricercato e quello su cui si incentra la maggior parte dei post che, volendo sintetizzare, accusano la giustizia cinese di colpire solo gli ultimi, avendo invece un occhio di riguardo per ricchi e potenti.

Molti si chiedono per esempio perché un povero venditore ambulante sia stato giustiziato mentre Gu Kailai – la moglie di Bo Xilai, riconosciuta colpevole per l’omicidio premeditato del cittadino britannico Neil Heywood – sia stata invece condannata alla “pena di morte sospesa”: un’istituzione tutta cinese che di fatto significa l’ergastolo. Perché lei è una potente e lui no, è la versione che va per la maggiore e che fa montare ulteriore rabbia.

Sarà forse per questo che il Global Times strilla oggi a tutta pagina un’altra notizia giudiziaria: Li Tianyi, 17 anni, è stato condannato in prima istanza a dieci anni di reclusione per avere violentato una donna, chiamata “Yang” (nome fittizio), in un hotel di Pechino. Il fatto era avvenuto il 17 febbraio scorso e la sentenza ha tenuto conto della minore età dell’imputato.

Ora, capita che Li Tianyi sia figlio di Li Shuangjiang e Meng Ge, due famosi cantanti dell’Esercito Popolare di Liberazione (sono piuttosto popolari in Cina, anche la moglie del presidente Xi Jinping, Peng Liyuan, è un notissimo usignolo in uniforme).

La corte ha sancito che Li, con altri quattro imputati maschi (che si sono presi pene dai tre ai dodici anni), hanno trascinato a forza Yang in una camera d’albergo per poi stuprarla in gruppo dopo averla picchiata. Il giovane Li è stato identificato come l’iniziatore e il principale colpevole.

Mentre la corte ha a lungo dibattuto per decidere se il caso fosse da ascrivere alla voce “violenza” o a “prostituzione”, nell’immaginario collettivo dei cinesi la vicenda rischiava di diventare l’ennesima riprova di quanto siano vizianti, arroganti e impuniti i “principini”, i figli dei pezzi grossi del Partito o dello Stato (o di entrambi), cresciuti come pascià in virtù delle splendide entrature dei propri familiari.

Ecco, la sentenza significa un po’ questo: d’accordo, arroganti e criminalmente egoisti magari sì, ma da oggi impuniti forse un po’ meno.

Così, oltre a dare grande risalto a questa storia così brutta e così simbolica, i media cinesi sottolineano oggi come il grande giro di vite voluto dalla nuova leadership abbia già sbattuto in galera “diversi funzionari”. Si ribadisce per l’ennesima volta che non si fanno più sconti, saranno colpite “sia le mosche, sia le tigri”.

Una giustizia implacabile, come nel caso di Xia Junfeng, ma anche “giusta”, come nel caso di Li Tianyi e dei suoi compari. Non si sa se il messaggio andrà a segno. 

[Scritto per Lettera43; foto credits: Afp]