Giappone – L’uscita di scena di Toru Hashimoto

In by Gabriele Battaglia

Il voto sul referendum per la fusione delle amministrazioni della città e della provincia di Osaka lo scorso 17 maggio, da fenomeno locale, hanno avuto una risonanza nazionale. In particolare per i retroscena che qualcuno ha portato alla luce sulla base delle recenti uscite pubbliche dei due protagonisti della storia: il sindaco Toru Hashimoto e il premier Shinzo Abe. Il tutto condito da un’atmosfera da serie tv di (fanta)politica. C’è un capo di governo che vuole far approvare al più presto una riforma. Una di quelle pesanti, in grado di fare la storia del Paese. Un provvedimento che cambierebbe per sempre non solo l’immagine del paese, ma le stesse prerogative della sua amministrazione.

Poi c’è un sindaco che vuole trasformare la propria città in metropoli, accorpando il governo della città con quello della provincia. Un doppio salto di qualità: da città a metropoli, da sindaco a governatore. Non c’è solo una differenza di suono. La differenza è anche qualitativa.

Ora, l’uomo forte della capitale decide di appoggiare l’uomo forte a capo della grande città. I due, in un modo o nell’altro potenti e popolari, potrebbero trovare convergenze, interessi comuni.«Io, caro sindaco – pensa il capo del governo – ti do il mio appoggio; ma tu, in cambio, quando sarà il momento, devi fare qualcosa per me. E non sarà uno scherzo».

Una scena vista e rivista nelle mie recenti serate a base di cene d’asporto al microonde e House of Cards.

There’s value in having secrets. After all, we are nothing more or less than we choose to reveal

Come spiega il congressman Frank Underwood, il protagonista della fortunata serie tv dedicata agli intrighi di potere di Washington, giocare a carte scoperte può essere pericoloso. E al momento i nostri due protagonisti – il capo del governo, il primo ministro del Giappone Shinzo Abe e Toru Hashimoto, sindaco di Osaka, terza città dell’arcipelago – sembrano pagare il prezzo di parole forse pronunciate troppo in fretta.

Il 17 maggio, domenica, gli abitanti di Osaka hanno votato su un referendum che avrebbe reso il principale centro urbano del Giappone occidentale amministrativamente uguale alla capitale Tokyo. Un risultato che non è piaciuto ad Hashimoto che ha annunciato il suo ritiro dalla scena politica entro il 2018. Ma che non deve aver fatto piacere nemmeno al premier Abe.

Ad Abe serviva che il progetto della città metropolitana di Osaka andasse in porto per assicurarsi l’appoggio del partito di Hashimoto sulla riforma della costituzione postbellica giapponese e in particolare dell’articolo 9 che sancisce la rinuncia eterna del Giappone alla guerra. Al primo ministro serve infatti l’appoggio di uno dei partiti più a destra dell’arco costituzionale – quello di Hashimoto, appunto – visti i tentennamenti sul tema dell’attuale alleato di coalizione, il Komeito, legato alla potente organizzazione di indirizzo buddhista Soka Gakkai.

Eppure qualcosa è andato storto. In particolare, la sezione di Osaka del partito liberaldemocratico (Ldp), il partito di cui il premier giapponese è presidente, si è messa di traverso, facendo campagna contro il sindaco e spuntandola – con gli altri partiti di opposizione locale – nel risultato. E non è da escludere che possa aprirsi una lotta interna al partito sul capitolo Osaka.

In fondo, come insegna Underwood:

The road to power is paved with hypocrisy, and casualties. 

In questo caso, solo nel senso politico del termine.

In molti a qualche giorno di distanza dal risultato del referendum sui media nazionali si chiedono: Hashimoto starà facendo sul serio?

Qualcuno propende per il no. Il ragazzo – 45 anni, originario di Tokyo, figlio di un membro di un clan malavitoso, discendente di una famiglia burakumin (gli intoccabili della società giapponese) – si è abituato ai palchi di eccezione.

Dopo aver costruito la sua piattaforma politica locale, essere diventato governatore della provincia, poi sindaco, nel 2012, si è associato al vecchio Ishihara Shintaro, conservatore, ultranazionalista scrittore di culto degli anni ’60 ed ex governatore di Tokyo per allargare il progetto politico di Osaka su scala nazionale. I risultati non sono mancati, tanto che il Partito della restaurazione del ticket Hashimoto-Ishihara è diventato la quarta forza politica nazionale.

I tempi cambiano in fretta e i partiti si sciolgono. Ishihara si è pensionato e in Parlamento è rimasto solo il partito di Hashimoto, assai ridimensionato, che, nel frattempo, dopo le elezioni di dicembre 2014 ha deciso di unirsi a un altro piccolo partito conservatore guidato dal parlamentare Kenji Eda. Raggiunto dal Japan Times, proprio Eda ha affermato di non essere convinto fino in fondo del ritiro a vita privata di Hashimoto. «È uno di quei politici che capitano una volta ogni 20-30 anni. Tornerà sicuramente».

E qualcuno già specula sul suo ritorno. Magari, come scrive il settimanale Nikkan Gendai, con un ingresso per direttissima nel governo Ldp. Il che spiegherebbe il sorriso con cui il sindaco di Osaka ha annunciato il suo pensionamento anticipato.

Perché in fondo, come ci insegna Underwood,

Congress is a game of Chess, and you must never let your opponents see your pieces. 

[Scritto per East online; foto: getty/Asahi Shimbun]