Giappone – La politica si fa sul nucleare

In by Gabriele Battaglia

L’annuncio arriva a un anno e mezzo dalla tragedia di Fukushima: il Giappone abbandonerà il nucleare entro il 2030. La data è indicativa e il piano energetico del premier Noda è già sotto accusa per la sua insostenibilità. E l’idea che si fa strada è che si tratti solo di una mossa in vista delle elezioni nel 2013.Il Governo giapponese abbandonerà l’energia nucleare entro il 2030. La nuova strategia per l’energia e l’ambiente, ultimata nei suoi particolari in una riunione di gabinetto lo scorso venerdì 14 settembre, prevede come primo punto il raggiungimento del "nucleare zero", cioè lo spegnimento di tutte le centrali attive sul territorio giapponese entro 20 anni.

"Il governo rispetterà le responsabilità assunte in materia di non proliferazione nucleare e dell’uso pacifico dell’energia nucleare nei confronti della comunità internazionale e continuerà con il riprocessamento del combustibile, in linea con la politica precedente", si legge nelle pagine del piano energetico, secondo quanto riportato la scorsa settimana dallo Yomiuri Shimbun.

Il che significherebbe sostanzialmente continuare a produrre combustibile per centrali spente. A questo punto, il primo dubbio è il seguente: dove mandare il combustibile esaurito delle centrali che si spegneranno da qui al 2030?

Al momento in Giappone esiste un solo impianto destinato a questo uso: Rokkasho, nella prefettura di Aomori, nella parte più settentrionale della regione del Tohoku, nel nord est del Giappone.

Nell’impianto di Rokkasho sono già immagazzinate 2900 tonnellate di combustibile da riprocessare, provenienti da tutto il Paese. Attualmente è in via di completamento, ma quando sarà attivo al 100 percento, vi verrà riciclato – riprocessato, appunto – l’uranio, dopo essere stato usato nei reattori delle centrali per circa tre anni.

"Il riprocessamento dell’ uranio (reprox) prevede un processo chimico alla fine del quale il combustibile nucleare ancora utilizzabile viene separato, insieme ai cosiddetti transuranici (tra cui il plutonio), dagli elementi di scarto della produzione dell’energia nel reattore (fissione)", spiega Antonio Bulgheroni di Unico-lab a China Files. Alla fine del ciclo si ottiene un nuovo combustibile, chiamato Mox, che contiene uranio, plutonio e una miscela di altri ossidi. Indubbiamente più radioattivo dell’uranio "fresco", il Mox rimane comunque meno radioattivo dei prodotti di scarto della fissione, che infatti necessitano di ulteriori trattamenti prima di essere smaltiti.

Considerata la pericolosità – e la scarsa popolarità – di un deposito di materiale radioattivo in casa propria, il governo della prefettura di Aomori ha già reso noto, riporta ancora lo Yomiuri, che nel caso i progetti di riciclo dell’uranio dovessero essere sospesi, tutto il combustibile esaurito depositato a Rokkasho verrà restituito alle centrali da cui proviene. Un’ eventualità da evitare a tutti i costi, per il governo e le società di gestione degli impianti.

Rokkasho è in costruzione dal 1993, ma il suo completamento è stato rinviato finora per ben 19 volte. L’ultima proprio il 19 settembre. Il costo della sua costruzione è ormai lievitato, dice l’Asahi Shimbun, fino a 2,19 trilioni di yen (circa 21 miliardi di euro).

Il presidente dell’azienda di gestione dell’impianto, la Japan Nuclear Fuel Ltd (Nihon Genryo) ha infatti dichiarato che l’ultima pietra verrà posta a ottobre del 2013. "Questa sarà l’ultimo ritardo", ha aggiunto, "abbiamo superato i problemi e risolto alcune questioni tecniche", ricordando  le ripercussioni del terremoto e dello tsunami del marzo 2011 sul ritmo dei lavori.

"Entro il 2030 il Giappone raggiungerà il nucleare zero", si diceva. "Entro il 2030", inoltre "il ricorso a energie rinnovabili crescerà di 3 volte a decennio", si legge ancora nel nuovo piano energetico del governo. Ma cosa significa veramente questo "entro il 2030"?

Secondo il quotidiano economico Nikkei Shimbun in realtà il termine temporale è confuso. A questo si aggiunga che non sarà un "nucleare zero", ma solamente un nucleare ridotto rispetto al presente. Non si costruiranno nuovi impianti, al momento in Giappone ce ne sono 54, e quelli con più di 40 anni di attività saranno effettivamente decommissionati. Gli altri rimarranno attivi, se passeranno i controlli della commissione sulla sicurezza dell’energia nucleare del ministero dell’ambiente.

In molti in Giappone, però, mettono in dubbio l’imparzialità di questa stessa commissione di valutazione. Nata all’indomani del disastro di Fukushima, dopo aver ricevuto numerose critiche per non avere sufficiente autorità, è finita al centro dell’attenzione per la sua scarsa indipendenza.

Il Mainichi Shimbun, altro importante quotidiano giapponese, ha infatti rivelato che tre dei cinque membri della commissione ministeriale provengono in realtà da centri di ricerca legati legati alle lobby giapponesi del nucleare. "Non tengono affatto in considerazione importanti questioni politico-ecomiche", avrebbe dichiarato al giornale un altro membro del gruppo.

Sulla questione energie alternative, poi, il Nikkei shimbun è ancora più severo: l’obiettivo di crescita del 30 percento per decennio nelle rinnovabili è insostenibile. Innanzitutto, va considerata  la conformazione geologica del Giappone, montuoso per il 70 percento del suo territorio. Poi la sua posizione geografica: in pieno Oceano Pacifico, il Giappone è soggetto a tifoni e, in genere, ad abbondanti precipitazioni nell’arco dell’anno. Difficile prevedere una crescita del solare o dell’eolico. Ci sarebbe il geotermico, ma tutti i progetti in tal senso sono fermi.

La produzione di energia elettrica ricadrebbe quindi su combustibili fossili come petrolio e carbone, provocando quasi certamente dei rincari sulle bollette. Cosa che renderebbe il governo Noda ulteriormente più impopolare. Sarà un caso, ma nel piano in via di approvazione non è stata inserita nemmeno una previsione dell’impatto che la nuova politica energetica avrà sui contribuenti.

Una inversione a U, quella sul nucleare, che è costata al governo le critiche delle principali associazioni di industriali del Giappone. In particolare, la Keidanren (Federazione delle imprese), guidata da Yonekura Hiromasa, presidente del settore chimico di Sumitomo, uno dei più grandi gruppi industriali giapponesi, ha reso pubblica la propria opposizione al "nucleare zero".

Lo stesso governo è però diviso al suo interno tra fautori del decommissionamento di tutte le centrali e chi, invece, più vicino agli industriali continua a sostenere il ruolo fondamentale del Giappone "nella comunità internazionale, quello cioè di favorire lo sviluppo di strumenti nucleari sicuri ed efficienti"E già sarebbe pronto un passo indietro sull’annuncio del 14 settembre.

Il governo giapponese ha stilato e reso pubblica la bozza di politica energetica a tempo record. Tenendo ben presente due coordinate temporali molto chiare a tutti i giapponesi: marzo 2011, Fukushima, un anno e mezzo fa. Agosto 2013, elezioni politiche, tra meno di un anno.

La sfida ai nuovi contendenti, Hashimoto e Ozawa, e all’avversario di sempre, il Partito Liberal-democratico, ancora alle prese con la scelta del suo leader, è lanciata. È sul nucleare che Noda, e con lui tutto il Partito Democratico del Giappone, si gioca le ultime carte per raccogliere un consenso che sembra, ormai, sempre più irraggiungibile.

[foto credits: islandpacket.com]


*Marco Zappa nasce a Torino nel 1988. Fa il liceo sopra un mercato rionale, si laurea, attraversa la pianura padana e approda a Venezia, con la scusa della specialistica. Qui scopre le polpette di Renato e che la risposta ad ogni quesito sta "de là". Va e viene dal Giappone, ritorna in Italia e si ri-laurea. Fa infine rotta verso Pechino dove viene accolto da
China Files. In futuro, vorrebbe lanciarsi nel giornalismo grafico.