Una pioggia battente ha accompagnato le manifestazioni del venerdì contro le politiche del governo giapponese in materia di difesa e nucleare. Centinaia di persone (tra le 2 e 3mila, secondo gli organizzatori) si sono radunate sotto la Dieta per dire il proprio no al governo guidato da Shinzo Abe. Uomini e donne di tutte le età e famiglie con bambini piccoli, tutti ordinati nel percorso individuato dalle transenne e sotto l’occhio di decine di poliziotti. Almeno due manifestazioni diverse si sono tenute nella serata di venerdì.
La prima, contro il nucleare, mentre si prepara la riattivazione della prima centrale — a Sendai, in Kyushu, Giappone sud-occidentale — a poco più di quattro anni dall’incidente della Fukushima numero uno.
La seconda, contro la proposta di legge sulle nuove linee guida di difesa del patto di cooperazione e sicurezza tra Giappone e Stati uniti, che dovrebbe modificare significativamente l’atteggiamento dei militari giapponesi in missione all’estero. Il legame tra le due è stretto: quella dei no nuke è stata un po’ «la madre» delle successive proteste.
«Da quando sono iniziate le proteste contro il nucleare nel 2011 — spiega alla fine della manifestazione a China Files Shin’ichiro, ricercatore e membro di un think tank impegnato a diffondere informazioni, materiali e dibattiti su questioni legate alla pace al livello della società civile — è diventato normale scendere in piazza».
E la protesta ha preso forme diverse, si è evoluta e ha coinvolto nuovi attori. Protagonisti della seconda manifestazione della serata, infatti, sono stati gli studenti universitari poco più che ventenni del gruppo Sealds (Students Emergency Action for Liberal Democracy).
I Sealds, che si definiscono lo «scudo» della libertà e democrazia giapponesi, sono un gruppo di più di duecento studenti delle università di Tokyo e dintorni, molti dei quali originari di zone attualmente «calde» per il governo — come Okinawa, dove continua la mobilitazione contro le basi militari americane e il Nordest colpito quattro anni fa dal «triplo disastro» (terremoto, tsunami e incidente nucleare).
È la seconda manifestazione di questa portata in pochi giorni. Domenica scorsa il grido di protesta è arrivato fino a Shibuya, nel cuore commerciale di Tokyo, e ha richiamato sul palco anche volti noti della politica, come l’ex premier Naoto Kan.
I giovani sono saliti sul palco per chiedere a gran voce di proteggere la pace e la costituzione e a invitare i coetanei a «interessarsi» e ad essere coinvolti nella politica. Qualcuno di loro è finito su giornali e tv.
«Questa è forse la parte più dura» spiega Yasumasa, studente del daigakuin (la laurea magistrale italiana) e attivista di Sealds. «Dopo che sono stato intervistato dalla tv, mi sono arrivati un sacco di commenti aggressivi sui social da parte della «destra online» (attivisti dell’estrema destra molto attivi sui social network, ndr). Provo a discuterci ma con loro non c’è storia».
Yasumasa spiega anche del coordinamento dei Sealds, nati nel 2013 contro la legge sui segreti di stato approvata dal governo Abe con la sigla Saspl, fatto di incontri mensili e riunioni di studio nei principali atenei di Tokyo. Ma soprattutto di presenza sui social network: sono oltre 20mila i follower su Twitter e 11 mila quelli su Facebook.
Qualcuno dei manifestanti concorda che una tale mobilitazione di giovani non si vedeva dai primi anni Sessanta, con le proteste contro il primo trattato di sicurezza e cooperazione nippo-americano e contro la costruzione dell’aeroporto di Narita.
Chiediamo ad un signore sulla settantina vicino a noi se ha la stessa sensazione e se si ricorda di quelle proteste. «A quei tempi — ci dice — non potevo andare alle proteste. Ai funzionari pubblici come me era proibito. Ora che sono in pensione ho più libertà. E per difenderla continuo a protestare».
[Scritto per il manifesto; foto credit: xn--nyqy26a13k.jp]