Giappone – Giovani in piazza contro il governo Abe

In by Gabriele Battaglia

 Una piog­gia bat­tente ha accom­pa­gnato le mani­fe­sta­zioni del venerdì con­tro le poli­ti­che del governo giap­po­nese in mate­ria di difesa e nucleare. Cen­ti­naia di per­sone (tra le 2 e 3mila, secondo gli orga­niz­za­tori) si sono radu­nate sotto la Dieta per dire il pro­prio no al governo gui­dato da Shinzo Abe. Uomini e donne di tutte le età e fami­glie con bam­bini pic­coli, tutti ordi­nati nel per­corso indi­vi­duato dalle tran­senne e sotto l’occhio di decine di poli­ziotti. Almeno due mani­fe­sta­zioni diverse si sono tenute nella serata di venerdì.

La prima, con­tro il nucleare, men­tre si pre­para la riat­ti­va­zione della prima cen­trale — a Sen­dai, in Kyu­shu, Giap­pone sud-occidentale — a poco più di quat­tro anni dall’incidente della Fuku­shima numero uno.

La seconda, con­tro la pro­po­sta di legge sulle nuove linee guida di difesa del patto di coo­pe­ra­zione e sicu­rezza tra Giap­pone e Stati uniti, che dovrebbe modi­fi­care signi­fi­ca­ti­va­mente l’atteggiamento dei mili­tari giap­po­nesi in mis­sione all’estero. Il legame tra le due è stretto: quella dei no nuke è stata un po’ «la madre» delle suc­ces­sive proteste.

«Da quando sono ini­ziate le pro­te­ste con­tro il nucleare nel 2011 — spiega alla fine della mani­fe­sta­zione a China Files Shin’ichiro, ricer­ca­tore e mem­bro di un think tank impe­gnato a dif­fon­dere infor­ma­zioni, mate­riali e dibat­titi su que­stioni legate alla pace al livello della società civile — è diven­tato nor­male scen­dere in piazza».
E la pro­te­sta ha preso forme diverse, si è evo­luta e ha coin­volto nuovi attori. Pro­ta­go­ni­sti della seconda mani­fe­sta­zione della serata, infatti, sono stati gli stu­denti uni­ver­si­tari poco più che ven­tenni del gruppo Sealds (Stu­dents Emer­gency Action for Libe­ral Democracy).

I Sealds, che si defi­ni­scono lo «scudo» della libertà e demo­cra­zia giap­po­nesi, sono un gruppo di più di due­cento stu­denti delle uni­ver­sità di Tokyo e din­torni, molti dei quali ori­gi­nari di zone attual­mente «calde» per il governo — come Oki­nawa, dove con­ti­nua la mobi­li­ta­zione con­tro le basi mili­tari ame­ri­cane e il Nor­dest col­pito quat­tro anni fa dal «tri­plo disa­stro» (ter­re­moto, tsu­nami e inci­dente nucleare).

È la seconda mani­fe­sta­zione di que­sta por­tata in pochi giorni. Dome­nica scorsa il grido di pro­te­sta è arri­vato fino a Shi­buya, nel cuore com­mer­ciale di Tokyo, e ha richia­mato sul palco anche volti noti della poli­tica, come l’ex pre­mier Naoto Kan.

I gio­vani sono saliti sul palco per chie­dere a gran voce di pro­teg­gere la pace e la costi­tu­zione e a invi­tare i coe­ta­nei a «inte­res­sarsi» e ad essere coin­volti nella poli­tica. Qual­cuno di loro è finito su gior­nali e tv.

«Que­sta è forse la parte più dura» spiega Yasu­masa, stu­dente del dai­ga­kuin (la lau­rea magi­strale ita­liana) e atti­vi­sta di Sealds. «Dopo che sono stato inter­vi­stato dalla tv, mi sono arri­vati un sacco di com­menti aggres­sivi sui social da parte della «destra online» (atti­vi­sti dell’estrema destra molto attivi sui social net­work, ndr). Provo a discu­terci ma con loro non c’è storia».

Yasu­masa spiega anche del coor­di­na­mento dei Sealds, nati nel 2013 con­tro la legge sui segreti di stato appro­vata dal governo Abe con la sigla Saspl, fatto di incon­tri men­sili e riu­nioni di stu­dio nei prin­ci­pali ate­nei di Tokyo. Ma soprat­tutto di pre­senza sui social net­work: sono oltre 20mila i fol­lo­wer su Twit­ter e 11 mila quelli su Facebook.

Qual­cuno dei mani­fe­stanti con­corda che una tale mobi­li­ta­zione di gio­vani non si vedeva dai primi anni Ses­santa, con le pro­te­ste con­tro il primo trat­tato di sicu­rezza e coo­pe­ra­zione nippo-americano e con­tro la costru­zione dell’aeroporto di Narita.

Chie­diamo ad un signore sulla set­tan­tina vicino a noi se ha la stessa sen­sa­zione e se si ricorda di quelle pro­te­ste. «A quei tempi — ci dice — non potevo andare alle pro­te­ste. Ai fun­zio­nari pub­blici come me era proi­bito. Ora che sono in pen­sione ho più libertà. E per difen­derla con­ti­nuo a protestare».

[Scritto per il manifesto; foto credit: xn--nyqy26a13k.jp]