FreeVantablack – Addio Shaokun

In by Gabriele Battaglia

Sun Shaokun, poliedrica e sperimentale artista della scena pechinese, si è tolta la vita il 21 settembre. Animo ribelle e inquieto, era nota sia per la raffinata arte figurativa, sia per le incursioni provocatorie ed estreme nel mondo della performance e delle installazioni. Alessandro Rolandi ne celebra il ricordo. «Non andare docile in quella buona notte,
i vecchi brucino infervorati quando è prossima l’alba;
Infuriati, infuriati contro il morente bagliore»

Ho incontrato Sun Shaokun per la prima volta più di dieci anni fa; all’epoca era una giovane appena uscita dall’accademia di belle Arti di Pechino, con un sorriso straordinario e contagioso, capace di illuminare qualsiasi cosa attorno, irradiando lo spazio di una vitalità irriverente ma delicata, seduttrice ma innocente, selvaggia e antica.

All’epoca dipingeva tele con motivi cinesi tradizionali, reinterpretati con una palette appena pop, ma che per raffinatezza e leggerezza del gesto e della tecnica, non riuscivano a scrollarsi di dosso quell’aura lontana nel tempo.
Lei provava a renderli contemporanei schernendoli un po’, sminuendoli, eppure, mentre ci provava, quest’aura cresceva invece di diminuire.
Gli ultimi dipinti che ricordo erano dei rendering di piume, guardandoli si percepiva l’aria tra ciascuna.

«Benché i savi infine ammettano ch’era giusta la tenebra
Poiché le loro labbra nessun fulmine scagliarono
Non se ne vanno docili in quella buona notte»

All’inizio, per guadagnarsi da vivere dipingeva quadri per alcuni artisti cinesi famosi, copiandoli perfettamente, remunerata non molto, e li guardava partire alle aste a prezzi strabiglianti, senza mai un commento in più, né un gesto di frustrazione, né una critica. Shaokun cercava solo il tempo per la propria arte, già dall’inizio, costruita al di là del compromesso, senza esitazione, forse nascondendo con l’eleganza e la freschezza di una intossicante giovinezza, la violenza del desiderio e la sfida di un dolore lontano.
Un dolore maturato sin dai primi anni di vita, nelle ombre dell’infanzia in una Cina rurale fatta di tradizioni familiari troppo severe e distorte e codici sociali alienanti per l’ anima, l’intelletto ed il corpo di qualsiasi donna.

Figlia della realtà feroce della Cina del boom economico e del riflesso idealizzato e vuoto di una Cina dai sofisticati splendori passati in cui si cerca un conforto-baratto, Shaokun ha usato l’arte per aggredire il mondo, per scuoterlo e metterlo in subbuglio.
In poco tempo, dai medium tradizionali è passata a utilizzare la fotografia, il documentario, il video e soprattutto la performance e il corpo come strumenti per trasformare se stessa e lanciare un monito; per scoperchiare tutti i vasi di Pandora sigillati dalla paura, dal conformismo, dalla vigliaccheria, ma anche dalla tristezza e dalla rassegnazione.

«Gli onesti, nell’onda ultima, urlando quanto fulgide
Le fragili opere potevano danzare in verdi anse
Infuriano, infuriano contro il morente bagliore»

Si è sbarazzata dei filtri e dei codici di condotta sociale, semplicemente rifiutando di interiorizzarli quando le erano imposti dall’educazione ed evitando di metterli in pratica quando l’occasione lo domandava.
Lo ha fatto col sorriso e con le unghie, amando e donando sempre, senza calcolare, senza indietreggiare, con una fierezza folle e saturnina, fissando dritto negli occhi lo sguardo altrui che l’aveva appena ferita, con aria di sfida, e nascondendo dietro i lunghi capelli neri il volto emozionato per troppo pudore dopo un complimento ricevuto all’improvviso da una persona cara.

Scherzando con la follia, l’ha portata al tavolo da gioco e le ha servito un giro di poker, forse per vedere oltre, ancora più in là, ma con in fondo un senso incombente di urgenza e gravità, un bisogno di vivere, creare, distruggere e cambiare.
Shaokun è apparsa al centro del deserto emotivo del regno di mezzo, e, come uno degli spiriti misteriosi ed inafferrabili degli strani racconti di LiaoZhai ha lanciato i suoi incantesimi artistici, terribili e belli, raffinati e brutali.

«I bruti che strinsero e cantarono il sole in volo,
E tardi appresero d’averne afflitto il corso,
Non se ne vanno docili in quella buona notte»

Forse voleva inseguire Monkey King, o rubargli i segreti che già lui aveva rubato, o solo andare ad Ovest, come lui, ma da «pirata» e non da turista o da mercante.
Sfidando le leggi imposte e quelle sussurrate e studiando avidamente ciò che il suo paese le aveva nascosto e negato ha cercato di riattivarne la storia collettiva scrivendo in prima persona la propria, anziché lasciarla in balia dei custodi dell’ordine.
Ha viaggiato, cercato e desiderato l’incontro e l’altro, con l’energia troppo pura di una bambina-fata curiosa e dispettosa, e l’istinto acuto e affilato di uno strano animale indomabile e oscuro.

Ha provato ad amarsi e a farsi amare, ricordandosi ogni amante con la stessa disperata dolcezza, non smettendo di amare mentre capiva che amava troppo, e che al suo grido faceva eco solo la sfinge muta di quel dolore cattivo e lontano.
Dolore di donna, dolore di figlia, dolore di moglie.
Quando ha capito che non riusciva a guarirlo, a calmarlo o a condividerlo, ne ha abbracciato la rabbia, ancora con quello sguardo vivido, che lentamente perdeva forza, ma non dignità.
Nei suoi occhi ho visto tanto odio per le menzogne, l’ingiustizia e l’ideologia.
Mai per una persona.

«Gli austeri, morenti, scorgendo con vista cieca
Che gli occhi infermi splendono e gioiscono come bolidi
Infuriano, infuriano contro il morente bagliore»

Nelle sue ultime opere, ormai mature e coscienti, avevo visto la sua storia dissolversi e diventare il desiderio di allontanarsi definitivamente dal passato e dal presente di una Cina troppo difficile con cui fare i conti, in cui le traiettorie psicologiche e sociali collidono e scompaiono, esplodono e si ricombinano senza fine, sempre più veloci, più violente, più antagoniste, più crudeli.
Lentamente, con maggiore eleganza ed un’estetica elaborata e minuziosa che accompagna gesti profondamente organici, ossessivi e simbolici, alla rabbia si sostituisce l’auto-annullamento, la dissoluzione nella natura primordiale dei batteri, degli ospiti che si nutrono e dei parassiti. Il corpo nudo, abusato sapientemente con crudele bellezza nei dettagli di testure, materie e processi che se ne appropriano, sembrava quasi che stesso nascendo un’accettazione, un abbandono della lotta, un ritornare materia con la terra.

Alla fine, però l’anima ribelle ha spazzato via il conforto di questa via di fuga; un conforto che sarebbe servito più a noi, per rassicurarci.
Perchè tutto torni come prima, anche i coperchi sui vasi di Pandora.
Ma Shaokun non hai mai accettato semplicemente le cose; non lo ha fatto come donna, non lo ha fatto come artista, né come cittadina cinese.
Il suo arrivo e il suo passaggio non hanno mai «normalizzato» nulla; invece con la loro bellezza crudele, hanno messo a soqquadro, disorientato, contaminato, ubriacato il mondo con un’overdose di vita eccessiva e pericolosa.

«E tu, padre mio, là sulla triste altura, ti prego,
Condannami, o salvami ora, con le tue fiere lacrime;
Non andare docile in quella buona notte
Infuriati, infuriati contro il morente bagliore»

Nella sua ultima performance pubblica si era ispirata a «The waste land» di Eliot. Stava incatenata ad una porta rossa in un hutong, obbligando tutti a strofinarsi contro di lei o a spostarla per attraversare lo spazio del portale. L’aveva intitolata «To guard the door». 
Il 21 settembre, se ne è andata con un gesto finale di feroce violenza e una profezia di vendetta; un ‘ultima performance in cui rabbia e amore si sono fusi in un momento.
Ho voluto augurarle la pace per qualche giorno, ma avendo capito che probabilmente non la voleva, provo, da amico, anche se non so se ci riuscirò, a lasciarla andare nella sua rabbia, nella sua sfida al dolore, all’amore, al vivere e al morire, come ha voluto lei.

Addio Shaokun.
Che le tue opera fragili danzino per sempre,
infuriando contro il morente bagliore
Non andartene docile in quella buona notte,
Infuriati contro il morente bagliore

[Le immagini sono tratte dal sito di Sun Shaokun, www.sun-shao-kun.com. La poesia di Dylan Thomas è «Non andare docile in quella buona notte»]

FreeVantablack è la rubrica sull’arte di China Files, a cura di Alessandro Rolandi. Ogni due settimane, una mostra, un’installazione, una performance o anche solo uno spunto dall’ampio e variegato mondo dell’arte cinese saranno vivisezionati dall’occhio critico e iconoclasta del nostro artista/critico preferito.
«Vantablack è un colore nero realizzato con strutture di nanotecnologia, che assorbe la luce in percentuale altissima, rendendo ogni cosa che ne sia ricoperta quasi completamente bidimensionale all’occhio dell’osservatore. Qualche mese fa, il famoso artista inglese di origine indiana Anish Kapoor ha acquistato i diritti d’autore per l’uso artistico del vantablack, rendendolo inaccessibile a chiunque, pena multe e processi, senza il suo consenso o senza che lui ne ricavi un profitto. Essendo questa una delle azioni più inutili e assurde che siano mai accadute, mi è sembrato giusto chiamare una rubrica d’arte con questo nome, per ricordare che la creatività e le idee non dovrebbero mai e in nessun modo essere censurate, o limitate, né dalla violenza degli organismi autoritari, né da quella più dissimulata, ma non per questo meno oppressiva, della celebrità e degli strumenti legali ed economici.» [A.R.]
* Alessandro Rolandi ha studiato chimica, teatro sperimentale, cinematografia e storia dell’arte. Vive a Pechino dal 2003 dove lavora come artista multimediale e performativo, regista, curatore, ricercatore, scrittore e docente. Il suo lavoro si concentra sull’intervento sociale e le dinamiche relazionali, con lo scopo di ampliare la nozione di arte oltre le strutture, gli spazi e le gerarchie esistenti, attraverso l’impegno diretto con la realtà, in diversi modi. Ha fondato il Social Sensibility Research & Development Department di Bernard Controls Asia e collabora regolarmente con diverse riviste e siti: Hyperallergic, Randian, Asialyst.