Le elezioni italiane sono sempre state un monito importante per l’Europa e per il resto del mondo. Gli italiani hanno anticipato il nazismo con il fascismo e il trumpismo con il berlusconismo. Domenica, l’Italia si prepara a lanciare un nuovo avvertimento, eleggendo probabilmente il primo governo dell’Europa occidentale guidato dall’estrema destra. Un segnale importante per la terza economia, seconda potenza industriale e fondatrice dell’Unione, soprattutto per quanto riguarda il futuro del conflitto ucraino. I partiti favoriti in gara vantano nei sondaggi un distacco importante sugli avversari e in diversi contesti si sono mostrati vicini alle politiche di Trump, Putin e Orban.
I leader dei principali partiti di destra hanno infatti più volte manifestato la propria sinofobia incolpando i cinesi della crisi economica, ambientale e migratoria o addirittura di aver creato la pandemia. Allo stesso tempo, molti paesi Ue si stanno avvicinando alla causa taiwanese, come il blocco baltico che lascia il format cinese 17+1 o la nuova presidenza ceca del Consiglio. A oggi, quasi nessun partito nomina la Cina nei propri programmi, ma sembrano tutti disposti a limitare il suo espansionismo. Allo stesso modo, la Commissione sta spingendo verso una politica più assertiva su Pechino, in particolare su commercio, materie prime e informazione. In che modo il nuovo governo italiano influenzerà le relazioni nazionali ed europee con la Cina?
DAL MOU A OGGI
Il G7 dello scorso giugno ha riaffermato lo schema geopolitico del nostro tempo: Biden persegue nella lotta di Trump a Pechino, identificato come principale nemico dello sviluppo liberal-democratico, seguita dall’Italia che fa dietrofront, rinunciando a importanti intese internazionali. In primis, il Memorandum of Understanding (MoU) con Pechino sulla Nuova Via della Seta, il quale sembra oggi descritto come un pericoloso artifizio, un patto col diavolo che va rescisso. Una grande inversione di tendenza, soprattutto se si pensa a come, a pochi mesi dalla pandemia, i sondaggi mostrassero gli italiani sempre più attratti dalla Cina. Sei mesi dopo i dati si erano già ribaltati. In meno di un anno si è passati dall’elevarsi come apice dell’Antica e della Nuova via della Seta, a esserne tra i principali oppositori.
Con lo scoppio del conflitto ucraino e il Governo Draghi, la posizione in politica estera dell’Italia nei confronti della Cina si è fatta ancora più assertiva e il gradimento cinese nell’opinione pubblica si è ulteriormente assottigliato. Nonostante la crisi che oggi affronta l’italia sia per lo più legata a pandemia e guerra, la gran parte dei partiti riserva poche parole per la politica estera. Quasi nessun partito di destra e sinistra menziona la Cina anche una sola volta nei programmi.
La Lega e i Verdi/SI sono gli unici a nominarla. I primi lo fanno per ben 7 volte, in particolare per contrastare il suo monopolio sulle materie prime e per rafforzare le tesi pro-nucleare. I secondi la menzionano una volta parlando di Green Deal. Fdi, Lega e Fi sono la coalizione favorita alle elezioni e hanno sempre mostrato scetticismo nei confronti della Cina e del MoU. A differenza di Pd e 5S, l’opposizione al comunismo e la difesa dei valori occidentali sono sempre stati temi unitari tra i conservatori.
FORZA ITALIA (FI)
“L’Occidente ha capito quanto grave sia la minaccia della Cina, che è un regime comunista e ha mire espansionistiche” ha affermato Berlusconi dopo il G7. “I cinesi ci vogliono colonizzare“, “chi celebra la Cina è un traditore“, “sono il cancro del pianeta” sono invece le parole espresse -in diretta nazionale- da Maurizio Gasparri, senatore di FI e promotore di iniziative in Senato dal titolo “Cinavirus”. Esponenti del partito hanno confermato in più occasioni la volontà diffusa di porre un freno all’espansione cinese. “Come sapete il Presidente Berlusconi si scaglia sempre contro la Cina ma è ovvio che c’è scontro evidente” rivela Valentino Valentini, deputato di Forza Italia, durante un evento dell’Istituto Affari Internazionali (IAI) “Russia e Cina vogliono scardinare il sistema democratico per emergere in un ordine multipolare… Dobbiamo rispondere a livello europeo”.
LEGA
Sulla stessa linea, Salvini, leader della Lega, ha perseguito la strategia trumpiana, parlando di “fottutissimo virus cinese” creato da “pipistrelli e topi” e portando la teoria del complotto in Senato. A fargli sponda, il governatore leghista del Veneto, Zaia, per cui: «li abbiamo visti tutti mangiare topi vivi». Più moderato il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, che non la pone su un piano ideologico ma commerciale, promuovendo iniziative che proteggano il Golden power e bloccando diverse acquisizioni cinesi. Per Giorgetti, per esempio: “Il voto europeo sull’auto elettrica è una grande delusione … un regalo alla Cina“. Rinforza il messaggio il deputato Alessandro Morelli: “Puntare esclusivamente sull’elettrico significa, da una parte, mandare in fumo migliaia di posti di lavoro, dall’altra legarsi mani e piedi alla dittatura comunista cinese”.
FRATELLI D’ITALIA (FDI)
Per Fratelli d’Italia il tema dell’invasione rimane centrale, sulla scia della campagna anti-immigrazione. Lo mostra Francesco Torselli, candidato di Fdi alla Regione Toscana, il quale nel chiedersi “siamo a Firenze o a Pechino?”, ha accusato i cinesi chiamati Hu di aver superato i cognomi toscani, ignorando che, nella piccola Italia, abbiamo 60 volte più cognomi che nella sconfinata Cina. “Non mi fregano, ci hanno portato il virus” ha dichiarato lo scorso anno Giorgia Meloni, favorita nella corsa alla premiership, mentre dopo le indagini dell’Oms a Wuhan, ha aggiunto: “Se è vero, Draghi chieda dei risarcimenti”, come affermato anche da Trump.
Il centrodestra è dunque coeso contro l’avanzata cinese ma ha finito per sposare la linea accusatoria (spesso infondata) di The Donald, la quale ha contribuito a fomentare un enorme ondata di sinofobia in tutto il mondo, culminata nella strage di Atlanta. Per Giorgia Meloni, il problema degli stranieri è un cavallo di battaglia. L’ultima proposta in campagna elettorale è quella di limitare l’ingresso di imprese di extracomunitari, proponendo “una fidejussione a garanzia del pagamento delle tasse.” Per la destra, dunque, le iniziative dell’Ue per limitare l’espansionismo cinese in Europa sono tutte benvenute, così come ogni misura di supporto a Taiwan.
Per l’On. Andrea Delmastro Delle Vedove, Membro della Commissione Esteri, “Putin è come Xi, dobbiamo svegliarci dal sonno cinese. Se crolla l’Ucraina crolla anche Taiwan. Serve riaccendere i riflettori sulla difesa delle infrastrutture strategiche dalle infiltrazioni cinesi. Se la Cina continua a penetrare economicamente in Europa è anche per quel memorandum sottoscritto dall’Italia tre anni fa: abbiamo recitato il ruolo di Efialte della civiltà occidentale. Gli italiani hanno capito da che parte stare. Con la guerra in Ucraina stiamo scoprendo la permeabilità dell’ecosistema digitale, ci ricordiamo che la guerra ibrida passa dalle reti. Come si fa a consegnarle a Pechino?”
PARTITO DEMOCRATICO (PD)
Il programma del PD non menziona la Cina ma, in liena con quanto proposto in Ue, ritiene che “sia importante introdurre sanzioni alle aziende che non adottano misure concrete contro il lavoro minorile, il lavoro forzato e la tratta di essere umani nelle catene di fornitura globali”. Qualche mese fa, l’On. Lia Quartapelle ha dichiarato che: “Il Pd ha sempre scelto con la Cina un dialogo franco e selettivo, all’interno dell’ambiente europeo” seguendo dunque la linea Ue sulla Nuova via della seta, le infrastrutture commerciali, tecnologiche e i diritti umani. Quest’ultimo tema è forse il più grande fronte comune tra destra e sinistra. Tuttavia, anche Pechino tiene conto di questi aspetti, come dimostra il dossier dall’emblematico titolo: “ I Can’t Breath”, in cui La Cina ricostruisce gli abusi in casa nostra. Come si può dunque sfruttare l’etica dei diritti umani se la stessa accusa è rivolta da entrambi i fronti?
Quartapelle risponde che “purtroppo nessun paese rispetta interamente la Dichiarazione Onu. E’ giusto denunciare le violazioni, in Cina come in Europa, noi stessi lo facciamo spesso. E’ bizzarro però che la Cina affermi che i diritti umani siano un fatto “geograficamente determinato”. No, si tratta di valori universali” ed è nell’ottica di essere più incisivi che “a inizio legislatura il Pd ha chiesto l’istituzione di una commissione nazionale sui diritti umani. Una proposta che, tuttavia, con la pandemia si è un po’ arenata. Con la Cina serve essere preparati e rafforzare la politica europea.”
Una fonte anonima del partito entra più nello specifico: “che vinca la destra è quasi certo. Non penso inseguiranno uno scontro aperto con la Cina ma la situazione di Taiwan, il sentimento dei sovranisti e i movimenti europei non fanno presagire un futuro roseo. Prendiamo per un attimo per vera la possibile candidatura di Pelosi come Ambasciatrice in Italia, come reagirebbe la nostra politica? Se le elezioni vanno come indicate nei sondaggi il Centro sinistra non toccherà palla su certe questioni, tuttavia, qualora ci fosse, per esempio, un’iniziativa europea come quella di vietare produzioni che abusano dei diritti umani potrebbe esserci la convergenza sia di destra e sia di sinistra, in Italia come in Ue.”
AZIONE-IDV
Anche per il sedicente Terzo Polo è chiaro che “non possiamo pensare ad una posizione italiana sulla Cina”. Durante un confronto organizzato da IAI, Vincenzo Camporini, Generale dell’aeronautica, ha chiarito “dobbiamo pensare ad una posizione Occidentale ed in particolare europea. Dobbiamo sviluppare iniziative per riacquisire in Africa quelle posizioni che sono state cedute ai cinesi.” Per Camporini, l’Italia non può essere determinante militarmente con la Cina ma può esserlo in tanti altri modi.
MOVIMENTO 5 STELLE (M5S)
La parabola dei cinquestelle con Pechino è invece ricca di colpi di scena. In quattro anni i 5 stelle sono infatti passati dall’accusare la Cina di “invaderci” e di “giocare sporco”, a divenire -nelle parole della Meloni- “la quinta colonna del regime di Pechino in Italia”, fino a riassestare ogni ambizione con il governo Draghi. Nel 2017, alcune proposte del M5s richiamavano il capitalismo di stato mandarino, dalla nazionalizzazione delle banche al protezionismo e il fondatore Beppe Grillo si era esibito in gesta come la traversata dello Stretto di Messina a nuoto, un’impresa degna di Mao sullo Yangtze.
I giallo-verdi nutrivano l’ambizione di ribaltare le alleanze geopolitiche tradizionali, in particolare con gli smottamenti di Trump. Ciò ha portato Conte e Di Maio a intravedere un’opportunità nel progetto della Nuova Via della Seta. Tuttavia, il passaggio al Conte-bis, l’avvento del Covid, di Biden e di Draghi hanno stravolto tutti i presupposti politici. Dopo il G7, Grillo ha attaccato la Nato, difendendo la Cina mentre l’ex ministra Trenta, ora fuori dal movimento, ha dichiarato: «Pechino è una minaccia. Grillo sbaglia, Conte prenda le distanze». L’ambiguità non venne risolta, a gennaio Conte è stato tacciato dal centrodestra di aver messo sullo stesso piano le alleanze tra Usa e Cina.
Oggi la posizione pare molto netta. L’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo ha dichiarato all’ANSA, “Quando parliamo di Taiwan c’è solo una domanda che conta davvero. Cosa possiamo fare, in pratica, per evitare un conflitto sempre più prevedibile, che potrebbe avere costi umani catastrofici come sta accadendo in Ucraina? La risposta è una sola. Dobbiamo sostenere Taiwan perché sia chiaro che i costi di un’invasione sarebbero insopportabili per Pechino. Per farlo, è fondamentale che l’Ue rimanga unita e sia disposta a intensificare le relazioni con Taipei, anche attraverso un accordo bilaterale sugli investimenti, e agire come un monolite nel contrastare i tentativi cinesi di destabilizzarci attraverso la propaganda e le ritorsioni commerciali. Pertanto, mi congratulo con la Lituania per aver aperto il suo ufficio commerciale a Taiwan e mi aspetto che altri Stati membri e la nostra Unione abbiano lo stesso coraggio.”
COMMISSIONE EUROPEA
Tutti i partiti italiani parlano di coordinamento sovra-nazionale e puntano a iniziative europee, come quelle indicate da Ursula Von Der Leyen nel discorso sullo Stato dell’Unione. La Presidente intende limitare il primato di Pechino sulle materie prime e sulle terre rare, rafforzando i rapporti con altre potenze che ospitano importanti giacimenti di materie prime, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza esterna, come accaduto per il gas russo. Inoltre, a differenza degli Usa che hanno puntato direttamente a misure volte allo Xinjiang, nel quale vigono accuse di genocidio, l’Ue punterà a limitare la circolazione di prodotti, anche quelli interni all’Unione, ottenuti tramite il lavoro forzato. In ultimo la Von der Leyen ha sottolineato la volontà di ridurre l’effetto della disinformazione di Pechino in Europa, il quale ha più volte utilizzato i propri finanziamenti per condizionare la libertà di stampa e di ricerca di università e media.
Secondo quanto dichiarato a China Files da un portavoce della Commissione Ue: L’Unione Europea e la Cina sono i principali partner commerciali. Apprezziamo questa partnership e di recente abbiamo tenuto un dialogo strategico ad alto livello (19 luglio)” per rispondere alla crisi di pandemia e guerra. “Nel nostro impegno con la Cina, l’UE si impegna a costruire relazioni commerciali e di investimento più equilibrate e reciproche. Allo stesso tempo, abbiamo sviluppato i nostri strumenti per far valere i nostri diritti e difendere i nostri valori in modo più assertivo.
In tale contesto, l’UE è pronta a difendere i propri diritti ei diritti dei suoi Stati membri quando e dove necessario, conformemente agli impegni internazionali. L’UE persegue una politica commerciale aperta, sostenibile e assertiva, anche nei confronti della Cina. Si tratta inoltre di una politica comune a tutta l’Unione. I nostri strumenti proteggono le imprese e i cittadini europei dalle pratiche commerciali sleali, ma la protezione non è protezionismo.”
CONCLUSIONI
Oggi in Ue sembra esserci una predisposizione ad avvicinarsi alla causa taiwanese: sanzioni tra Lituania e Cina, l’exit-strategy del blocco baltico dal format cinese 16+1, mentre la Repubblica Ceca e altre nazioni sembrano seguire direzioni simili. Vi è una crescente pressione per limitare il primato cinese sulle materie prime e il commercio di produzioni che non rispettano i diritti umani. L’estrema destra italiana (così definita dalla ricerca scientifica e dai media internazionali) guidata da FDI rappresenta lo schieramento con le posizioni più anti-cinesi del paese e c’è una convergenza trasversale per limitare l’influenza e l’espansionismo di Pechino in Italia e in Europa.
Destra, sinistra, terzo polo e 5s seguirebbero tutti politiche europee più assertive sulla Cina rispetto alla gestione delle risorse naturali, le infrastrutture strategiche, la tecnologia e l’informazione. Inoltre, la bilancia commerciale tra Cina e Italia, così come tra Ue e Cina, è sproporzionata a favore di Pechino, è perciò probabile che le misure saranno influenzate da un tentativo di equilibrare maggiormente gli scambi e di tutelare i paesi membri dell’Unione. Tuttavia, ci sono numerose criticità e rischi di decoupling tecnologico ed energetico, di crescita tensioni diplomatiche, di recessione economica, perciò gli interessi in campo non possono essere ignorati. Nonostante tutto, ci sono ancora spiragli di dialogo, in particolare con le formazioni più volte ad affrontare incisivamente i cambiamenti climatici. Allo stesso modo, l’evoluzione del rapporto sino-russo sarà determinante per la posizione Ue.
Classe 1989, Sinologo e giornalista freelance. Collabora con diverse testate nazionali. Ha lavorato per lo sviluppo digitale e internazionale di diverse aziende tra Italia e Cina. Laureato in Lingue e Culture Orientali a La Sapienza, ha perseguito gli studi a Pechino tra la BFSU, la UIBE e la Tsinghua University (Master of Law – LLM). Membro del direttivo di China Files, per cui è responsabile tecnico-amministrativo e autore.