Il Partito della Restaurazione è tra i nuovissimi soggetti politici del Giappone. Formato dal giovane sindaco populista e conservatore Toru Hashimoto e dal "vecchio scatenato" ex governatore di Tokyo Shintaro Ishihara, potrebbe affermarsi come terza forza nazionale. Raccogliendo i delusi dalla politica e le frange nazionaliste. “Al Giappone non farebbe male una dittatura”. L’ha detto Toru Hashimoto, 41 anni, giovane sindaco di Osaka che ha unito le forze con Shintaro Ishihara, ex romanziere ed ex governatore fascistoide di Tokyo, con il quale ha formato il JRP, il Partito per la Restaurazione del Giappone.
Fascistismi giapponesi minoritari? Nient’affatto, perché mentre caccia F15 giapponesi corrono a controllare che le incursioni aeree cinesi nelle isole contese, Diaoyu per i cinesi, Senkaku per i giapponesi, non comportino danni irrimediabili, il nazionalismo del Sol Levante tinge l’attesa per le elezioni del 16 dicembre. Crisi economica, nucleare, inflazione sono i temi dominanti, ma secondari alla rinascita di dibattiti sul passato e sul futuro del Giappone in cui il nazionalismo, anche dai toni accesi, non è più un fenomeno marginale nell’arena politica.
I favoriti alla vittoria finale, dopo una crisi che ha portato ad elezioni anticipate, sono quelli del Partito Liberal-Democratico di Abe. Uscito dalla politica giapponese sei anni fa, in lacrime e accusando motivi di salute, e tornato più vigoroso che mai, cercando di strappare voti all’ultradestra.
Questo revanscismo nasce da alcuni fattori molto evidenti: il sentimento anti cinese, mentre Pechino comincia a dettare legge non solo militarmente e commercialmente, ma anche ideologicamente e la crisi economica del Giappone. Il debito pubblico del paese è grande due volte (235%) l’intera economia nipponica, le esportazioni sono calate in modo drammatico: per il Giappone la recessione è cosa vera. Lo tsunami di due anni fa non ha scosso la società, né l’economia: sono aumentate le proteste anti nucleari, ma poco altro è successo, a parte il suicidio politico dei democratici.
In questo clima di stagnazione, è aumentata solo una cosa: l’odio contro i cinesi. Secondo un sondaggio ministeriale giapponese, più dell’ 80% dei giapponesi nutrirebbe sentimenti ostili verso la Cina. “Il passaggio del Giappone a destra non è accaduto in una notte”, ha detto al Time Koichi Nakano, direttore dell’Institute of Global Concern della Sophia University di Tokyo, “ma noi possiamo essere testimoni di come questa mossa in Giappone cambi la geopolitica regionale”.
Ad approfittare di questi sentimenti di rabbia e disillusione, la destra nazionalista: Hashimoto ad esempio ha sostenuto che non ci sarebbero prove contro gli abusi sessuali dell’esercito giapponese in Asia, così come sostiene che il massacro di Nanchino, ferita aperta con i vicini cinesi, non sia mai avvenuto. La popolarità di queste posizioni danno il partito di ultra destra giapponese secondo nei sondaggi pre elettorali.
Hashimoto e Ishihara sono quella che il Financial Times ha definito la “strana coppia” delle elezioni giapponesi. Di destra e alla ricerca dell’elettorato che ha voglia di facce nuove, anche se tra i due leader del Partito della Restaurazione, non tutti gli argomenti hanno uguali soluzioni, anche a causa delle differenze anagrafiche e di storia politica: Hashimoto ad esempio è contro il nucleare, Ishihara ha addirittura paventato l’ipotesi di sviluppare armi nucleari.
[Scritto per il Fatto Quotidiano; foto credits: asiancorrespondent.com]