Una giornata che passerà alla storia quella vissuta dal Pakistan lo scorso 16 maggio, quando il parlamento ha approvato un importante disegno di legge per contrastare, scoraggiare e sradicare i matrimoni minorili nel territorio autonomo della capitale federale, Islamabad.
Il Child Marriage Restraint Act 2025 dovrebbe innalzare l’età legale per il matrimonio per entrambi i sessi a 18 anni, e ogni matrimonio celebrato contro la legge verrà inquadrato come abuso minorile.
La nuova legge va ad emendare e modernizzare il Child Marriage Restraint Act del 1929 – una normativa implementata durante il Raj britannico dall’amministrazione coloniale – che rappresentava uno dei primi tentativi di regolamentare l’età matrimoniale nel subcontinente indiano. Già in quel periodo storico ci furono dibattiti accesi e resistenze significative, dimostrando come la questione dei matrimoni precoci sia stata una battaglia sociale e politica di lunga durata.
Un momento di profonda emozione ha caratterizzato i lavori del senato, con la senatrice Naseema Ehsan del Balochistan National Party-Awami che non è riuscita a trattenere l’emozione durante il dibattito parlamentare : «Mi sono sposata a 13 anni, ma non tutte le ragazze e le bambine sono Naseema, e non tutti i mariti saranno Ehsan Shah [suo marito]. Grazie al supporto dei miei suoceri e di mio marito sono riuscita a continuare gli studi e arrivare fino a qua, ma dobbiamo parlare dei problemi che le bambine devono affrontare dopo il matrimonio. Ho visto e conosciuto le spose bambine del mio villaggio che hanno avuto seri problemi, soprattutto legati alla maternità precoce».
La senatrice proponente dell’emendamento, Sherry Rehman del Pakistan People’s Party, ha aggiunto:«Se non possiamo dare la patente di guida ai minori, come possiamo lasciare che vengano dati in matrimonio? […] La pubertà non equivale alla maturità».
Questa normativa è il risultato di una lunga e difficile lotta per proteggere i diritti fondamentali delle donne e dei bambini pakistani, troppo spesso calpestati da tradizioni arcaiche, superate da gran parte del resto del mondo islamico.
La battaglia legislativa ha avuto un significato particolare non solo per il presente, ma anche per il suo legame con la storia del Paese. Non tutti hanno accolto favorevolmente questa svolta progressista.
È stato accolto con sdegno e fischi l’intervento in Senato di Atta-Ur-Rehman, ex ministro del Turismo e senatore del partito Jamiat Ulema-e-Islam (Fazl) – Assemblea del Clero Musulmano – abbreviato JUI-F, un partito di estrema destra di ispirazione islamista deobandi. Durante il suo intervento egli ha fatto l’esempio del matrimonio del Profeta Muhammad con Aisha (la cui reale età ai tempi del matrimonio è stimata tra i 9 e i 14 anni), ribadendo la supremazia della tradizione islamica sopra le leggi dello Stato.
Anche il Consiglio dell’Ideologia Islamica (CII), un organo costituzionale incaricato di fornire consulenza su questioni legali islamiche, si è opposto fermamente alla legge, arrivando persino a definirla blasfema e contraria ai principi dell’Islam.
«Non dovremmo forzare l’età per il matrimonio infantile. I genitori dovrebbero avere il diritto di decidere autonomamente e i ragazzini dovrebbero acconsentire liberamente» ha dichiarato Maulana Abdul Ghafoor Haideri, segretario generale del JUI-F, esprimendo una posizione che rispecchia quella di molti gruppi religiosi ultra-conservatori.
Il CII ha ufficialmente dichiarato che il disegno di legge per criminalizzare i matrimoni minorili è anti-islamico, sostenendo che classificare il matrimonio sotto i 18 anni come abuso minorile non è conforme alla legge islamica tradizionale e rappresenta un’interferenza occidentale nei costumi locali.
Tuttavia, questa posizione contrasta nettamente con quella espressa dal precedente presidente del CII, Qibla Ayaz, il quale aveva assunto una posizione completamente diversa e più progressista sulla questione. (https://www.geo.tv/latest/232414-child-marriages-should-be-discouraged-cii) «I matrimoni in età minorile sono fondamentalmente sbagliati e dovrebbero essere attivamente scoraggiati dalla società» aveva dichiarato nel 2019 il dr. Ayaz in un’intervista, aggiungendo che «questi matrimoni creano seri problemi sia in casa che nella società più ampia, come chiaramente affermato in un libro di uno dei più grandi studiosi islamici della storia, l’Alim Mufti Muhammad Shafi». Questa posizione dimostra come anche all’interno del mondo religioso esistano interpretazioni diversificate e più moderate.
La questione religiosa assume particolare rilevanza e complessità quando viene confrontata con le posizioni ufficiali assunte dal resto dei paesi islamici a livello internazionale.
La posizione del CII va contro il consenso espresso nelle principali dichiarazioni islamiche internazionali, come la Dichiarazione di Khartoum e soprattutto la Dichiarazione del Cairo del 2009, che invitano i Paesi membri ad eliminare il matrimonio minorile e a proteggere i diritti delle bambine e dei bambini.
I numeri del Pakistan dipingono un quadro drammatico e allarmante della situazione attuale: il paese ha ben 19 milioni di ragazze sposatesi (o fatte sposare) da minorenni, rappresentando il sesto dato più alto a livello globale.
La situazione è ancora più grave se si considerano le conseguenze sulla salute: più della metà delle ragazze adolescenti pakistane rimane incinta prima del compimento del diciottesimo compleanno, una condizione che può essere estremamente pericolosa e spesso mortale sia per la giovane madre che per il nascituro o la nascitura. La mancanza di sviluppo fisico completo, combinata con l’assenza di adeguate cure mediche, crea una combinazione letale che troppo spesso si conclude tragicamente.
La mortalità materna resta infatti una delle emergenze sanitarie più gravi del paese: in Pakistan ogni 50 minuti una donna muore per complicanze legate alla gravidanza.
Il fenomeno dei matrimoni precoci è strettamente collegato anche al grave problema dello stunting, ovvero il basso rapporto tra età e altezza che indica un’interruzione dello sviluppo fisico e cognitivo del bambino. Questo fenomeno ha conseguenze devastanti sia nel breve che nel lungo periodo, essendo aggravato dalla malnutrizione cronica e dalla debolezza fisica delle madri-bambine che non hanno completato il proprio sviluppo.
Le donne delle aree rurali, che rappresentano la maggioranza della popolazione femminile del Paese, hanno significativamente meno probabilità di ricevere assistenza sanitaria tempestiva e qualificata, mentre il progresso nel miglioramento delle condizioni sanitarie procede a un ritmo drammaticamente lento. Se questo ritmo attuale dovesse continuare senza accelerazioni significative, secondo il Fondo per la Popolazione delle Nazioni Unite (UNFPA) il Pakistan riuscirebbe a raggiungere l’obiettivo di zero morti materne soltanto tra 122 anni.
La battaglia contro i matrimoni minorili si intreccia poi con altre emergenze contemporanee che affliggono il Pakistan. Il cambiamento climatico rappresenta un ulteriore fattore di rischio che aggrava la situazione in modo preoccupante. Le famiglie che vivono in povertà estrema, colpite da disastri naturali sempre più frequenti come alluvioni, siccità e tempeste, spesso ricorrono al matrimonio precoce delle proprie figlie come strategia disperata di sopravvivenza economica. Dare una figlia in matrimonio significa una bocca in meno da sfamare e, talvolta, una dote (che viene data dallo sposo, non dalla sposa come in India) che può aiutare la famiglia a superare momenti di crisi estrema.
Dal 2018 al 2019, secondo dati investigativi, circa 630 spose sono state letteralmente vendute a cittadini cinesi per circa duemila dollari l’una, evidenziando come questa pratica possa sfociare nel traffico internazionale di esseri umani. Queste giovani vittime e le loro famiglie, spesso provenienti dalle comunità più marginalizzate del Paese, vengono attirate con false promesse di matrimoni felici e prospettive economiche migliori, per poi trovarsi intrappolate in situazioni di sfruttamento, abuso e tratta.
La correlazione tra degrado ambientale e matrimoni infantili è stata documentata in numerosi studi sociologici che mostrano come le comunità più vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico siano anche quelle con i tassi più elevati di matrimoni precoci. Questa connessione crea un circolo vizioso difficile da spezzare, dove povertà, vulnerabilità ambientale e violazione dei diritti fondamentali si alimentano reciprocamente.
La legislazione federale pakistana attuale si basava ancora sostanzialmente su quell’atto del 1929, quando i governanti britannici dell’India avevano fissato l’età del consenso matrimoniale a soli 14 anni. La normativa fu parzialmente migliorata nel 1961 innalzando l’età minima a 16 anni per le ragazze, ma anche questa modifica si è rivelata insufficiente nel corso dei decenni.
Dopo il 2010, in seguito a riforme costituzionali, la prevenzione dei matrimoni minorili è diventata una materia di competenza provinciale, creando una frammentazione legislativa che ha reso più complessa l’applicazione uniforme delle norme su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, il Territorio della Capitale di Islamabad è rimasto sotto la giurisdizione della legge federale, mantenendo un ruolo di riferimento importante per gli obblighi sui diritti umani e creando precedenti legali significativi.
È importante sottolineare che questa vittoria legislativa riguarda attualmente soltanto il Territorio della Capitale di Islamabad, rappresentando quindi un successo importante ma geograficamente limitato. Solo la provincia del Sindh ha alzato l’età a 18 anni, mentre il resto delle province sta ancora lavorando per raggiungere questo traguardo.
Il Pakistan ha indubbiamente fatto un passo storico e coraggioso, ma come spesso accade nei processi di trasformazione sociale, il cambiamento vero e duraturo si misurerà non solo nelle aule parlamentari e nei testi legislativi, ma concretamente nelle case, nei villaggi, nelle scuole e nelle comunità locali, dove ogni giorno si decide il futuro di milioni di bambine e bambini.
Di Sara Tanveer