Allahbadia aveva iniziato come un “gymbro” qualsiasi e con quasi 14 milioni di iscritti ai suoi canali Youtube era arrivato a diventare il poster boy della destra hindu online, ricevendo tra l’altro dalle mani del primo ministro Narendra Modi in persona il premio di “Disruptor of the year” ai National Creators Arward del 2024, la kermesse governativa che celebra la galassia dei content creator indiani. Una carriera probabilmente scialacquata in una manciata di secondi quando, in qualità di giudice di India’s Got Latent, ha chiesto a un concorrente: “Preferiresti guardare i tuoi genitori mentre fanno sesso per il resto dei tuoi giorni, o unirti a loro una sola volta e non doverli vedere mai più (mentre fanno sesso)?”
India’s Got Latent è un contenitore ibrido di stand-up comedy e talent show registrato al The Habitat di Mumbai – locale molto noto dei giri di stand-up indiani – e distribuito su Youtube a pagamento a quasi mezzo milione di abbonati. O meglio, era tutte queste cose, finché lo scorso 12 febbraio il creatore dello show, il podcaster e stand-up comedian Samay Raina, ha deciso di togliere tutte le puntate dalla piattaforma video nel tentativo di proteggersi dall’ondata di indignazione che ha investito lui, il programma e in particolare uno degli ospiti dell’episodio del 10 febbraio: Ranveer Allahbadia, altra superstar dei social media indiani, accusato di oscenità e insulto alla società indiana a causa di una (pessima) battuta.
Per dare l’idea dell’ordine di grandezza di questa vicenda, iniziamo col dire che Allahbadia ha 32 anni, è nato e cresciuto a Mumbai, e col nickname “BeerBiceps” bazzica i social media indiani da una decina di anni, con risultati impressionanti. Aveva iniziato come personaggio Youtube, raccontando in video i suoi esercizi in palestra e la sua dieta, piano piano allargandosi all’ambito della moda per uomo, outfit, fiducia in sé stessi, fino alla consacrazione: nel 2019 lancia The Ranveer Show, format di interviste con personaggi famosi che nel giro di qualche anno diventa talmente virale da entrare nell’orbita della politica indiana. Chiaramente, lato vincitori.
Sulla poltrona di fronte ad Allahbadia, a rispondere a domande debolissime e spesso celebrative, negli anni sono sono sedute star di Bollywood, modelle, capi governo degli stati federati dell’India (tra cui Eknath Shinde, mentre era al capo del governo del Maharashtra, lo stato di Mumbai) e addirittura il ministro degli esteri S. Jaishankar, considerato uno degli uomini più potenti e influenti dell’India.
Insomma, Allahbadia aveva iniziato come un “gymbro” qualsiasi e con quasi 14 milioni di iscritti ai suoi canali Youtube era arrivato a diventare il poster boy della destra hindu online, ricevendo tra l’altro dalle mani del primo ministro Narendra Modi in persona il premio di “Disruptor of the year” ai National Creators Arward del 2024, la kermesse governativa che celebra la galassia dei content creator indiani. Una carriera probabilmente scialacquata in una manciata di secondi quando, in qualità di giudice di India’s Got Latent, ha chiesto a un concorrente: “Preferiresti guardare i tuoi genitori mentre fanno sesso per il resto dei tuoi giorni, o unirti a loro una sola volta e non doverli vedere mai più (mentre fanno sesso)?”.
La battuta, a onor del vero, è copiata paro paro da uno scambio tra Alan Fang e Sammy Walsh, due stand-up comedian australiani della OG Crew, in un episodio di Truth or Drink postato su Youtube poche settimane prima.
È evidente che Allahbadia, come gran parte dei fenomeni virali indiani della Gen Z, si ispira sistematicamente a contenuti pensati e diffusi per un pubblico occidentale, dove questo tipo di dark humor riscuote parecchio successo. Ma in India le cose vanno un po’ diversamente. L’11 febbraio Allahbadia è stato raggiunto da due inviti a presentarsi da parte della polizia dell’Assam e di quella del Maharashtra, che hanno accusato lui e il resto del cast di India’s Got Latent di “commenti osceni riguardo la società indiana”. Un attacco ai “valori tradizionali indiani” inaccettabile.
Il caso ha immediatamente assunto dimensioni da scandalo nazionale, finendo nei salotti televisivi in prime time dove tutti i mezzibusti più seguiti del paese – tutti e tutte esplicitamente pro-governo – si sono scagliati contro la deriva oscena delle giovani star di internet.
Due giorni dopo, una squadra del dipartimento per i crimini online della polizia di Mumbai si è presentata sotto casa di Allahbadia e di Samay Raina, il creatore di India’s Got Latent, per consegnare il documento preliminare di accusa col quale si sono già aperti una serie di procedimenti penali a carico dei due e del resto dei giudici, partecipanti e tecnici dello show “satirico”: complessivamente, tra le 30 e le 40 persone.
Allahbadia ha provato a correre ai ripari postando un video di scuse sui suoi profili social, ma la furia moralizzatrice non si è placata.
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È intervenuta anche la Corte suprema, che da un lato ha sospeso il mandato d’arresto per Allahbadia (in cambio di una sua spontanea collaborazione alle indagini), ma dall’altro ha tuonato contro la star di Youtube, dandogli del “pervertito” (https://thewire.in/law/ranveer-allahbadia-beerbiceps-supreme-court-dirty-obsence-insulting-parents) e minacciando dure conseguenze per lui e il resto del gruppo di India’s Got Latent.
Ora, l’intera vicenda si presta a più livelli di riflessione.
Il primo, più superficiale, mostra come nell’India di oggi anche i personaggi famosi più allineati alla destra hindu al potere siano sempre a un passo dalla caduta in disgrazia, non appena si avventurano – più o meno coscientemente – oltre il perimetro di quello che è lecito esprimere nel paese. Allahbadia deve molto del suo successo a rapporti stretti con la classe dirigente indiana instaurati secondo un principio di scambio: io, Allahbadia, metto a disposizione la mia piattaforma digitale per far arrivare i vostri messaggi politici là dove i media mainstream non arrivano, intercettando l’interesse di milioni di giovani indiani e indiane che non guardano la tv, non leggono i giornali, ma compongono il primo mercato in assoluto per Facebook, Instagram, Youtube e Whatsapp; noi, gli apparati al potere, ti sosteniamo accordando delle ospitate esclusive e moltiplicando la tua notorietà con riconoscimenti e premi, in cambio di una diffusione dal basso e acritica dei nostri temi: indianità, tradizione, progresso, celebrazione dell’opera di governo.
È un meccanismo che sta mettendo in difficoltà la prima fila dei media mainstream indiani, che si vedono “superare” in termini di pubblico e influenza da chi percepiscono – a torto o a ragione, a seconda – come ragazzini buonannulla, il corrispettivo indiano dei “gymbro” statunitensi a cui questo gruppo di influencer si ispira anche piuttosto palesemente: quando uno di loro cade, come nel caso di Allahbadia, la reazione è molto violenta. E questo è un secondo livello di riflessione: in India, come nel resto del mondo, c’è una guerra tra media mainstream e giovani influencer “governativi”, poiché entrambi si contendono il favore del governo di un paese con un’età mediana inferiore ai 29 anni che ha tutto l’interesse a intercettare la curiosità dei giovanissimi elettori di oggi e di domani.
Infine, ed è forse la conseguenza più allarmante di tutta questa vicenda, sullo sfondo incombe l’India broadcast bill, una proposta di legge avanzata e poi ritirata dal governo Modi che puntava a imporre regole stringenti sulla diffusione di contenuti online da parte di influencer che superano un certo numero di follower, di fatto equiparandoli a delle emittenti televisive. All’epoca la proposta di legge era stata criticata come l’ennesimo tentativo di limitare la libertà d’espressione in India. E ora, dopo il caso Allahbadia, il timore è che con la scusa del rischio “oscenità online” il governo possa rilanciare con più vigore una legge che da un lato andrà a moralizzare l’intero ecosistema dell’intrattenimento digitale in India, ma dall’altro si abbatterà con forza sui pochi e le poche che ancora insistono a criticare online l’operato del governo.
A cura di Matteo Miavaldi