Drugs 2.0: la nuova via della seta è sul web

In by Simone

Masse di operai che lavorano alla periferia di Shanghai in condizioni igieniche deprecabili tra reagenti chimici e solventi. Producono anfetamine destinate al mercato occidentale. Qui un esercito di consumatori è pronta ad acquistarle. Online. Le nuove vie della droga raccontate in un libro.
Non si tratta di una puntata della nota serie tv statunitense Breaking Bad, né di alcuna trama hollywoodiana che si ispiri alle note rotte del narcotraffico Sud America- Stati Uniti- Europa, bensì ad un’inaspettata connotazione del tanto famigerato fenomeno della produzione cinese.

Il giornalista britannico Mike Power, autore del libro Drugs 2.0: The Web Revolution That’s Changing How The World Gets High, ha infatti reso noto quanto sostanze e principi attivi contenuti in comuni concimi, cosmetici e prodotti farmaceutici siano stati negli ultimi anni oggetto di ingenti vendite on-line. Considerando la tendenza dei mercati nell’ultimo decennio verrebbe da pensare che non ci sia niente di anormale, se solo i principi attivi contenuti nelle sostanze oggetto delle copiose transazioni telematiche non fossero a tutti gli effetti delle droghe.

Uno dei principali riferimenti per gli habitué dell’e-commerce è il sito internet Silk Road, sito di commercio elettronico per l’appunto, che funziona attraverso i servizi criptati del software di anonimato Tor. Installato il software sul proprio computer si può accedere a Silk Road, scorrere tra la merce, selezionare ciò che si desidera acquistare ed infine procedere al pagamento attraverso Bitcoin, una moneta digitale che prevede il possesso ed il trasferimento del denaro in maniera completamente anonima.

L’affare sembrava essere troppo redditizio perché non fosse fiutato da chi, sui benefici economici derivanti dalla vera Via della Seta in tempi non sospetti ci aveva costruito un impero. E’ notizia di alcuni giorni fa, resa nota dal giornale britannico The Guardian, che nelle vicinanze dell’aeroporto di Shanghai, in un’area industriale in cui si producono cosmetici, prodotti farmaceutici e concimi destinati all’agricoltura, più di un’azienda lavora ininterrottamente alla produzione di sostanze psicotrope proibite, quali mefedrone e stimolanti sintetici.

Lo scenario descritto è tanto lugubre quanto noto. Masse di operai che lavorano in condizioni igieniche deprecabili, armeggiando tra ampolle contenenti reagenti chimici e solventi si muovono a ritmi frenetici per ottenere le sostanze destinate a consumatori per lo più occidentali. In questo scenario domina la figura del capo di turno, impegnato nella suddivisione e spedizione del prodotto finito che una volta giunto a destinazione verrà utilizzato per scopi ricreativi.  

Le droghe che si ricavano dai processi chimici sono tra le più disparate. Si va dalle anfetamine più o meno processate chimicamente, quali MDMA ed ecstasy, fino a diverse migliaia di cannabinoidi sintetici. Molte di queste spesso non rientrano nella lista delle sostanze proibite nei paesi ai quali sono destinate, per cui la linea immaginaria che divide la vendita legale da quella illegale è molto sottile.

L’inaspettata connotazione di tale vicenda è legata alla gestione del business. Il suddetto mercato sembra infatti non avere padroni, e soprattutto sembra sfuggire alle logiche dei signori del narcotraffico. Per comprendere meglio le sue dinamiche si può pensare a quello che più di dieci anni fa si verificò con l’avvento della pirateria musicale nel panorama discografico.

Allora il web permise ai suoi utenti di aggirare le leggi vigenti sui diritti d’autore, rendendo vani tutti i tentativi da parte delle case discografiche di salvaguardare i propri interessi legali e commerciali. Secondo una proprietà commutativa dei mercati la storia sembra ripetersi.

Mike Power, considerato tra i maggiori esperti nell’ambito dell’evoluzione delle droghe ricreative, spiega come nei primi anni Novanta l’ecstasy sia stata l’antesignana del cosiddetto “legal highs”, sballo legale, ed il suo commercio fosse appannaggio di organizzazioni criminali russe, israeliane ed italiane. Improvvisamente la qualità e la reperibilità dell’ecstasy cominciò ad avvertire una notevole flessione, con la concomitante ascesa nel mercato degli stupefacenti di una nuova sostanza: il mefedrone.

Secondo parametri farmacologici, il mefedrone, scientificamente noto come 4-metilmetcatinone, è uno stimolante a metà strada tra la cocaina e l’ecstasy. A differenza di quest’ultime il mefedrone fino al 2010 non era considerato un narcotico ma un semplice fertilizzante, per cui la sua diffusione, soprattutto attraverso la rete è stata considerevole.

La svolta c’è stata tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, quando Regno Unito ed Unione Europea hanno visto crescere in maniera significativa gli acquisti on-line di concimi e fertilizzanti, mentre gli Stati Uniti quelli dei sali da bagno, il tutto rigorosamente made in China. Fino al 2010, sui mercati del narcotraffico europeo ogni anno comparivano tra le quattro e le cinque nuove sostanze. Nel 2012 sono stati scoperti 73 nuovi “prodotti” in 690 diversi siti internet.

E proprio la Cina sembra essere ancora una volta la nuova frontiera. In centinaia di piccoli laboratori, in diverse regioni cinesi ogni giorno mefedrone ed altri stimolanti sintetici vengono processati, trattati chimicamente ed attraverso raffinate manipolazioni molecolari trasformati in sostanze apparentemente legali. Il prodotto ottenuto è subito reperibile in rete e con un semplice click è possibile ordinarlo. Gli effetti legati all’assunzione di queste sostanze non sono noti. La sicurezza continua a non essere una priorità nel processo produttivo, lo è invece il profitto.

*Giuseppe Epifanio è molisano d’origine e napoletano di fede ed adozione. Nell’anno accademico 2010-2011 si è laureato in Lingue e Culture Comparate presso l’Università "L’Orientale" di Napoli discutendo una tesi dal titolo "Asian American, Identità e Linguaggio". Approda per la prima volta in Cina, a Pechino, nel 2010. Dopo una parentesi sudamericana ci fa ritorno per frequentare un master sulle istituzioni politiche ed economiche della Cina contemporanea presso l’Università del Popolo (Renmin).