Per gli osservatori la politica monetaria portata avanti da Pechino è paragonabile a un quantitative easing, con caratteristiche cinesi. Ma l’interpretazione non piace alla Cina, che anzi cerca di smentire in tutte le sedi tale definizione. Lasciando altri spazi di manovra alla propria strategia. Non è in corso alcun quantitative easing, tanto meno con caratteristiche cinesi, locuzione che accompagna spesso le strategia di Pechino. La People’s bank of China ha voluto rimarcare ancora una volta che le politiche monetarie messe in capo negli ultimi mesi non possono essere considerate misure non convenzionali.
Non si tratta di un Qe, ha spiegato l’assistente governatore Yi Yong durante un forum finanziario nella capitale cinese. La banca centrale cinese continua a battere sullo stesso tasto. Già lunedì nel commentare la decisione presa venerdì scorso di tagliare per la sesta volta in un anno i tassi di interesse, la PboC aveva precisato che le recenti mosse non incrementeranno il proprio bilancio e pertanto è scorretto parlare di alleggerimento quantitativo. giovedì, la stampa cinese in lingua inglese rilanciava la trascrizione della conferenza stampa durante la quale era state fatte tali precisazioni. "La banca centrale smentisce le indiscrezioni sul Qe", titolavano i siti dei giornali, riproponendo lo stesso concetto.
"C’è una grossa differenza tra i tagli dei tassi in Cina e i quantitative easing degli istituti centrali stranieri», ha spiegato la PboC. I Qe "si adottano quanto i tassi nominali toccano lo zero ed è impossibile tagliare i tassi reali o dare sostegno monetario all’economia con misure convenzionali", ha argomentato ancora, "e consistono nell’acquistare asset come i bond, espandendo il bilancio". Al contrario "i tagli dei tassi e del coefficiente di riserva attuato in Cina sono chiaramente politiche tradizionali e convenzionali".
L’opera di persuasione degli ultimi giorni fa pertanto da contraltare a una descrizione delle politiche monetarie cinesi che si è fatta strada già da questa estate, quando la People’s bank of China si mosse a sostegno dei listini azionari in caduta e di un economia in fase di rallentamento che necessita misure di stimolo.
Yi Yong ha inoltre voluto rassicurare sull’entità delle riserve estere in mano alla Cina. "Sono sufficienti a sostenere la liquidità", ha rimarcato. A settembre la Repubblica popolare ha registrato un ulteriore calo delle riserve estere, scese a 3.514 miliardi di dollari. Recenti vendite di riserve in valuta estera da parte dell’istituto centrale cinese sono servite a stabilizzare il valore dello yuan. Per la PboC si tratta per di una situazione normale, non di un piano su vasta scala o di fuga di capitali. "Abbiamo arricchito e migliorato le nostre misure di politica monetaria", ha aggiunto Yi , precisando che Pechino ha ancora "molti strumenti per attuare riforme nel campi dei tassi d’interesse e del tasso di cambio".
[Scritto per Mf-Milano Finanza]