Dragonomics – Il business del calcio cinese

In by Gabriele Battaglia

Pechino allenta il controllo governativo sul pallone e concede maggiore margine di manovra alla China Football Association. La Cina cerca di rilanciare il calcio a suon di milioni e intanto anche i diritti televisivi diventano un affare miliardario. Proprio all’inizio del percorso per provare a diventare una potenza globale del pallone, la Cina allenta il controllo governativo sulla sua Federcalcio. O forse lo fa proprio per favorire questo progetto. La China Football Association potrà godere di maggiore autonomia e sarà scorporata dall’Amministrazione centrale per il calcio, la struttura che di fatto gestisce lo sport nella Repubblica popolare.

Nella pratica questo si concretizzerà con uno spazio di manovra più ampio sul personale, sul monte pagamenti, sulla scelta del commissario tecnico delle squadre nazionali e sul marketing. Per citare l’agenzia ufficiale Xinhua, l’obiettivo è smantellare quel «sistema difensivo» che ha imbrigliato lo sviluppo del calcio cinese.

Le ambizioni della Cina sono quelle del suo presidente, Xi Jinping, grande tifoso del pallone. Da lui infatti sarebbe partita l’esortazione a ravvivare il calcio nazionale, fino a riuscire a ospitare un’edizione della Coppa del mondo e, in prospettiva, a vincere il mondiale.

Intanto società e magnati si lanciano nel nuovo business. Nella finestra estiva di mercato le squadre cinesi hanno fatto concorrenza alle europee, portando in rosa campioni strappati a suon di contratti milionari. L’elenco include tra gli altri l’argentino Ezequiel Lavezzi, passato dal Paris Saint-Germain all’Hebei China Fortune assieme all’ex romanista Gervinho, Jackson Martinez dall’Atletic Madrid al Guangzhou Evergrande; Fredy Guarin dall’Inter a Shanghai. In totale i club della China Super League hanno speso l’equivalente di 317 milioni di euro, più di quanto abbiano fatto le squadre della Premier League britannica. Addirittura la League One, la Serie B cinese, ha speso più di Bundesliga, Liga e campionato francese, nota sempre la Xinhua nel chiedersi se la strategia dello spendi e spandi potrà avere successo e portare benefici.

La risposta è sì per Sven Goran Eriksson. L’allenatore svedese è convinto che in 10 o 15 anni la nazionale cinese potrà competere per diventare campione del mondo. Le grandi spesi lasciano invece scettico l’ex calciatore Sun Jihai, secondo cui ciò che serve sono i vivai e che i giocatori cinesi vadano all’estero.

Le aspettative sul calcio d’oltre Muraglia stanno inoltre pompando i prezzi per i diritti televisivi. Lo scorso settembre la Ti’ao Dongli Sport Communication, con dietro la China Media Capital del magnate Li Ruigang, ha sborsato 8 miliardi di yuan, pari a 1,3 miliardi di dollari, per accaparrarsi la gestione della produzione e della trasmissione delle partite della China Super League per il quinquennio 2016-2020. La cifra supera l’ammontare dell’accordo siglato a ottobre del 2012 tra il gruppo Super Sport Media e la Premier League per trasmettere il campionato inglese in Cina e a Macao dal 2013 al 2019. Ma l’investimento è stato ben riposto e inizia a dare frutti, nonostante per molti osservatori ci sia il rischio che tutta quest’enfasi per il calcio possa alimentare una nuova bolla.

Ti’ao Dongli ha infatti ceduto alla piattaforma di video online LeTv Sport i diritti delle prime due stagioni, per 2,7 miliardi di yuan.«La Csl ha un grande potenziale e questo mira ad amplificarne l’effetto», ha detto il ceo di LeTv Lei Zhenjian.