Dossier: Cinafrica, il Grande Gioco cinese (parte 2)

In by Simone

Di seguito la seconda parte del Dossier, in 5 parti, dedicato ad Africa e Cina. Qui trovi la prima parte, buona lettura.

Solo energia e materie prime? Il grande gioco cinese

Proprio pochi giorni fa l’International Energy Agency ha pubblicato dei dati che non lasciano spazi ad interpretazioni: nel 2009 la Cina ha consumato 2.252 milioni di tonnellate di petrolio, scavalcando gli Stati Uniti e diventando il primo consumatore di energia al mondo. Petrolio a parte, la Cina è anche grande consumatrice di carbone e per questo leader internazionale nelle emissioni di gas serra.
Petrolio, carbone, gas naturale, fonti di energia rinnovabile: è la Cina la nazione con più fame energetica. Saranno le vaste dimensioni territoriali (trenta volte circa la superficie della nostra penisola) o il miliardo e quattrocento milioni di persone (milione più, milione meno), ma la Cina ha assoluto bisogno di energia per mantenere il livello di sviluppo che da decenni viaggia ad una velocità che si aggira attorno al dieci percento annuo, e che la crisi economica mondiale degli ultimi tempi ha solo rallentato. Secondo la già citata International Energy Agency, nel 2030 il consumo di petrolio in Cina raggiungerà i 2,4 miliardi di tonnellate: un aumento dell’87% rispetto ai dati del 2007.

Secondo l’agenzia Asia News, Pechino sarebbe pronta ad iniziare i lavori per una ferrovia che collegherebbe Kashgar (estrema punta ovest del Turkestan cinese) al porto pakistano di Gwadar. È quanto risulta dall’incontro degli inizi di luglio tra il presidente cinese Hu Jintao ed il suo omologo pakistano Asif Alì Zardari. Il progetto, in cantiere da anni, permetterebbe così il passaggio di merci dall’Africa orientale direttamente alla Cina, passando per il Pakistan ed evitando le pericolose acque dell’Oceano Indiano e dello Stretto di Malacca. Allo stato attuale, l’80% del petrolio importato in Cina passa proprio per questi mari infestati dai pirati. Lo scorso maggio, una nave da guerra russa ha liberato una petroliera sequestrata da pirati somali nel Golfo di Aden: la nave trasportava petrolio dalla Somalia al porto cinese di Ningbo, per un valore di circa 40 milioni di euro.

Nell’aprile del 2006 la visita in Africa del presidente cinese Hu Jintao è iniziata a Rabat, in Marocco. Un paese non ricco di petrolio ma importante per la sua posizione strategica, praticamente porta d’ingresso ai mercati europei. La delegazione cinese si è poi spostata alla volta di Nigeria e Kenya, alla ricerca di fonti energetiche e nuovi mercati. Già nel gennaio dello stesso anno, China Radio International aveva costruito la sua prima antenna all’estero proprio a Nairobi, capitale del Kenya.

Lo scorso ottobre il governo cinese ha firmato un accordo da sette miliardi di dollari per esplorare il sottosuolo della Guinea, alla ricerca delle riserve di bauxite ed altri minerali. Il volume totale di scambio tra Cina ed Africa è aumentato tra il 2007 e il 2008 del 45%. Alla fine del 2008, la cifra si aggirava attorno ai 106 miliardi di dollari americani. Nello stesso periodo di tempo, i Paesi africani hanno visto un incremento delle importazioni di merci cinesi del 54% (soprattutto macchinari, stoffe ed attrezzature per il trasporto). La Cina ha invece importato prevalentemente minerali, avendo l’Angola come suo primo partner commerciale, seguito da Sud Africa, Sudan e Nigeria. (1)

Positivi sono stati i commenti di politici e uomini d’affari africani riguardo le politiche economiche cinesi. «La politica cinese è basata sul mutuo sviluppo. Poche nazioni occidentali hanno una politica estera come questa: la maggior parte di quei governi insiste invece nel voler dire all’Africa cosa deve fare» è l’opinione del direttore esecutivo del Programma africano della China Europe International Business School di Shanghai, Kwaku Atuahene-Gima. «La Cina porta quello di cui abbiamo bisogno: investimenti e denaro per governi e industrie. Pechino investe sul futuro, mentre l’Occidente non fa nulla per far progredire il nostro continente» ha affermato Paul Kagame, presidente del Ruanda, durante il forum per la cooperazione sino-africana dello scorso novembre. «In meno di dieci anni di cooperazione con la Cina, l’Africa ha ottenuto mille volte più di quanto ha avuto in quattrocento anni di relazioni, di chiacchiere e dolori con l’Europa» è stato invece il commento di Abdoulaye Wade, presidente del Senegal. «Se gli inglesi sono stati i nostri padroni ieri, i cinesi hanno preso il loro posto» ammette Trevor Ncube, uomo d’affari africano, secondo quanto riportato nel luglio del 2008 dal quotidiano londinese Evening Standard.

I leader africani accolgono aiuti ed investimenti cinesi perché, a differenza di quelli europei, sono efficienti e veloci, ma soprattutto perché non vincolati ad intromissioni nelle politiche interne di ciascun paese. Inoltre, mentre gli ex Paesi colonialisti si limitano tendenzialmente ad acquistare materie prime, il governo cinese costruisce infrastrutture e porta tecnologie avanzate.
 
Ma non tutti concordano con questa visione. Forti critiche all’operato di Pechino in Africa vengono da molte organizzazioni per i diritti umani, sindacati, associazioni per la difesa dell’ambiente e la protezione del patrimonio culturale, nonché anche da una parte della classe politica dei paesi africani stessi. In particolare, la Cina è spesso stata accusata di prendere petrolio e materie prime dal continente nero in cambio della costruzione di infrastrutture affidate però a ditte cinesi: i soldi degli investimenti insomma restano ai dirigenti delle imprese, agli operai specializzati, tecnici ed ingegneri cinesi. Agli africani (non contando i funzionari corrotti) non resterebbero che le briciole. A differenza dell’America Latina, dove i vari Paesi rappresentano anche un importante mercato per i prodotti di importazione cinese, il continente africano non offre, per ora, grandi possibilità d’assorbimento delle merci made in China. I locali sono anche insoddisfatti per quanto riguarda la qualità ed il mantenersi nel tempo delle infrastrutture stesse. Secondo quando riportato dalla BBC, (2) i lavori vengono effettuati alla svelta e non proprio alla luce del sole, terminati in periodi brevi ma per un utilizzo non duraturo come sperato.

NOTE AL TESTO

(1)  Dati del World Trade Atlas.

(2) http://news.bbc.co.uk/2/shared/spl/hi/picture_gallery/07/africa_china_in_angola/html/10.stm

[Il Dossier è stato pubblicato nella rivista di Ottobre MissioniConsolata]