L’Islanda ha firmato ieri un trattato di libero scambio con la Cina. È il punto più alto delle relazioni tra i due paesi, in vista della corsa all’Artico. Sullo sfondo, però, rimane la vicenda del premier islandese Johanna Sigurdottir e di sua moglie, legalmente sposate da 13 anni, ignorata dalle cronache ufficiali. L’Islanda è diventata la prima nazione europea a firmare un trattato di libero scambio con la Cina. È successo ieri: l’Islanda spera così di uscire dalla recessione e la Repubblica popolare di acquistare maggiore influenza sull’Artico. L’accordo prevede il ribasso delle tariffe su alcuni prodotti che si prevede possa dare nuova linfa al commercio dei frutti di mare nel mercato della seconda economia al mondo.
È iniziata così il viaggio in Cina del premier islandese Johanna Sigurdardottir che sta cercando di diversificare l’economia del suo paese dopo che l’economia è implosa completamente per la bolla finanziaria del 2008. Per quello che il premier cinese Li Keqiang ha definito “il momento più importante nelle relazioni sino-islandesi”, si fermerà cinque giorni.
È accompagnata da sua moglie, Jonina Leosdottir, che ad oggi i media cinesi hanno completamente ignorato. Sono sposate da 13 anni, e sono il rimo e raro esempio di ‘first couple’ dichiaratamente omosessuale. A questa visita si preparano infatti le comunità Lgbt della Repubblica popolare, dove l’omosessualità è stata considerata una malattia mentale fino al 1997 ed è per molti ancora un tabù. In Cina i matrimoni gay sono ancora illegali, ma c’è pressione da una parte della società affinché vengano legalizzati. Recentemente diverse coppie omosessuali hanno celebrato matrimoni "non ufficiali" e gli attivisti per i diritti omosessuali hanno già annunciato che monitoreranno come la stampa di Partito tratterà la questione.
“Questa visita ufficiale sarà una lezione di uguaglianza di diritto per i nostri leader” aveva commentato un attivista per i diritti omosessuali al South China Morning Post, “Sono sicuro che i funzionari si stanno preparando e stanno discutendo di come accoglierle adeguatamente”. E sembrerebbe che la decisione presa dalla leadership cinese sia quella di ignorare il problema, la moglie del primo ministro islandese non solo non appare, ma non viene neanche menzionata nei comunicati ufficiali. Paradossale dal momento che la nuova first lady cinese ha dominato le prime pagine di tutto il mondo nell’ultimo viaggio del presidente Xi Jinping in Russia e Africa.
La coppia islandese è stata anche invitata a partecipare a un incontro con il gruppo “parenti, famigliari e amici di gay e lesbiche”, ma al momento ha declinato a causa di un’agenda già troppo fitta di impegni.
L’Islanda sta cercando di riprendersi dal collasso finanziario del 2008, quando le tre più grandi banche del paese accumularono 85 miliardi di debito e fallirono. La ricetta è quella di resuscitare le vecchie attività economiche: turismo, pesca e energia. Un economia così strutturata garantirebbe almeno un pil da 14,4 miliardi.
“Per l’Islanda è importante concludere patti come questi per rinforzare i commerci che si sono sviluppati solo dopo il tracollo finanziario", ha dichiarato il premier Sigurdardottir. E ha aggiunto che il trattato di libero scambio presumibilmente interesserà anche quelle aziende cinesi e islandesi che stanno cooperando nel campo dell’energia geotermica. Per la Cina inoltre è anche un primo passo per entrare come osservatore permanente nel Consiglio artico, l’organizzazione che riunisce gli otto Paesi che si affacciano sulla regione polare (Canada, Russia, Norvegia, Danimarca, Islanda, Usa, Svezia e Finlandia).
L’Artico infatti, sta diventando un punto focale degli equilibri geopolitici: è il luogo dove si dovrebbe trovare il 30 per cento delle riserve di gas naturale non ancora scoperto. A causa dello scioglimento dei ghiacci, inoltre, sarà la nuova rotta commerciale tra Atlantico settentrionale e Pacifico.
[Scritto per Lettera43; foto credits: livemint.com]