Si torna a parlare di corruzione. Un tema delicato per l’attuale leadership che ha preso l’impegno di partire al più presto con la tolleranza zero a partire dai dirigenti del partito. Un chiaro segno che il Pcc è più che mai cosciente che se non si fa qualcosa, ne va della sua credibilità e della sua stessa esistenza. La dura lotta politica che si è conclusa con il Diciottesimo congresso del Pcc e l’incoronazione della nuova dirigenza, è stata tutta un susseguirsi di scandali, censura e processi. L’esempio principe rimane quello di Chongqing, su cui oggi torna il Global Times, spin off in lingua inglese del Quotidiano del popolo.
“Per impedire alla Cina di allontanarsi dal suo percorso sulla via dello Stato di diritto – scrive oggi il quotidiano molto vicino al pensiero della dirigenza cinese – una serie di intellettuali di alto profilo e molti studiosi hanno chiesto una riflessione approfondita sul fallito Modello Chongqing, caratterizzato da una campagna contro le mafie condotta alla stessa maniera dei gangster e dalla rinascita dell’ideologia della Rivoluzione Culturale”.
Sulla questione si esprime anche il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post che oggi, 5 dicembre, torna sull’affaire Wang Lijun – il capo della polizia e vice-sindaco dell’epoca del rosso Bo Xilai – recentemente condannato a 15 anni di carcere con le accuse di defezione, corruzione e abuso di potere. “Il signor Wang è in galera, scrive il quotidiano, ma non è ancora chiaro quando Bo Xilai sarà chiamato in giudizio e se verrà condannato a morte [come la moglie] per corruzione e – eventualmente – altri presunti reati”.
Inoltre, si legge sempre sullo stesso quotidiano, circa la metà degli oltre duemila agenti della polizia che sono stati retrocessi per aver collaborato con Wang Lijun nella cosiddetta “campagna contro le triadi”, hanno fatto domanda perché il loro caso fosse riesaminato, e molti sono quelli già reintegrati.
È stato poi l’autorevole settimanale Caixin, ad organizzare e ospitare un incontro sul tema, alla presenza di figure di spicco come Hu Deping, figlio del compianto Hu Yaobang – i cui funerali, ricordiamo, si trasformarono nelle grandi manifestazioni a Tian’anmen del 1989 – e Li Zhuang, un ex avvocato che sostiene di essere stato fatto fuori e imprigionato durante il cosiddetto giro di vite della polizia di Chongqing contro la criminalità (e i nemici politici, si è scoperto poi).
Nella megalopoli di Chongqing dunque, continua a regnare una certa confusione, tanto che il nuovo segretario di Partito, Sun Zhengcai, vorrebbe eliminare tutte le politiche adottate dal suo predecessore Bo Xilai e da quello che all’epoca era il suo braccio destro Wang Lijun. Anche quelle che hanno dato buoni frutti e che hanno restituito un senso di sicurezza alla popolazione locale come le migliaia di nuove macchine per la polizia e i punti di vigilanza mobili per le strade attivi 24 ore su 24.
Xi Jinping, futuro presidente della Repubblica popolare, ha ribadito ieri in un discorso in occasione del trentesimo anniversario della Costituzione riportato dal China Daily, che i funzionari devono rispettare e proteggere i diritti dei cittadini, compresi i diritti umani. Per rafforzare la fiducia dei cittadini nella legge – ha aggiunto – i funzionari non dovrebbero mai permettere che sentenze inique feriscano i sentimenti delle persone.
Ma il New York Times, in un articolo di oggi che torna sull’incresciosa vicenda dell’incidente mortale in Ferrari del figlio del braccio destro di Hu Jintao a marzo scorso, individua un vero e proprio banco di prova.
Secondo la ricostruzione del quotidiano statunitense, che cita diverse fonti tra le élite del Partito, il padre del ragazzo morto, Ling Jihua, avrebbe cercato di nascondere l’incidente alla stessa nomenklatura comunista, scatenando ire furibonde e indebolendo ulteriormente la figura del suo protettore e presidente uscente Hu Jintao, che infatti nella transizione di poteri non ha avuto troppa voce in capitolo (certo molto meno del suo predecessore Jiang Zemin) e non rimarrà neppure a capo della Commissione militare centrale secondo l’uso inaugurato sempre da Jiang.
Ling, che prima dell’incidente del figlio, era destinato a una carriera ai vertici dello stato e del Partito cinese, non è stato nominato tra i 25 membri del Politburo e il suo destino è ancora incerto. L’inchiesta del New York Times, inoltre, accredita la notizia lanciata dal South China Morning Post all’inizio di novembre secondo la quale la Petrochina, la grande compagni petrolifera di Stato, avrebbe pagato un’ingente somma alle due donne presenti sulla Ferrari (sopravvissute per miracolo) per comprare il loro silenzio.
Le fonti anonime consultate dal New York Times sembrano concordare che il futuro politico del signor Ling sarà un test precoce per il futuro presidente Xi Jinping e rivelerà al pubblico più attento se questi terrà fede alle promesse di combattere corruzione anche ai livelli più alti.
[Scritto per Lettera43; foto credits: bigthink.com]