I servizi d’intelligence sudcoreani votano conservatore? Intanto si indaga per capire se settori del Nis abbiano condotto una campagna per orientare il voto delle presidenziali dello scorso dicembre e denigrare i candidati dell’opposizione. Un’operazione per cui sarà incriminato l’ex capo dell’agenzia. I servizi d’intelligence sudcoreani si sono impegnati affinché i conservatori trionfassero nelle elezioni presidenziali dello scorso dicembre. Con questa accusa martedì è stata decisa l’incriminazione dell’ex capo del Nis, Won Sei-hoon, per aver cercato di indirizzare il voto e aver architettato una campagna di denigrazione dei candidati liberali e progressisti.
Gli inquirenti, scrive il quotidiano Hankyoreh, si erano concentrati sin dalle prime battute dell’inchiesta sul ruolo di Won, in servizio durante il quadriennio alla presidenza del conservatore Lee Myung-bak. Sono stati passati in rassegna migliaia di messaggi online, pubblicati in una decina di siti frequentati da blogger e agenti in passato impiegati nell’ufficio di intelligence psicologica.
Il quotidiano riporta la notizia di un documento che proverebbe gli ordini dati da Won e le violazioni della legge che vieta la propaganda politica alle agenzie governative. L’inchiesta rischia di avere ripercussioni sulla legittimità del voto di dicembre, che portò per la prima volta una donna alla Casa Blu, equivalente sudcoreano della Casa Bianca.
Ciò che non è ancora chiaro è se le attività del Nis siano riuscite a muovere voti a favore della presidentessa e se la stessa Park fosse a conoscenza di quanto stavano facendo i servizi. Le prime denunce arrivarono già prima della tornata elettorale; allora i conservatori accusarono i liberali, che candidavano l’avvocato Moon Jae-in, di voler turbare la campagna elettorale.
Nonostante la gravità delle accuse, contro Won non è stato spiccato alcun mandato d’arresto. Se colpevole rischia fino a cinque anni di carcere, diventando l’ennesimo capo dei servizi a chiudere la carriera tra gli scandali.
Successe durante il regime di Park Chung-hee, padre dell’attuale presidentessa, tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, quando il numero uno dell’agenzia, Kim Hyung-woo, scappò prima negli Usa per poi sparire a Parigi nel 1979. Nello stesso anno il capo dei servizi, Kim Jae-kyu, uccise il generale Park, e fu per questo impiccato. Più di recente altri numeri uno dei servizi sono finiti in guai giudiziari per corruzione e altri crimini legati all’abuso della propria posizione.
Strumento del regime contro i dissidenti politici, con l’arrivo della democrazia il Nis, fondato da Park nel 1961, è comunque rimasto una delle più importanti agenzie dello Stato. Negli ultimi mesi ha tuttavia subito diversi smacchi. A maggio, mentre avanzava l’inchiesta sulle presunte interferenze nella campagna elettorale, la stampa australiana rivelava l’esistenza di una rete di spionaggio che avrebbe dovuto carpire le posizioni di Canberra nelle trattative per un accordo di libero scambio con Seul.
I servizi erano già entrati nel mirino delle critiche non per quello che facevano, ma per quello che non sono riusciti a fare: raccogliere informazioni sulla Corea del Nord. Un fallimento emerso in tutta la sua portata quando gli agenti sudcoreani – come il resto del mondo – seppero della morte di Kim Jong-il nel dicembre del 2011 quando erano trascorsi già tre giorni e soltanto attraverso il comunicato della televisione ufficiale del regime.
Lo scandalo delle interferenze elettorali, tornato alla ribalta con le perquisizioni ad aprile nel quartier generale del Nis, mette inoltre in imbarazzo il ministro della Giustizia, Hwang Kyo-ahn, che si era preso più tempo per esaminare la pratica, e la polizia di Seul, il cui ex capo Kim Yong-pan è sotto accusa per aver cercato di insabbiare il caso e ostacolare le indagini per non pestare i piedi alla presidentessa.
[Foto credit: rokdrop.com]