Corea del Sud – Gli schiavi del giappone e i risarcimenti

In by Simone

La Corte Suprema sudcoreana ha stabilito che i lavoratori sfruttati senza essere pagati dalle compagnie giapponesi durante l’occupazione hanno diritto a chiedere risarcimenti. La sentenza potrebbe aprire la strada ai ricorsi degli ex schiavi di Mitsubishi e Nippon Steel.
I coreani costretti con la forza lavorare senza stipendio e in condizioni degradanti nelle fabbriche giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale hanno diritto a chiedere risarcimenti. È quanto ha stabilito la Corte Suprema sudcoreana con una sentenza che ribalta le decisioni rimarcate negli anni passati dall’omologo organismo nipponico.

I giudici sudcoreani hanno accolto le richieste di nove lavoratori che ora potranno chiedere risarcimenti alla Mitsubishi Heavy Industries Ltd. e alla Nippon Steel Corp. sia per i mancati stipendi sia per le violenze fisiche e psicologiche subite.

Il verdetto potrebbe aprire la strada a decine di ricorsi. Secondo uno studio del Ministero della Giustizia di Tokyo, in totale furono almeno 175mila i coreani impiegati senza paga dai giapponesi durante la guerra e rispediti nella penisola alla fine del conflitto. Per Seul, i sudcoreani costretti con la forza a lavorare durante l’epoca coloniale sono invece almeno 780mila, di cui 250mila ancora vivi.

La decisione è stata storica quanto inaspettata. Come scrive il Korea Times, le organizzazioni non governative che si occupano di tutelare i diritti dei lavoratori avevano addirittura esortato gli ex operai a non andare all’udienza per non dover sentire un verdetto contrario.

Le cause andavano avanti dalla metà degli anni Novanta. In passato sia la giustizia sudcoreana (nel 2000 e nel 2005) sia, soprattutto, quella nipponica, avevano respinto le richieste dei lavoratori in base al trattato del 1965 con cui i due Paesi ristabilirono relazioni diplomatiche e con cui Tokyo garantì a Seul 500 milioni di dollari in prestiti come risarcimento per l’occupazione militare della penisola nella prima metà del secolo scorso.

Per la Corte Suprema sudcoreana tali risarcimenti chiudono le discussioni tra i governi, ma non possono chiudere i casi dei singoli cittadini che quindi hanno il diritto di chiedere giustizia.

La Corte ha poi respinto la tesi giapponese secondo cui la coercizione era in accordo con le leggi nipponiche dell’epoca in tempo di guerra. Inoltre ha sottolineato come sia impossibile scindere le responsabilità della Mitsubishi e della Nippon Stell da quella delle due società all’epoca, proprio perché nel corso degli anni non ci sono stati cambi di dirigenza e proprietà tali da considerarle entità diverse.

La palla passa ora al governo di Seul affinché faccia pressioni su Tokyo che, di contro, si è trincerato dietro quanto stabilito dal trattato del 1965, che nega anche i risarcimenti alle donne ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi dai soldati imperiali.

La vera lotta inizia adesso. Il governo e le aziende giapponesi faranno resistenza. Seul dovrà muoversi”, ha detto Kim Jae-cheon, presidente di una tra le associazioni di familiari di ex internati, allo Joongan Ilbo.

Il quotidiano progressista Hankyoreh, invece, ha accusato l’esecutivo sudcoreano, ora conservatore, di negligenzaper il comportamento irresponsabile adottato cedendo alla volontà di Tokyo: “Il compito dell’esecutivo è cercare di arrivare a responsabilità storiche e politiche”.

[Scritto per Rassegna.it] [Foto credit: ajw.asahi.com]