Corea del Nord – La frustrazione di Pechino

In by Simone

La crisi nella penisola coreana sta facendo emergere la rottura del sodalizio tra Pechino e Pyongyang. La Cina è stanca delle minacce del giovane Kim, stratagemma per alzare il prezzo della calma nordcoreana e fare pressioni su una Pechino che ha voltato le spalle allo storico alleato.
Nella giornata che si è aperta con la notizia di una Nord Corea pronta a bombardare Stati Uniti e Sud Corea, ci sono stati alcuni avvenimenti che segnano un momento storico nell’escalation coreana.

Le minacce della Corea del Nord hanno di fatto finito per intensificare in tutta l’area una mobilitazione militare che andrà a determinare assetti geopolitici anche in futuro. Se può essere escluso un conflitto nucleare, di sicuro gli interessi in ballo sono tanti.

Gli Stati Uniti hanno velocizzato l’opera di difesa della propria base di Guam, attraverso le procedure per l’attivazione del sistema di difesa Terminal High Altitude Area Defense System che in realtà era previsto per il 2015. Inoltre Washington ha predisposto i sistemi anti missile in Alaska, uno dei territori “target” delle sparate dialettiche nord coreane.

La crisi ha un raggio d’azione elevato, molto di più delle probabili capacità degli armamenti nord coreani che secondo gli esperti non consentirebbero più di un attacco convenzionale.

Anche la Corea del Sud ha passato ore di allerta ieri, quando la Corea del Nord ha annunciato lo spostamento sulla propria costa est di missili Musudan con gittata tra i 3mila e i 4mila chilometri, salvo poi dichiarare apertamente che si sarebbe trattato di un lancio nell’ambito di non ben precisate “esercitazioni”.

La novità e l’importanza della giornata inoltre, risiede anche nelle voci che sono serpeggiate in Cina, a segnare ormai un passaggio decisivo circa la considerazione che Pechino ha di Pyongyang. Nella mattinata asiatica di ieri, è circolata la notizia secondo la quale un funzionario dell’esercito cinese avrebbe sostenuto che Pechino non ha più controllo sul giovane Kim Jong-un.

Questa imbeccata, ad un media giapponese, potrebbe essere collegata a quanto circola negli ambienti dei funzionari cinesi – e pare anche nell’ambito dell’intelligence americana: ovvero che questa escalation di Kim sia in realtà espressamente rivolta alla Cina più che agli Stati Uniti.

Sembrerebbe dunque che l’accettazione del Dragone delle sanzioni (che per la prima volta la Cina si è anche premurata affinché fossero effettive), proprio in un periodo dell’anno in cui pare che le richieste di aiuto della Corea del Nord aumentino, avrebbe spinto il giovane Kim a provare a liberarsi dell’eredità del padre meno apprezzata (ovvero una sudditanza completa nei confronti della Cina) per alzare il prezzo della sua esistenza in quanto “stato cuscinetto”, quindi funzionale alle esigenze geopolitiche di Pechino.

Oppure, come sostenuto da fonti cinesi, Kim Jong-un avrebbe messo sul piatto della bilancia la possibilità di crollare, con orde di nord coreani alla ricerca di un rifugio e di un lavoro proprio in Cina. Ed ecco che i movimenti di truppe cinesi degli scorsi giorni sul confine troverebbero un’altra lettura: non tanto una predisposizione alla difesa della Corea del Nord, quanto una sorta di preparazione ad un collasso del regime e con esso la necessità di controllare potenziali esodi.

Se fosse questa la situazione, le intenzioni della Cina diventano ancora più rilevanti nell’ottica della risoluzione della crisi. Ieri i coreani pare abbiano chiesto ai cinesi un incontro a Pyongyang. I cinesi avrebbero risposto in modo negativo, dicendosi eventualmente disposti ad incontrare un delegato coreano, ma a Pechino. Secondo il JoongAng Ibo, uno dei tre principali quotidiani sudcoreani, e il suo reporter Hyung-kyu, la genesi di questa “rottura” avrebbe origine in un periodo precedente alle sanzioni.

Pechino avrebbe provato a mandare a Pyongyang prima Wu Dawei, rappresentante speciale per gli affari della penisola coreana, poi dopo gli esperimenti nucleari Li Zhaoxing, ex ministro degli Esteri cinese. La Corea del Nord in entrambi i casi avrebbe rifiutato gli incontri e Pechino “frustrata” dai rifiuti avrebbe deciso per l’appoggio alle sanzioni e un cambio di rotta nei confronti dello storico alleato.

Infine, nella serata asiatica, secondo Korea Real Time, del Wall Street Journal, tra i responsabili dell’amministrazione di Seul comincerebbe a circolare l’idea di inviare personale diplomatico a nord del 38esimo parallelo per trovare una soluzione pacifica alla tensione delle ultime ore.

[Foto credit: nationalpost.com; scritto per Il Manifesto]