Corea del Nord – Kim minaccia gli Usa, di nuovo

In by Simone

La Corea del Nord questa mattina ha diramato un comunicato che mette in allerta le basi missilistiche, pronte per un attacco alle basi Usa in Corea del Sud e nel Pacifico. Ultimo atto di un’escalation della tensione tra Pyongyang e Washington iniziato alcuni mesi fa.
C’è il criminale e ci sono il poliziotto buono e quello cattivo. Il primo è il regime nordcoreano, impegnato negli ultimi mesi in provocazioni e minacce. L’ultima della lunga serie iniziata con il terzo test nucleare dello scorso 12 febbraio è l’ordine esecutivo firmato dal giovane leader Kim Jong-un, che mette in allerta le basi missilistiche per ipotetici attacchi contro le basi statunitensi in Corea del Sud e nel Pacifico.

L’agenzia sudcoreana Yonhap riferisce oggi di un aumento di attività nei siti missilistici del Nord, ora sotto osservazione delle intelligence di Seul e di Washington. I due poliziotti sono invece statunitensi e sudcoreani. I secondi fanno la parte di quello buono. Nota su twitter Remco Breuker, coreanista all’università di Leiden nei Paesi Bassi, che lo scontro e le provocazioni sembra soprattutto tra Stati Uniti e Corea del Nord.

L’ allerta missilistica è la reazione del regime ai voli di esercitazione dei bombardieri B-2 Stealth, dal Missouri al lato meridionale della penisola coreana, nell’ambito delle annuali manovre congiunte statunitensi-sudcoreane.

Una prova di forza per dimostrare che le Forze armate Usa sono pronte a intervenire velocemente e anche a lunga distanza, anticipata la scorsa settimana dal volo dei B-52 capaci di trasportare armi nucleari. Washington ha mostrato i muscoli in forma di deterrenza e venerdì scorso ha firmato un nuovo accordo con Seul che autorizza l’intervento anche in caso di conflitti minori, anche se l’amministrazione Obama non è propensa a infilarsi direttamente in una nuova guerra.

Non va inoltre dimenticato il rafforzamento delle difese antimissile in Alaska, dove il numero degli intercettatori è stato portato da 30 a 44. Segno che le minacce di Pyongyang sono prese sul serio a Washington, sebbene c’è chi ipotizza che il fine ultimo di questa decisione sia da vedere nella futura corsa alle risorse dell’Artico, in cui la Cina sembra già aver aumentato il passo.

“In caso di pericolose provocazioni con grandi forze strategiche, l’esercito popolare di Corea dovrà colpire senza pietà nel territorio statunitense, nelle loro roccaforti e nelle basi militari nei teatri operativi del Pacifico, comprese le Hawaii e Guam, e in quelle in Corea del Sud”, scrive l’agenzia ufficiale nordcoreana Knca, citando Kim.

Sulla stampa di Stato sono comparse anche foto in cui alle spalle del giovane leader c’erano pannelli con ipotetici piani di attacco contro gli Stati Uniti, non si sa quanto reali o per propaganda a uso e consumo dei nordcoreani.

I sudcoreani al contrario, nonostante i commenti duri alle minacce di Pyongyang, sembrano più disposti al dialogo. Due giorni fa la presidente Park Geun-hye, finita nel mirino degli attacchi della propaganda nordcoreana che fino a qualche settimana dopo l’insediamento il 25 febbraio l’aveva risparmiata, ha rimarcato la necessità di evitare il precipitare della situazione e costruire gradualmente le relazioni tra le due Coree sulla base della fiducia, uno degli impegni presi in campagna elettorale.

Parole pronunciate all’indomani delle commemorazioni per il terzo anniversario dell’affondamento della corvetta Cheonan, nel quale persero la vita 46 marinai. La parte del canarino nel tunnel delle tensioni è l’area industriale inter-coreana di Kaesong dove il lavoro continua e dove società del Sud danno impiego a circa 50mila nordcoreani.

Il complesso, notano gli osservatori, è stato capace di resistere alla linea dura contro Pyongygang della passata amministrazione Lee Myung-bak e alla più grave crisi tra i due Paesi dalla firma dell’armistizio nel 1953: il bombardamento dell’isola di Yeongpyong a dicembre del 2010, nel quale morirono due soldati e due civili sudcoreani.

Bombardamenti sul confine marino contestato fanno parte della gamma di minacce lanciate dal regime di Kim nell’ultimo mese. Sebbene il rischio di attacchi nucleari o di attacchi contro gli Stati Uniti sia ritenuto improbabile, il timore di un episodio come quello di Yeongpyong rimane.

Magari a causa di fraintendimenti o per la mancanza della linea di comunicazione militare tra i due Paesi, interrotta da Pyongyang appena due giorni fa come già in precedenza la linea rossa d’emergenza, ultimi atti assieme al disconoscimento dell’armistizio. Seul, va ricordato, dista soltanto 40 chilometri dalle postazioni dell’artiglieria nordcoreana e dagli Scud a corto raggio sulla zona demilitarizzata.

Come ricorda il sito NK News, sia Kim Jong-un sia Park Geun-hye subiscono pressioni interne affinché dimostrino le proprie capacità di leadership e in Corea del Sud cresce il dibattito se il Paese si debba dotare o no di armamenti nucleari.

Neppure il calendario aiuta a rasserenare gli animi. Il 15 aprile cade l’anniversario dalla nascita di Kim Il-sung, eterno presidente nordcoreano. In occasioni del genere il regime ha sempre alzato il tiro della propaganda, tanto più che il giovane Kim sembra aver impostato la propria immagine su quella del nonno e fondatore del Paese.

Da Mosca intanto il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, citato dalla Reuters, ammonisce sulla pericolosità di manovre militari unilaterali vicino alla Corea del Nord. Lo stesso fa Pechino, con il portavoce del ministero degli Esteri, Hong Lei, che esorta tutti alla calma e a prendere decisioni che facciano calare la tensione. Assieme ai venti di guerra.

[Foto credit: nknews.org]