La Corea del Nord celebra l’anniversario della nascita di Kim Il-sung. Neppure le tensioni nella penisola coreana hanno impedito la festa per il giorno del Sole, cui il fondatore della patria è paragonato. Si tratta del culto della personalità costruito attorno ai Kim, dipinti come baluardo a difesa del Paese.Il poster per la 15esima edizione del festival della Kimilsungia era già pronto, secondo quanto annunciato dall’agenzia ufficiale nordcoreana Knca. Mancavano 10 giorni alla data fatidica: il 15 aprile.
Poco conta che nel frattempo tutto il resto del mondo si interrogasse sul crescendo di minacce e provocazioni nella penisola coreana, tra missili posizionati in rampa di lancio e inviti ai diplomatici a lasciare le proprie sedi. Il 15 aprile, il giorno del Sole, ossia l‘anniversario dalla nascita dell’Eterno leader e fondatore della patria Kim Il-sung, si avvicinava e i preparativi per l’appuntamento dovevano andare avanti.
La scritta sul poster recita: "Il grande leader è sempre con noi". Esattamente come il sole, al quale lo paragonò un compagno d’armi durante gli anni della guerriglia in Manciuria, nella prima metà del secolo scorso.
Il nipote Kim Jong-un, ora alla guida dell’unica dinastia comunista al mondo, potrebbe celebrare l’anniversario con un test missilistico, ennesimo sfoggio di forza dopo l’esperimento nucleare dello scorso 12 febbraio e il test missilistico di dicembre.
Perché la nascita di Kim Il-sung, scomparso nel 1994, continua a essere un giorno speciale per i nordcoreani. Kim Jong-il, figlio e successore del capostipite, morto nel dicembre del 2011, ha saputo costruire intorno alla figura del padre un culto della personalità capace di riflettersi prima sulla propria persona e ora sul terzo rappresentante della dinastia, l’appena 30enne Kim Jong-un, che del nonno sembra voler riprendere l’immagine.
Il mito del leader in Corea del Nord ha assunto la forma di una religione di Stato. Tanto che il governo a Nord del 38esimo parallelo è "essenzialmente una teocrazia", come ha scritto il giornalista ed esperto di Asia Orientale, Ian Buruma.
Si basa su una sintesi di elementi dello stalinismo e del maoismo uniti a forme di sciamanesimo nel quale divinità umane promettono la salvezza. All’ombra del dittatore grasso si promette il paradiso in terra, in questo caso ai lavoratori, ha commentato Michael Breen, autore di una quotata biografia su Kim Jong-il.
Icone di questa religione sono i ritratti della dinastia. Nei dispacci della stampa di regime non è raro trovare episodi in cui qualcuno, durante una catastrofe, trova il tempo di portare in salvo l’effigie di uno dei rappresentanti dei Kim: i nordcoreani sanno che i leader lavorano per loro e devono sempre esserne grati.
"L’immagine ufficiale di Kim Jong-il è stata quella di un uomo che non aveva tempo per se stesso", ha spiegato il professore Brian Myers della Dongseo University in un’intervista alla Bbc, al tempo della morte del Caro Leader. "Buona parte della propaganda è stata incentrata nel far sentire le persone in colpa per il troppo lavoro al quale Kim Jong-il era costretto".
Da buon appassionato di cinema, il padre dell’attuale dittatore aveva saputo riscrivere la propria storia. A cominciare dalla data di nascita spostata di un anno, dal 1941 al 1942, affinché cadesse esattamente 30 anni dopo quella del proprio padre.
È inoltre appurato che Kim Jong-il nacque in una base militare in Unione Sovietica e non – come dicono l’agiografia e la versione ufficiale del regime per provarne il carattere divino – in un campo della guerriglia sul monte sacro Paekdu, accolto per l’occasione da due arcobaleni.
D’altronde, sono stati enfatizzati anche gli eventi naturali anomali che, secondo la propaganda, hanno accompagnato la sua morte un anno e mezzo fa: un bagliore rosso attorno alla montagna dove l’uomo vide la luce.
Al mito e alle esagerazioni della propaganda ufficiale, hanno contribuito anche alcuni giornalisti occidentali. Per esempio, con la leggenda metropolitana che vuole il Caro Leader capace di completare 11 buche in un campo da golf con un solo tiro.
Anche l’ascesa del giovane Kim Jong-un si iscrive in questo guazzabuglio di contraddizioni e false ricostruzioni.
Per mesi, i nordcoreani sono stati martellati con servizi e riferimenti alla bontà e alla saggezza della madre, facendo passare in secondo piano – anzi, cancellando – il passato del di lei padre. Il nonno di Kim Jong-un era stato un lavoratore in Giappone durante gli anni dell’occupazione: un dato che sarebbe sufficiente ad assimilarlo a un controrivoluzionario e a un collaborazionista. Visto che la norma in vigore nei campi di prigionia nordcoreani prevede che le colpe degli antenati ricadano sui figli.
Al culto della personalità, si è poi aggiunta la paranoia. Per consolidare il proprio potere, la dinastia ha fatto leva sulla storia del Paese da sempre terreno di scontro tra le potenze, e ora diviso tra Nord e Sud.
I Kim si sono presentati come possessori di un mandato celeste, nella migliore tradizione confuciana, imponendo una propria ideologia di difesa, chiamata juche: teoria dell’autosussistenza, in cui la dinastia e i nordcoreani sono soli contro le grandi potenze. La teoria è stata trasformata da Kim Jong-il in quello che gli storici hanno definito kimilsungismo. E oggi passa da padre in figlio.
[Foto credit: latitudenews.com . Scritto per Lettera43.it]