Wang Lijun è stato condannato a 15 anni dal tribunale di Chengdu. I capi d’accusa sono diversi: tra questi, uso della legge a fini personali e abuso di potere. Ora che la sua vicenda è conclusa, il Chongqing Drama si avvicina all’ epilogo. Ma ancora oscura è la sorte del suo atteso protagonista, il "principino" Bo Xilai. L’ex capo della polizia di Chongqing Wang Lijun – che ha esposto il peggior scandalo politico della Cina in un decennio – è stato condannato oggi a 15 anni dal tribunale di Chengdu.
Wang, processato la scorsa settimana nella stessa città in cui a febbraio aveva chiesto asilo al consolato degli Stati Uniti dopo essere caduto in disgrazia presumibilmente a causa di contrasti con l’ex segretario del Partito di Chongqing, il potente e carismatico "principino" Bo Xilai.
Wang è stato condannato a sette anni per aver usato la legge per fini personali, a due anni per tentata defezione, a due anni di abuso di potere e nove anni per aver accettato tangenti. La televisione di stato Cctv, che per prima ha dato la notizia, ha riportato anche che Wang non ha intenzione di ricorrere in appello.
In genere sia l’accusa di defezione che quella di corruzione possono portare alla pena di morte in Cina, ma grazie allo spirito collaborativo dell’ex capo della polizia Wang Lijun, accusa e difesa si sono trovati concordi che la pena poteva essere mitigata.
La sentenza fa riflettere in molti. Tra questi la caporedattrice el settimanale economico Caixin, una delle giornaliste più coraggiose della moderna storia cinese. Hu Shuli scrive che se è vero che “la Cina è un paese socialista guidato dallo Stato di diritto e che la dignità e il potere del diritto non devono essere calpestati” come riportano tutti i documenti e le dichiarazioni ufficiali, il caso di Chongqing “merita una riflessione profonda” soprattutto perché dimostra come “Bogu Kailai e i suoi complici sono stati in grado di ignorare la legge cinese”.
Secondo la ricostruzione di Xinhua, a seguito dell‘omicidio del britannico Neil Heywood operato (e recentemente confessato) dalla moglie di Bo, Gu Kailai, Wang Lijun allora a capo della polizia di Chongqing e diversi funzionari di alto grado invece di aprire un’indagine seria e cercare il colpevole avrebbero fatto a gara per coprire il coinvolgimento della famiglia Bo.
In diversi passaggi delle dichiarazioni durante il processo a Wang e registrate da Xinhua appare chiaro che quest’ultimo sarebbe stato disposto a qualsiasi cosa pur di tutelare il buon nome di Gu Kailai.
Wang, per motivi che il processo non ha chiarito, si trova in un secondo momento a cadere in disgrazia. Inviso a Gu Kailai e schiaffeggiato pubblicamente dal marito Bo quando viene a sapere dell’omicidio e del tentativo di coprirlo, a quello che era stato definito il "super poliziotto" non resta altro che denunciare l’accaduto.
“Ma – sottolinea Hu Shuli – se i mafiosi possono rivolgersi alla polizia quando rompono con i propri superiori, per il capo della polizia non c’è nessuno a cui rivolgersi”. A meno di non rifugiarsi al consolato degli Stati Uniti e provare a chiedere asilo. È questo il punto che secondo la caporedattrice di Caixin “racchiude uno dei più grandi imbarazzi del sistema giuridico del paese”
Ora l’assassina ha confessato ed è in carcere (dovrà scontare una pena di morte “sospesa”, ovvero un ergastolo) e Wang Lijun – che non ricorrerà in appello – la segue a ruota.
Rimangono ancora oscure le sorti del personaggio più importante di tutta la vicenda, Bo Xilai – sospeso dal Politburo ad aprile scorso e mai più ricomparso in pubblico. Questi rimane in attesa di essere prima giudicato da un organo interno al Partito per aver violato la disciplina del Pcc e poi, molto probabilmente dopo il XVII congresso, dalle aule di un tribunale cinese.
Secondo alcuni analisti rimane comunque aperta la possibilità che l’espulsione dal Partito di Bo e la sua consegna alle aule di tribunale avvenga prima dell’inizio del Congresso. Prima di allora, i leader dei partiti potrebbero inizialmente espellere Bo dal partito e, in un secondo momento, consegnarlo per le indagini criminali.
"I pubblici ministeri hanno riferito che Wang ha esposto reati gravi commessi da altri” ha dichiarato al South China Morning Post Li Zhuang, un avvocato di Pechino che si opponeva ai metodi al limite della legalità utilizzati da Wang e Bo ai tempi della gloriosa lotta alla criminalità organizzata (che con ogni probabilità copriva l’eliminazione di tutti i nemici politici del segretario di Partito).
E ha aggiunto: “quello schiaffo ha cambiato la storia. Se non fosse avvenuto Bo probabilmente sarebbe ancora al potere con la speranza – ben riposta – di salire ancora più in alto”.
[Scritto per Lettera43; foto credits: baidu.com]