Come è andata a finire: condanna a morte per l’omicidio dell’attivista mongolo

In by Simone

Sarà giustiziato l’autotrasportatore di etnia han che il 10 maggio investì e uccise un attivista per i diritti degli allevatori mongoli e scatenò una settimana di proteste in tutta la Mongolia Interna, confine settentrionale della Cina.
Il processo contro Li Lindong è durato appena sei ore. I funzionari cinesi avevano promesso severità per un caso che rischiava di innescare nuovi conflitti etnici tra le minoranze della Repubblica popolare, dopo le rivolte dei tibetani e degli uiguri, nel 2008 e nel 2009.

I mongoli sono stati raramente protagonisti di sommosse popolari, ma nelle ultime settimane hanno manifestato per chiedere la tutela delle proprie tradizioni e dell’ambiente, minacciati dalla massiccia immigrazione han e dall’industria mineraria.

Li è stato condannato per aver investito deliberatamente un pastore mongolo che assieme ad altri compagni cercò di bloccare il passaggio di un convoglio di camion che trasportavano carbone e che per tagliare la strada avevano attraversato terreni destinati al pascolo, distruggendo l’erba e spaventando le greggi. Assieme a Li è stato condannato all’ergastolo anche il collega che viaggiava con lui nella cabina del camion.
 

La Mongolia Interna, che copre oltre il 10 per cento delle territorio cinese, è fondamentale per l’approvvigionamento energetico cinese. Nella regione sorgono i principali impianti eolici e fotovoltaici della Rpc e sono diffuse miniere di carbone e terre rare. Il governo ha assecondato le richieste dei mongoli e ha avviato un indagine sull’impatto ambientale dell’industria mineraria. Contemporaneamente ha provveduto a militarizzare la provincia e mettere sotto controllo le università.

Sulle proteste in Mongolia vedi:
Legge marziale e bombaroli
Proteste in Mongolia