La Cina esulta per la tregua con gli Usa e si proietta in America latina

In Cina, Relazioni Internazionali by Lorenzo Lamperti

Per Pechino, l’intesa di Ginevra sulla de-escalation è arrivata grazie a una prova di forza che ha tutelato Xi Jinping da qualsiasi segnale di debolezza. Revocato il blocco sui jet Boeing, ma intanto il presidente ospita i leader di Sudamerica e Caraibi, annunciando nuovi prestiti e investimenti nel vicinato degli Usa

È un temporaneo armistizio, non un trattato di pace. Ma, in Cina, il documento congiunto di Ginevra con gli Stati uniti è stato accolto con entusiasmo da stampa e opinione pubblica. “Xi Jinping non ha nemmeno dovuto parlare con Donald Trump per ottenere quello che voleva”, scrivono in molti su Weibo. Mentre altri leader mondiali sono andati di corsa alla Casa bianca per ingraziarsi il presidente degli Stati uniti dopo il “Liberation Day”, quello cinese non ha mai raccolto i ripetuti inviti a un colloquio diretto. Anzi, ha avviato una “prova di resistenza” rispondendo colpo su colpo ai dazi americani e denunciando il “bullismo unilaterale” del rivale, avviando una charm offensive diplomatica a diverse latitudini del globo. Nonostante questo, è arrivata l’intesa che riporta le lancette al 1° aprile, senza che Pechino si impegnasse (almeno per ora) su un aumento delle importazioni. Da una prospettiva cinese, quanto accaduto in Svizzera è simile a una resa mascherata da marcia indietro. In realtà, anche la Cina aveva bisogno di una de-escalation, visto che l’embargo de facto sull’interscambio stava iniziando ad avere un impatto non banale su diverse aziende manifatturiere.

Nel frattempo, ieri la Cina ha revocato il blocco alle consegne dei jet della Boeing. Lo stop ad acquisti e ricevimento di ordini era stato imposto nel multiforme pacchetto di ritorsioni annunciato dopo il 2 aprile, che il vicepremier He Lifeng si è impegnato a cancellare durante i colloqui di Ginevra. Il divieto imposto ad aprile aveva congelato affari già programmati e 179 ordini, con una consegna prevista tra il 2025 e il 2027. Due jet 737 sono stati addirittura rispediti quando avevano già la livrea della compagnia cinese Xiamen Airlines, che li aveva già ricevuti ed era pronti a metterli in servizio. La revoca del blocco delle consegne non significa però nuove acquisizioni, che il governo potrebbe semmai indirizzare verso Airbus nel tentativo di migliorare i rapporti con la Francia. Ancora più strategico il nodo delle terre rare. Il 4 aprile, Pechino ha aggiunto sei metalli cruciali all’industria elettronica e della difesa alla lista nera che prevede restrizioni all’export. Il possibile allentamento alla stretta non costa nulla alla Cina, che ancora deve annunciare dei regolamenti precisi per le spedizioni. Non è un caso, perché si tratta di una leva negoziale considerata potenzialmente decisiva e su cui si vuole dunque conservare una certa flessibilità per aprire o chiudere i rubinetti a seconda di come andranno i colloqui con Trump.

La sensazione è che l’intesa con gli Usa verrà usata anche come monito ai paesi terzi di non accettare clausole anti cinesi nei negoziati con Trump, invitandoli anzi a unirsi nella lotta anti protezionista. Tra questi ci sono senz’altro i paesi di America latina e Caraibi, a cui si è rivolto ieri Xi durante l’apertura del forum Cina-Celac a Pechino, in un discorso in cui ha mantenuto la stessa linea retorica del pre accordo di Ginevra: “Non ci sono vincitori in una guerra commerciale, i comportamenti intimidatori e arroganti servono solo a isolarsi”. Il presidente cinese ha auspicato il rafforzamento della cooperazione con l’area Celac come “migliore risposta al confronto tra blocchi”. Sottolineando che il commercio con l’America latina ha superato per la prima volta i 500 miliardi di dollari nel 2024, Xi ha poi annunciato prestiti per 9,2 miliardi di dollari alla regione, ma con linee di credito denominate in yuan. D’altronde, il Brasile di Lula è tra i più convinti fautori della riduzione della dipendenza dal dollaro.

Il presidente brasiliano ha tenuto anche un vertice bilaterale con Xi, firmando 20 accordi. Tra le intese, un investimento da un miliardo della cinese Envision Group nella produzione di combustibili green sul territorio brasiliano, nonché la costruzione di un centro dati di ByteDance, casa madre di TikTok. Tra i presenti anche il presidente colombiano Gustavo Petro, che ha finalizzato l’adesione alla Via della Seta.

“America latina e Caraibi non sono il giardino di casa di nessun paese”, ha chiosato il ministro degli Esteri Wang Yi. Un modo per dire che l’influenza cinese è ormai radicata anche a latitudini un tempo impensabili.

Di Lorenzo Lamperti

[Pubblicato su il Manifesto]