Nella Cina del 2014 circa due terzi delle falde acquifere e un terzo delle acque di superficie non sono adatte al contatto con gli esseri umani. È questo il risultato pubblicato alla fine di maggio dal ministero cinese per la protezione ambientale. Il cancro è stata la principale causa di morte per i residenti di Pechino negli ultimi otto anni. Nel 2014 ci sono stati 169 casi ogni 100mila morti, il 27 per cento del totale.
Il primo caso di intossicazione da arsenico venne identificato in Cina nel 1970 e già nel 1994 le autorità di Pechino la definirono una delle “più importanti malattie endemiche” del Paese. Oggi alti livelli di arsenico nell’acqua mettono a rischio la salute di 600mila cinesi. L’esposizione a lungo termine all’arsenico invece interessa quasi la metà della terre cinesi e può causare problemi alla pelle e cancro ai polmoni, alla vescica, alla pelle e ai reni. È l’inchiesta denuncia dell’Oriental Outlook , settimanale affiliato al gruppo editoriale di Xinhua.
Inoltre 21 milioni di persone subiscono gli effetti dell’esposizione a un livello di fluoro troppo alto. Un fenomeno che alla fine del 2013 coinvolgeva oltre mille contee. Secondo Gao Yanhui, esperto presso il Centro Nazionale per il Controllo delle Malattie Endemiche, 87 milioni di persone sono a rischio di malattie causate dall’eccessiva esposizione a questo tipo di agenti. Tra tutte la fluorosi scheletrica, una condizione causata dall’iperassunzione del minerale che colpisce le ossa e le articolazioni e che può portare nei casi più gravi alla paralisi. Problematiche che si riscontrano soprattutto nelle piane del nord con un picco nella sfortunata regione centrale dello Henan, la culla della civiltà cinese.
Quello che preoccupa il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie è che le percentuali sono molto simili a quelle di una decina di anni fa nonostante il governo centrale abbia già speso miliardi per migliorare l’acqua potabile delle aree rurali.
Si è anche scoperto che l’acqua di falda fortemente inquinata è la causa degli oltre 200 cosiddetti “villaggi del cancro”. La prova sono le analisi condotte dall’Istituto cinese per le risorse idriche nel 2013: il 55 per cento dei villaggi monitorati presentano acque inquinate. L’acqua di falda rappresenta la sola acqua potabile disponibile per il 60 per cento della popolazione cinese. Ne deriva che oltre 300 milioni di cinesi non hanno accesso all’acqua non inquinata e molti di questi la bevono nonostante non sia stata trattata. E anche per quanto riguarda l’acqua potabile in Cina non si può star sicuri. Lo stesso studio indicava che almeno il 20 per cento dell’acqua definita potabile, non soddisfa in realtà gli standard internazionali. Ed è preoccupante che alcune falde sono inquinate anche se si trovano a cento metri di profondità nel terreno.
Lo studio ha dimostrato come nel corso degli anni, l’accumulo di sostanze tossiche nel suolo ha fatto schizzare in alto la percentuale dei tumori tra la popolazione locale. La qualità dell’acqua è misurata con un numero da uno a sei. Se è pari o inferiore a tre è adatta all’utilizzo da parte dell’uomo. Ma è sicuramente grave che solo il 4 per cento delle acque di superficie monitorate nello studio raggiunge lo standard più elevato. Un altro studio del 2006 denunciava che il 90 per cento delle falde in prossimità delle metropoli è inquinato come anche il 70 per cento dei fiumi e dei laghi.
Il 16 aprile scorso il governo ha presentato un piano che prevede che il 70 per cento delle acque di superficie tornerà ad essere in buone condizioni entro il 2020. Fonti vicine al governo hanno rivelato al settimanale Caixin che ci sono voluti due anni per arrivare a questo punto e che il piano ha subito almeno 30 revisioni. Secondo lo schema diffuso dal governo bisognerà comunque aspettare il 2050 perché la situazione delle acque veda un miglioramento apprezzabile su tutto il territorio nazionale. Nel frattempo entro il 2020 il 93 per cento dell’acqua potabile delle città dovrà essere pari o migliore del livello tre, mentre le falde acquifere e le acque litoranee dovranno migliorare sensibilmente.
Nella pratica però sono indicati pochi strumenti. Entro il 2015 i governi locali dovranno censire le acque “nere e maleodoranti” e programmare i tempi per risolvere i problemi ambientali. Come? Intanto risalendo alle fonti di inquinamento, smaltendo meglio i rifiuti e ripristinando un “ambiente favorevole”. Le piccole industrie fortemente inquinanti come le cartiere e quelle che producono fertilizzanti e pesticidi dovranno chiudere entro il 2016 e dal 2018 ogni città dovrà pubblicare i dati sullo stato dell’acqua potabile.
All’inizio di quest’anno un tribunale della regione del Jiangsu ha multato per un totale di 160milioni di Renminbi (oltre 21 milioni di euro) sei imprese accusate di avere inquinato due fiumi. Vi avevano scaricato circa 25mila tonnellate di rifiuti chimici e si sono beccate quella che secondo l’agenzia di Stato, Xinhua, è stata la multa più alta mai inflitta a inquinatori cinesi. Quattordici persone giudicate dirette responsabili del reato sono state condannate a pene comprese tra i due e i cinque anni, a loro volta corredate da multe. Una sentenza esemplare, che forse ha finalmente segnato il giro di boa della lotta cinese all’inquinamento. Staremo a vedere. I primi risultati dovrebbero già vedersi nei prossimi cinque anni.
[Scritto per Lettera43; foto credits: rt.com]