Pechino ha reso pubblica la bozza di una misura normativa che richiederà agli istituti medici di fornire “consiglio e assistenza” ai fumatori. La proposta ha scatenato polemiche, nonostante un dato rilevante: un milione di cinesi muore ogni anno, a causa del fumo. La nuova normativa farebbe si che le visite mediche per smettere di fumare siano coperte dall’assicurazione medica di base e inserirebbe le medicine di supporto fra quelle elencate nel catalogo delle medicine essenziali.
La proposta era già stata fatta ad aprile da Chen Zhu, il ministro della salute e, secondo quanto ha scritto il South China Morning Post, avrebbe dei sostenitori, ma anche molti nemici. Wang Hongzhi, uno specialista del settore, ha scritto che “usare dei medicinali per trattare la dipendenza dal fumo non serve, perché i test clinici dimostrano che anche le sostanze più utili erano solo valide solo il 10 per cento in più rispetto ad un placebo”.
Senza contare che questi medicinali possono generare tendenze suicide e problemi cardiovascolari. Wang Hongzhi ha inoltre sottolineato che per un Paese in via di sviluppo come la Cina, i problemi non sono solo legati all’efficacia degli strumenti, ma anche alla loro disponibilità. Al South China Morning Post ha dichiarato che “nonostante queste cure siano coperte dall’assicurazione medica di base in altri Paesi, questo non significa che Pechino debba seguire l’esempio ad occhi chiusi”. E ha aggiunto: “includere i farmaci per combattere la dipendenza dal fumo nel catalogo delle medicine essenziali non dovrebbe essere una priorità, dato che solo a marzo la copertura assicurativa è stata estesa a malattie gravi come l’insufficienza renale e il cancro ai pomoni”.
Ma c’è chi anche chi crede all’iniziativa. E’ il caso del dottor Xiao Dan, direttore della clinica per la cessazione del fumo presso l’Ospedale di Chaoyang a Pechino, secondo il quale le spese sarebbero solo un problema di tempo, perché trattare la dipendenza da tabacco è molto meno costoso che curare i problemi cardiovascolari da essa causati. In prospettiva, quindi, sarebbe un affare.
Al South China Morning Post, il dottor Xiao ha detto che “la dipendenza dal fumo è una malattia cronica e l’uso di medicinali è un modo per combatterla”. Ha anche aggiunto che “la priorità dell’assicurazione di base dovrebbe essere quella di concentrarsi sui problemi gravanti sulla salute della gente”.
E il problema del fumo in Cina è grande. Secondo quanto è stato reso noto dal ministero della Salute cinese, il 40 per cento delle sigarette vendute nel mondo vengono acquistate in Cina e il Paese ha la cifra record di 356 milioni di fumatori. Ai quali vanno aggiunti centinaia di milioni di fumatori “passivi”, ovvero quelli che respirano le esalazioni d’altri. Il risultato – secondo il ministero della Salute – sarebbe di un milione di morti legate al fumo ogni anno.
Secondo quanto ha scritto oggi 31 maggio il China Daily, anche Bill Gates e la moglie Melissa hanno deciso di far sentire la propria voce con una campagna contro il fumo (specialmente quello passivo) sui social media. Il China Daily ha scritto che “la campagna online ‘No to Forced smoking’ arruolerà oltre 1000 volontari, incluse alcune celebrità, che caricheranno dei contenuti contro il fumo su siti sociali come Sina Weibo”.
E non è stata la prima volta che Gates ha finanziato dei progetti contro il fumo. Il China Daily ha riportato infatti che già a febbraio “la fondazione finanziò un progetto da 9 milioni di dollari della Croce Rossa Cinese per il controllo di fumo e tabacco, il più grande della Cina continentale”.
* Michele Penna è nato il 27 novembre 1987. Nel 2009 si laurea in Scienze della Comunicazione e delle Relazioni Istituzionali con una tesi sulle riforme economiche nella Cina degli anni ‘80-’90. L’anno seguente si trasferisce a Pechino dove studia lingua cinese e frequenta un master in relazioni internazionali presso l’Università di Pechino. Collabora con Il Caffè Geopolitico, per il quale scrive di politica asiatica.