Secondo scritto di Ma Zhifang, blogger impegnato nella lotta per il rispetto dei diritti costituzionali delle minoranze. Questa volta si parla delle discriminazioni subite dagli studenti appartenenti alla minoranza etnica uigura, di religione musulmana. Un trattamento anticostituzionale
Il primo comma del ventiseiesimo articolo della dichiarazione universale dei diritti umani recita: «ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita, almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere aperta a tutti. L’istruzione superiore deve essere messa ugualmente a disposizione di tutti sulla base del merito».
Nel quarto articolo della costituzione cinese è scritto: «tutte le nazionalità della Repubblica popolare cinese sono uguali senza eccezioni. In conformità con la legge, lo stato tutela i diritti e gli interessi di ogni minoranza nazionale; garantisce e sviluppa l’uguaglianza, l’unione e le reciproche relazioni di tutte le nazionalità; proibisce la discriminazione e l’oppressione di qualsiasi nazionalità; vieta azioni dirette alla rottura dell’unione tra le nazionalità e alla creazione di divisioni etniche».
Il nono articolo della legge sull’istruzione della Repubblica popolare cinese afferma: «i cittadini della Repubblica popolare cinese hanno il diritto e il dovere di ricevere l’istruzione. Tutti cittadini, senza distinzioni di nazionalità, razza, sesso, professione, proprietà e fede religiosa, in conformità con la legge, godono ugualmente dell’opportunità di ricevere l’istruzione».
Articolo trentasei: «in accordo con la legge, tutti coloro che ricevono l’istruzione godono di uguali diritti di fronte all’avviamento e all’avanzamento della carriera scolastica, alla formazione professionale e ad altri aspetti. Gli istituti scolastici e gli organi amministrativi di competenza, in accordo ai relativi regolamenti nazionali, devono tutelare l’uguale diritto tra ragazze e ragazzi in età scolastica di fronte all’avviamento e al proseguimento della carriera scolastica, alla formazione professionale, al conferimento di titoli scolastici, alle opportunità di studio all’estero e ad altri aspetti».
Naturalmente non esiste organizzazione che abbia il potere di privare uno studente del diritto allo studio, specie in assenza di una persona che abbia dimostrato concretamente la violazione di qualche legge, o l’esistenza di un possibile crimine. Cacciare la gente, espellere gli studenti non solo non rispetta la legge ma è anche in disaccordo con la politica nazionale di edificazione di una società armoniosa e di tutela della stabilità sociale. Questa pratica evidenzia lo spirito della Rivoluzione culturale. Se pure degli appartenenti a una qualsiasi nazionalità si fossero rivelati dei criminali, non sarebbe consentito coinvolgere nel caso l’intero gruppo etnico. Inoltre, se si intendesse rispettare i diritti umani e salvaguardare fino in fondo la civiltà, anche il criminale che viene condannato a una detenzione avrebbe il diritto di proseguire gli studi e di ricevere un’istruzione.
Se uno o più studenti dello Xinjiang hanno causato qualche incidente, il caso dovrebbe essere trattato ragionevolmente e in accordo con la legge. Al contrario, l’allontanamento di tutti gli studenti è davvero un atto che ignora i principi fondamentali, oltre che essere un’iniziativa irresponsabile. Ma credete davvero che rispedendo indietro nello Xinjiang questi studenti rispettosi della disciplina e della legge aumenterà l’armonia e la stabiltà del posto? Ma, scusate, e se poi gli studenti espulsi scatenano il contrario che succede? Mettiamo che arrivino al punto di commettere qualcosa che davvero mini la stabilità, in quel caso che si fa?
Sebbene Linxia sia una prefettura autonoma di nazionalità hui (1), resta comunque un luogo povero di risorse naturali, con un’istruzione e una cultura ancora arretrate. Raffrontando l’economia agricola su piccola scala con le aree più sviluppate si ottiene la stessa distanza che c’è tra terra e cielo. I cittadini di Linxia di etnia hui e di altre minoranze sono gravati da tempo dalla difficoltà a ottenere un semplice passaporto che attesti la loro identità e la cittadinanza all’estero (2). Linxia non ha ancora un’accademia né un’università. In un contesto simile, occorre impegnarsi per liberare le menti, per riparare gli annosi squilibri della proporzione di quadri appartenenti alle diverse nazionalità nell’amministrazione (3) e per risolvere tensioni visibili e nascoste che esistono da molto tempo. In futuro bisognerà attirare e non cacciare i ragazzi venuti da fuori per studiare in un luogo come Linxia, dove le condizioni della gente sono così particolari.
Note al testo
1) Gli hui sono cinesi han di fede islamica, riconosciuti ufficialmente come uno delle cinquantasei ‘nazionalità’ che compongono la Cina, sebbene si distinguano non per un’identità etnica ma per un identità religiosa. Sono maggiormente concentrati nella regione autonoma del Ningxia, ma esistono delle amministrazioni locali autonome anche in altre regioni, come ad esempio nel Gansu.
2) La pratica è molto diffusa, specialmente di fronte alle richieste delle popolazioni uigure, tibetane e hui per impedire loro di recarsi all’estero, ufficialmente per motivi di sicurezza nazionale.
3) L’assenza di quadri e di dirigenti di alto livello, soprattutto nelle gerarchie del partito, è un problema che affligge molte aree popolate da minoranze, su tutte il Tibet e lo Xinjiang.
*Ma Zhifang è originario della regione del Gansu, una delle aree con maggiore concentrazione di musulmani in Cina. Si batte contro la discriminazione delle minoranze etniche, una chiara violazione dei principi di uguaglianza e libertà affermati dalla costituzione cinese. Il suo blog, Green Flag, dà voce alla difesa dei diritti dei cittadini musulmani han e uiguri, ed è impegnato nella tutela dell’uguaglianza etnica.