Caratteri Cinesi – High tech, low life

In by Simone

 Zuola ha 31 anni, Laohumiao 60. Sono gli attivisti del web cinese protagonisti  di High Tech, Low Life. Il documentario sarà proiettato il 5 e il 6 ottobre a Ferrara, al Festival di Internazionale.  China Files ha intervistato i due blogger e il regista Stephen Maing su social media, giornalismo e censura.

High tech, low life è uno dei temi principali della letteratura cyberpunk, i cui protagonisti sono solitamente personaggi alienati che vivono ai margini della società in futuristiche ambientazioni ultra-tecnologiche.
 
Il documentario nasce da un’idea del regista indipendente Stephen Maing, che comincia a interessarsi alla comunità blogger cinese dopo aver letto un articolo del New York Times che riportava come i blogger cinesi fossero stati i primi a dare la notizia di una demolizione forzata a Chongqing.

«Ero curioso di sapere chi fossero questi blogger e una ricerca veloce in rete mi aveva portato ad un giovane di nome Zuola. Mi avevano colpito alcune foto buffe sul suo sito che lo ritraevano sepolto nella sabbia, in equilibrio sul tetto di un edificio, in posa da eroe di film d’azione–. Non esattamente quello che mi sarei aspettato da un blogger d’inchiesta che documenta notizie censurate

Il regista è incuriosito dalla fervida attività online di Zuola e i due iniziano una corrispondenza tramite mail. Si incontrano nel 2008 e Maing abbandona un progetto iniziale sulla cultura giovanile asiatica per proporre a Zuola un documentario sulla sua attività di blogger.

È Zuola a presentargli Laohumiao, blogger sessantenne di Pechino, da anni impegnato a dare voce alle storie taciute dai media mainstream. Inizia così un’avventura di quattro anni in cui, sfidando continui problemi finanziari, Maing segue Zuola e Laohumiao ai quattro angoli del paese, nelle campagne  e nelle metropoli; raccoglie così materiale sulle loro inchieste.

« Sia Zuola che Laohumiao erano apparsi  in molte trasmissioni e report sulla censura e l’attivismo nei social media in Cina, ma in maniera superficiale. Volevo capire chi fossero come persone e scoprire la storia umana dietro quella politicizzata.»

 
Il risultato finale è un documentario che esplora la vita – pubblica e quotidiana  –  dei due blogger, gettando di conseguenza una luce su quell’equilibrio tutto cinese in cui agiscono gli individui che lottano per la tutela dei diritti civili senza voler necessariamente essere eletti allo status di dissidenti politici.

Quando Maing inizia il progetto High tech, low life nel 2008, erano circa duecentocinquanta milioni gli utenti internet in Cina, e il paese stava vivendo la prima fase di censura del Great Firewall. Nel 2012 gli utenti sono più di cinquecento milioni, più della metà utilizzano social media e nuove politiche e regolamentazioni monitorano le attività online.

«In quattro anni, ho avuto il privilegio di assistere ai tentativi di cittadini come Zuola e Laohumiao di promuovere storie personali di ingiustizia e di portare avanti il dibattito sui diritti civili solo con l’aiuto di internet, camere digitali e cellulari. La crescita esponenziale di internet e i tentativi di regolamentarne i contenuti rivelano l’innegabile nuovo potere dei social media.»

Laohumiao si definisce un solitario, uno che può trascorrere mesi e mesi viaggiando in bicicletta da solo, un carattere a suo modo romantico. Così come Zuola, che per anni ha idealizzato la vita rurale e l’attività di fruttivendolo. Entrambi mai privi di un collegamento a internet, macchina fotografica e videocamera.

«Il titolo del documentario nasce dall’idea che molti aspetti di questi ragazzi e per molti versi della Cina moderna  sono in contraddizione tra loro. Zuola è figlio di un minatore ma è estremamente portato per i computer, i social media e le tecnologie per aggirare la censura. Il padre di Laohumiao era un alto funzionario di governo, perseguitato a causa della Rivoluzione culturale. C’è sicuramente un riferimento alla letteratura cyber punk e alla cultura hacker,  al di là di questo, era l’unico modo per trasmettere l’idea che questi blogger usano  alta tecnologia per documentare le basse condizioni di vita della gente.» 

La differenza generazionale tra Zuola e Laohumiao – circa trent’anni  –  li rende complementari e allo stesso tempo restituisce la complessità della comunità di blogger cinesi. 

«Zuola appartiene alla generazione degli anni Ottanta, spesso ritratta come individualista e progressista. Considerando il temperamento determinato e lo scarso interesse per la storia di Zuola, ho sentito la necessità di un secondo carattere per ampliare lo spettro della comunità dei blogger cinesi.»

Se Zuola è uno che guarda avanti, la visione che Laohumiao ha della realtà e del mondo si basa sulle sue esperienze personali e sullo studio della storia. «L’incontro con Laohumiao, afferma Maing, ha portato al documentario una prospettiva più storica e un modo per trasmettere le tensioni generazionali presenti in Cina. Dimostra l’esistenza di altre persone che come lui usano la rete per condividere esperienze simili  attraverso la lente della storia. Mi piace l’idea di questi due personaggi – uno che guarda al futuro e uno che si sofferma sul passato – che tentano di identificare una lotta comune che avviene nel presente. »

Zuola nasce nella Cina post maoista, Laohumiao è costretto ad abbandonare gli studi durante la Rivoluzione culturale. «Quelli della mia età – dice – hanno vissuto sessant’anni di potere rivoluzionario comunista, abbiamo una conoscenza del Partito più profonda di quanto possa averne uno Zuola: dalla paura siamo passati al risveglio, poi all’opposizione e alla sconfitta della paura. Questa è la conoscenza che ha acquisito la mia generazione.  Zuola è diverso, è giovane e la sua generazione ha appena iniziato a vivere. Loro cercano la “tutela dei diritti nella felicità” e posso capirli e approvarli, in fin dei conti si tratta di una forza che non va sottovalutata. Quand’anche dovessero cadere si rialzerebbero più forti, perché loro sono nati in un mondo in cui ci sono la Coca Cola, i Mac Donald e  –per quanto in quantità limitate- i film e la cultura americana. Se tutto questo gli fosse tolto, non sarebbe come ucciderli? Chi non lotterebbe per la propria vita? Per questo le loro rivolte sono stupende, ci fanno sperare in un giorno migliore. »

Ad accomunare Zuola e Laohu miao è l’intento di dare voce alle ingiustizie sociali perpetrate ai danni dei più deboli, sfidando la censura governativa. «In cinese abbiamo un detto: qiutong cunyi, ovvero cercare un piano comune mantenendo le differenze», Laohumiao vuole sottolineare che la diversità tra le persone è essenziale per la conquista di obiettivi comuni.

I due blogger iniziano la loro missione, lavorando in altri campi: Zuola come venditore di prodotti ortofrutticoli e Laohumiao come consulente pubblicitario. Col tempo si aprono una strada e oggi Zuola viene invitato dalle università per tenere lezioni di giornalismo e nuove tecnologie applicate ai media, mentre il blog di Laohumiao nel 2007 è tra i tre migliori blog dalla del portale Sohu.com

Laohumiao intende il blog come un "giornale" che dà voce alle storie della gente comune trascurate dai media tradizionali. Il suo attivismo in rete è chiaro già dal nome della del suo blog: "24 ore online". Eppure, nonostante l’espressione diffusa di "citizen journalism", Laohumiao non smette di ribadire di non condividere l’appellativo di "giornalista"

«Propendo per l’espressione "annotatore", che non è legata ad una professione. Come potrebbe essere il contrario? Possiamo forse negare che sono "annotatori" quelli che usano microblog e blog per documentare le ingiustizie che vedono attorno a sé? No. E allora esistono così tanto giornalisti? Oltre al giornalismo di professione dobbiamo proprio aggiungere un concetto vago o definire "giornalisti" quelli che mancano della necessaria specializzazione?»

Non si tratta solo di una contraddizione in termini: «un simile appellativo non fa altro che fornire un motivo in più al governo -che già controlla la libertà di espressione- per formulare leggi che regolamentino e soffochino il cosiddetto "citizen reporter".  Il mio sogno è che tutti possano annotare e pubblicare ciò che vedono attorno a sé.»

Ad una presentazione di High Tech, Low Life, Maing ha sostenuto che tanto Zuola quanto Laohumiao «stanno realizzando un’arte sociale, a tratti persino con delle performance. È un’arte fatta di impegno, adattamento, scoperta ed elusione. Provano a sfidare lo status quo. Si muovono in situazioni nuove e difficili, inviati tra la gente, e trovano  un modo creativo per parlare di cose che vengono taciute. Tutto senza apparire dei dissidenti politici».

[Su Caratteri Cinesi la traduzione di un post di Laohumiao in cui racconta di sé, del film e della sua attività di blogger]