La descrizione della Shanghai degli anni Trenta, "Parigi d’Oriente", nei racconti di Mu Shiying (1912 – 1940), scrittore di rottura rispetto alla tradizione letteraria cinese. Alla città aperta sull’Occidente, alla vita borghese, fa da contraltare il disagio, il malessere dei "Pierrot" descritti dall’autore. Un racconto in tre puntate. Nella placida atmosfera che regnava all’interno della stanza si potevano udire solamente i vicini che stavano aprendo l’acqua, nel bagno; divisi solo da una parete, questa riecheggiava, frusciante. Lui dormiva profondamente, sul letto, ma le sue orecchie stavano ascoltando quel rumore di acqua. La luce del sole entrava dal colmo del tetto rosso di fronte, e quando arrivò a splendergli in volto, quel viso marrone cominciò improvvisamente a sorridere, aprì gli occhi, e fu sveglio. Il mattino è così tiepido e puro! Con il cuore pieno di gioia si sedette, guardando il tranquillo cielo azzurro fuori dalla finestra: una catena di pensieri frammentati venne ad affollare i suoi nervi, caoticamente.
Palazzo centrale, aprile, prigionieri, sole, ascensori, caratteri di metallo cromati "Compagnia Commerciale Huamao", innumerevoli ospiti, mobili dallo stile tridimensionale, pareti arancioni, dattilografa con espressione civettuola, discorso di apertura…
Di fronte ai suoi occhi fluttuò il bell’ufficio del capo:
scrivania che sembra di platino, tre sofà in velluto di alta qualità, set da fumo completo "Luxury Set" con fiori rossi disegnati, servizio da tè in porcellana giallo latte, termosifoni e telefono splendidi, c’è anche una lampada nuova di zecca.
Diede uno sguardo a quell’agenda sul tavolinetto e, senza parlare, pensò:
«Insegna di prim’ordine, decorazioni di prim’ordine, ufficio di prim’ordine, programma di prim’ordine, amministrazione razionalizzata, ed io — ».
E lui, studioso della facoltà di economia, direttore della Huamao, in quanto a spirito ed ambizione era un giovane imprenditore di prim’ordine.
Avvolte le spalle nella vestaglia, uscì dal letto, camminò fino al terrazzo e vi si fermò. Il campo pieno di spighe dorate brillava sotto la luce del sole, nell’aria c’era un delicato odore di gelsomino, e, chissà dove, un cuculo stava facendo il suo duplice verso. La vita era così adeguata, razionale ed amabile! Accese una sigaretta, e nella intensa e familiare fragranza di marca Jishi, volse la testa verso l’alto e pensò: «La vita è veramente molto ricca!».
Fece un sospiro, perché non era in grado di godere appieno della vita; era arrivato ad assorbire la vita all’interno del suo corpo, perché credeva che ci fosse una splendida giornata ad attenderlo, in un posto lontano.
«Chi è che dice che la vita è brutta? Coloro che maledicono la vita forse non ne conoscono il dolce sapore, non sanno come digerirne gli stolti. La vita, infatti, schiude del tutto le rose verdastre, e fa soffiare un giardino fiorito di vento arancione!».
Terminata la sigaretta, l’aria sembrò ancor più calda. Si tolse la vestaglia, camminò fino al bagno ed immerse il suo viso nell’acqua fredda. L’acqua era fresca e profumata come il mattino! La schiuma del sapone Lishi gli schizzò su tutta la bocca; quando portò al mento il rasoio con una moltitudine di lame automatiche affilate riuscì a sentire l’odore dei nitrati sulla mano, e pensò che anche l’anima si era svegliata pura e forte, quindi sorrise di nuovo, gioiosamente.
Alle 8 in punto indossò un vestito primaverile color crema, uscì di corsa dal piccolo edificio in stile spagnolo, e vide la madre e la sorella che, guardandolo dal terrazzo, gli facevano un cenno con la mano.
«La vita è organizzata in maniera così comoda! Svegliarsi la mattina presto, lavarsi e pettinarsi, mettersi un vestito primaverile pulito e andare in ufficio, tornare a casa la sera, sedersi sul sofà e ascoltare le trasmissioni serali di radio XCBL…».
Con una larga cravatta verde scuro, cominciò a fischiettare.
2.
Le pareti arancioni avevano un odore di pittura nuova di zecca, i mobili avevano una fragranza di resina, i sofà avevano un odore di metallo, così come anche gli abiti azzurri dei guardiani e dei camerieri avevano un odore di indantrene. Tutto appariva così nuovo: strano e al tempo stesso familiare. Quando oltrepassò la porta dell’ufficio, alcuni impiegati si trovavano già lì seduti, e vedendolo entrare si alzarono tutti in piedi; lui si fermò, un po’ imbarazzato, si toccò la testa e giunse fino all’ufficio del capo. Prima si sedette alla sua scrivania, poi camminò fino al grande sofà per accomodarcisi, utilizzò quel nuovo set da fumo per fumare una sigaretta, e si sedette sul sofà piccolo; usò il nuovo servizio da tè per bere mezza tazza, quindi corse all’archivio dei documenti, afferrò i cassetti strapieni di libri contabili bianchi e li aprì uno dopo l’altro, per dare un’occhiata. Tirò fuori un biglietto da visita con sopra stampata la carica ricoperta, e utilizzò una penna Parker posta sopra un piedistallo per scrivere alcuni caratteri, accarezzò il telefono, poi si alzò nuovamente, andò ad aprire la finestra e diede uno sguardo allo scenario della strada. Quelle cose nuove di zecca, quella vita nuova di zecca, gli stavano dando un benvenuto nuovo di zecca, del quale non aveva mai avuto esperienza prima.
Nella stanza regnava il silenzio, non c’era rumore di macchine da scrivere, non c’era rumore di telefoni. Alcuni impiegati sedevano silenziosamente, fuori; lui sedeva silenziosamente, dentro. Improvvisamente pensò che aveva iniziato ad annoiarsi, e volle mettersi a fare qualche cosa. Tirò fuori dalla tasca, allora, una rubrichetta con i bordi dorati, sfogliò i numeri di telefono di quegli ospiti con i quali aveva fissato un appuntamento, venditori e al tempo stesso suoi compagni di studi di una volta, e li chiamò uno ad uno, sollecitandoli a venire un po’ prima.
Alle 10 e 10, nel suo ufficio del capo, il sofà, la scrivania, i braccioli del sofà, erano tutti pieni di persone sedute, l’interno della stanza era pieno di fumo; lui stava in piedi, al centro, il pollice della mano destra nel taschino del gilet, la mano sinistra che teneva la sigaretta, e disse, aggrottando le sopracciglia:
«Signori, oggi è il giorno in cui nasce la Huamao, vorrei dirvi solo alcune parole. Come sappiamo, il successo di una società non è assolutamente né casuale, né determinato dalla fortuna: è costruito sulle qualità dell’aiuto reciproco, del sacrificio e della forza di volontà. Signori, in passato siete stati i miei compagni di studi, adesso siete i miei colleghi, poiché un tempo eravamo abituati a scherzare spesso, forse ora potrebbe venire facile prendere il lavoro alla leggera; oggi, spero che voi possiate obbedirmi…». Detto questo, vide che i numerosi occhi dei volti dei prigionieri che lo circondavano, neri come la pece e luminosi, avevano iniziato a farsi un po’ perplessi. «Esatto, lo ripeto di nuovo: spero che voi possiate obbedirmi. Pubblico e privato devono rimanere separati, di solito siamo amici, compagni di studi, ma dentro l’ufficio dobbiamo essere seri! Signori, dovreste capire che questa compagnia non è una mia proprietà personale, ma una nostra impresa comune!». Detto ciò, pensò che l’interno della stanza stesse diventando insolitamente caldo, e dimenticò completamente le ben studiate parole del discorso. Allora emise un colpo di tosse, tirò fuori il suo programma e lo espose tutto, quindi si sedette.
Inaspettatamente tutti iniziarono, all’improvviso, ad applaudire. Dopo ciò, le parole di ogni persona, l’opinione espressa da ogni persona, gli occhi di ogni persona, tutto emanava una luce di speranza, e tutti sorridevano. Davanti a questi numerosi ragazzi, l’aspetto della Compagnia Commerciale Huamao era uguale a quello di una rosa nel mese di maggio: sotto la luce del mezzogiorno, era sbocciata sontuosamente.
1. continua
[Il pezzo è anche su Caratteri cinesi, Traduzione di Franco Ficetola]